Centinaia di militanti e dirigenti all’assemblea della Piattaforma di sinistra, l’opposizione a Tsipras interna a Syriza. In ballo il destino del partito
di Checchino Antonini
Il caldo soffocante che avvolgeva anche Atene non ha impedito che ieri sera ci fossero duemila persone, almeno, in un campo di basket per l’assemblea aperta della Piattaforma di Sinistra, l’opposizione interna a Syriza, il partito di governo in Grecia. L’occasione è stata fornita dal quinto anniversario del sito dell’area, Iskra, ma in parallelo la segreteria politica di Syriza forzava le tappe verso il congresso del partito in nome del regolamento di conti con chi non ha voluto condividere le scelte di Tsipras. Se Tsipras, da premier e presidente del partito, giurava in quella sede di voler salvaguardare l’unità del partito, la neo-portavoce del governo greco Olga Gerovasili aveva già dichiarato quattro giorni prima che una spaccatura potrebbe invece verificarsi nelle prossime elezioni generali date le opinioni radicalmente differenti da quelle del premier espresse da decine di suoi deputati. Per questo la road map di Tsipras, per il «ritorno alla normalità» è piuttosto serrata: congresso entro l’estate, probabilmente a settembre dopo la conclusione dell’accordo, ed elezioni in autunno, senza dissidenti in lista. Se ci sarà prima un comitato centrale del partito, inoltre, non sarà sulle questioni politiche del giorno.
Il punto sembra essere proprio il futuro della coalizione di sinistra radicale che sembrava poter essere un modello da interpretare in altri pezzi del sud Europa e che oggi sembra proprio sull’orlo del collasso. La «polarizzazione» interna è fortissima e gli attacchi contro la sinistra si moltiplicano. «Sotto i colpi di una crisi proteiforme, una riconfigurazione della “sinistra radicale” si annuncia o è già iniziata. La manifestazione convocata da Adedy questo mercoledì sera rischia di non essere massiccia. E il «clima poliziesco» potrebbe fare da eco alla canicola», fa sapere John Milios, docente di economia ed ex responsabile economico di Syriza.
Infatti, ieri sera c’erano anche esponenti di Antarsya, l’altra coalizione della sinistra estrema, a chiedere con urgenza nuovi rapporti tra i settori della sinistra. Ma ieri sera i nomi di spicco erano quelli di Manolis Glizos, partigiano, figura leggendaria della lotta al nazismo e di Panayiotis Lafazanis, ex ministro dell’Energia e dell’ambiente, ora a capo di chi vuole continuare la campagna per l’OXI, la lotta al memorandum e la resistenza al terrorismo mediatico che continua nonostante le poderose concessioni alla Troika operate dal governo. Il Financial Times, ad esempio, ha “rivelato” il piano B di Lafazaniz discusso in un albergo, l’Oscar Hotel di Atene, lo scorso 14 luglio: sequestro delle riserve valutarie della zecca di Stato, circa 22 miliardi di euro, commissariamento della Banca Centrale con conseguente arresto del governatore se Yannis Stournaras si fosse opposto.
Lafazanis ha ribadito le critiche all’impostazione patriottica di Tsipras, la cancellazione della vittoria del no al referendum, il rifiuto dell’unità nazionale con quei partiti che hanno trascinato la Grecia nel vortice della crisi. Gli attacchi personali di Tsipras ai dissidenti non sembrano rivelare la cura dell’unità del partito che il premier, nella segreteria, stava giurando di voler perseguire. In realtà i rapporti di forza tra i favorevoli alla linea Tsipras sono esattamente ribaltati nei gruppi parlamentari, filo Tsipras, e nel comitato centrale di Syriza, decisamente per l’OXI. Così com’è opposta la lettura della fase che, per le correnti di sinistra, è segnata da un mandato popolare a rompere con le compatibilità dell’eurozona sancito dal No del 5 luglio. La prospettiva dovrebbe essere quella di un programma di transizione, con la fine della subordinazione nazionale al neoliberismo. Ecco alcuni punti del programma di alternativa su cui punta la Piattaforma nella battaglia interna ed esterna a Syriza: nazionalizzazione e socializzazione delle banche, il controllo pubblico delle imprese strategiche, delle risorse energetiche e delle infrastrutture, la trasparenza dei media da sottrarre all’oligarchia, il blocco delle privatizzazioni e dei progetti in questa direzione su porti, aeroporti regionali e linee ferroviarie su cui puntano interessi cinesi, russi e tedeschi. Il punto è quello di una redistribuzione della ricchezza verso il basso provando a colpire i capitali in nero, le ricchezze esportate in banche estere e uscendo dall’euro come trampolino per la produzione primaria e il turismo, con una strategia di sostituzione delle importazioni.