Radio Jugoslavia è la prima vittima della nuova legge sull’informazione pubblica, che presto porterà i media serbi alla privatizzazione o alla chiusura
di Carlo Perigli
Alla fine, tre mesi di battaglie e scioperi non hanno avuto i risultati sperati, e Radio Jugoslavia si avvia verso la chiusura definitiva. Il 31 luglio prossimo si chiuderà così una storia radiofonica lunga 79 anni, con una decisione secondo molti insensata se non controproducente, che lascerà senza lavoro 96 dipendenti, in un periodo tutt’altro che felice per il mercato del lavoro serbo.
In un comunicato pubblicato stamattina, i lavoratori hanno fatto sapere di non avere ancora chiaro “perchè questo organo di stampa sia stato indicato come un peso per il progresso economico del Paese e per l’integrazione europea, e per quale motivo si senta il bisogno di abolirlo con un colpo netto”.
“Importanti analisi e raccomandazioni di esperti rinomati – prosegue il comunicato – che dimostrano come la Serbia abbia bisogno di un servizio radiofonico globale di questo tipo per presentarsi al meglio [..] sono caduti nel vuoto”.
Radio Jugoslavia, la cui storia è stata già raccontata da Popoff, si pone come la prima vittima della legge sull’informazione pubblica e i media, ai sensi della quale lo Stato e le amministrazioni locali dovranno ritirarsi dalla proprietà di agenzie di stampa ed emittenti radiofoniche e televisive, eccezion fatta per quelle appartenenti al servizio pubblico. Un’operazione che, dopo il rinvio del Parlamento, avrà come termine ultimo il 31 ottobre, e riguarderà 74 emittenti attualmente di proprietà pubblica.
L’emendamento che inseriva anche Radio Jugoslavia nella proroga è stato però respinto, e nei suoi confronti non sono state formulate offerte d’acquisto. Considerato quindi il rifiuto del governo di inserirla nel servizio pubblico, per la storica emittente ad onde corte il destino ormai è segnato, con la chiusura definitiva fissata al 31 luglio. Una conclusione che svela un quadro più complesso, che presto coinvolgerà tutte le emittenti escluse dalle privatizzazioni. La legge sull’informazione pubblica è una falce che non lascia scampo, e tutti i media che alla scadenza dei termini non saranno state privatizzati dovranno chiudere i battenti. Così, mentre l’informazione diventerà prerogativa dei tycoon, i lavoratori “in eccesso” verranno spediti senza troppi complimenti a nuotare nella melma del libero mercato, a ricordare i bei tempi di quando il lavoro era un diritto e sulle onde corte trasmetteva Radio Jugoslavia.