Avvenire e le associazioni cattoliche temono la riduzione dei finanziamenti alle scuole private, ma i dati dicono che si tratta dell’istruzione peggiore
di Marco Vulcano
Non si capisce se vi siano dei motivi veri o, più semplicemente, trattasi di piagnisteo preventivo per evitare un eventuale taglio delle risorse. Sta di fatto che la crociata a difesa delle scuole private, perlopiù cattoliche, è appena cominciata, con il quotidiano dei vescovi che è addirittura arrivato a parlare di “libertà a rischio”. Sotto accusa c’è un provvedimento, tutto da verificare, che andrebbe a diminuire i finanziamenti destinati alle scuole private.
Nulla che avvicini la situazione attuale al rispetto del dettato costituzionale con la scuola privata “senza oneri per lo Stato”, ma quanto basta per aprire un dibattito sul tema. Specie dopo le dichiarazioni dell’Agesc – Associazione Genitori Scuole Cattoliche – che, per paura di vedere l’incostituzionale contributo pubblico alle scuole cattoliche decurtato, si è perfino spinta ad affermare che le scuole cattoliche siano meno costose di quelle pubbliche, facendo dunque risparmiare soldi allo Stato poiché il costo medio per ogni studente sarebbe minore. Cifre in libertà, soprattutto perché i numeri, se non inseriti in un contesto che li spieghi, significano ben poco.
Il minore costo pubblico di uno studente della scuola privata rispetto a uno di quella pubblica non vuol dire infatti, come tendenziosamente si è cercato di far credere, che la prima sia più efficiente, anzi. Il dato sta a significare esattamente che gli istituti privati riescono a contenere i costi grazie al maggior ricorso a docenti senza contrato o precari, e a scuole tecnologicamente meno attrezzate. Insomma, le scuole private costano meno perché sono peggiori, sia per chi ci lavora che per chi le frequenta. Almeno stando ai dati Istat e a quelli del Ministero della Pubblica Istruzione. Ma non è tutto.
Uno studio Ocse afferma che i risultati degli studenti provenienti da scuole privati sono generalmente peggiori rispetto a quelli di chi frequenta le scuole pubbliche, mentre la Fondazione Agnelli, in uno studio analogo, sostiene che «nonostante la presenza di alcune realtà di chiara eccellenza, la performance della maggior parte delle scuole non statali è deludente rispetto a quelle statali». Dai dati del Miur emerge infatti che nella scuola privata secondaria superiore gli studenti sono in media più vecchi rispetto a quelli della scuola pubblica. Un fatto dovuto alla sovra rappresentanza di studenti che, bocciati nella scuola pubblica, si dirigono in strutture private per riparare. Magari con la formula dei “due anni in uno”.
La Banca d’Italia sottolinea inoltre che «tra le famiglie a basso reddito (il 25 per cento più povero) la percentuale di iscritti alla scuola elementare non statale è del 2,8 per cento; in quelle ad alto reddito (il 25 per cento delle famiglie più ricche) è dell’11,8 per cento». Numeri in linea con il costo delle rette annue,compreso tra i 3000 € annui e i 6000.
Le scuole private italiane risultano dunque essere istituti a cui si rivolgono perlopiù gli studenti più abbienti tra i peggiori della scuola pubblica, in base al principio “chi ha i soldi va avanti, anche se è un somaro”. L’esatto contrario di ogni meritocrazia.
Speriamo che i timori dei difensori delle scuole private siano fondati e che i finanziamenti a questi diplomifici per ricchi vengano davvero ridotti. Ma Temiamo che per questo serva un altro governo.
Esiste il Bilancio Generale dello Stato ma non esiste quello della Chiesa Cattolica.
La Chiesa non ha mai detto a nessuno quanti soldi ha, come li ha fatti, come li spende e quanti gliene rimangono.
Non ha mai pubblicato un Bilancio di tutte le sue attività economiche e patrimoniali e di quelle di tutti quegli enti ed associazioni che, in definitiva, fanno capo a lei.
Imbarazzante per una organizzazione che parla continuamente di “verità”.
Detto Bilancio, inoltre, dovrebbe essere verificabile, di sicuro non può essere compilato “sulla fiducia”.
Inolte non c’è un Inventario di tutti gli immobili, i preziosi, le opere d’arte possedute dalla Chiesa.
Dal punto di vista economico la Chiesa non può continuare a essere un misterioso pozzo senza fondo e battere continuamente cassa per le proprie scuole private.
Secondo me abbiamo già dato, specialmente noi atei che nonostante non credenti siamo obbligati dalla fiscalità generale a contribuire affinchè siano possibili riti religiosi, processioni, acquisti e manutenzioni di oratori e altre operazioni strettamente collegati con la fede che non ci riguardano minimamente.
Più importante di sapere che la Chiesa dovrebbe essere più povera come dice Bergoglio sarebbe sapere QUANTO è ricca.
Io penso che sarebbe fantastico se le nostre scuole private raggiungessero il livello delle scuole private Europee.
Mi riferisco al fatto di avere classi molto piccole ( massimo 10 studenti) e di svolgere compiti ed esercizi in classe (seguiti dall’insegnante) in modo da tornare a casa e, non avendo compiti a casa, poter fare altro. anche l’insegnamento di matematica e scienze fatte all’olandese con molta pratica ed esercizi volti a d applicare e rendere concreta la teoria sarebbe auspicabile. Questo permetterebbe d’imparare bene e in modo sensato.
sarebbero anche progetti finalizzati a insegnare ai bambini a gestire le emozioni e anche a prevenire il bullismo. In danimarca questi progetti hanno ottenuto un drastico calo del bullismo.
La possibilità di poter fare danza o calcio o altre attività nel pomeriggio all’interno della scuola.
La presenza di insegnanti di sostegno qualificati per i bambini con bisogni speciali.
Tutto questo renderebbere sensata la scelta di pagare per una scuola privata. In Italia non è così e per me non ne vale la pena.
Le suore poi hanno un impostazione rigida e dominante, a volte picchiano i bambini o comunque li controllano attraverso la paura e non con metodi positivi che responsabilizzano i bambino e gli fanno conprendere il senso della regola. Spesso poi non sono neanche laureate, non hanno cioè i requesiti per insegnare. Questo fa la differenza perché offrono competenze e servizi inferiori rispetto ad una scuola pubblicacon insegnati laureati, specializzati e con master.