Il 14 agosto sono ufficialmente state consumate tutte le risorse disponibili per il 2015. La Co2 emessa non potrà essere riassorbita dal pianeta
di Marco Vulcano
La notizia è di alcuni giorni fa, ma non ve l’abbiamo data prima per non rovinarvi il Ferragosto e mandarvi di traverso il tradizionale pranzo-cena megagalattico con indigestione annessa. Sarebbe stata un’inutile cattiveria gratuita, anche perché gli eccessi che costituiscono il problema, purtroppo, sono ben lontani dalle nostre tavole imbandite.
Il 14 agosto si è consumata la più lugubre delle feste del pianeta Terra: l’Earth Overshoot Day. Il giorno dopo il quale è ufficialmente cominciata la depredazione del nostro ecosistema.
Frutta, verdura, carne, pesce, acqua e legno disponibili per il 2015 sono terminati dopo i primi 8 mesi e mezzo dell’anno. Tutto quello che consumeremo d’ora in poi intaccherà le riserve del Pianta producendo un’immissione di Co2 in atmosfera che non potrà essere riassorbita. La traduzione in fatti di quanto il capitalismo sia un sistema ad altissimo impatto ambientale.
Secondo il Global Footprint Network, il centro studi internazionale che ha individuato nel 14 agosto il giorno dopo il quale ogni consumo avrà effetti problematici sulla sostenibilità ambientale dell’esistenza umana, per soddisfare la domanda delle nostre società servirebbero 1, 6 pianeti Terra. Un bel problema, visto che ne abbiamo solo una ed è per giunta ridotta in pessimo stato.
Rapportando il consumo di risorse dovuto all’uomo con quella che viene correntemente definita biocapacità, ovvero le risorse naturali disponibili, quello che emerge è che la situazione peggiora di anno in anno. L’ Earth Overshoot Day ricorre infatti sempre prima; l’anno scorso è stato il 19 agosto, 15 anni fa all’inizio di ottobre. L’ultimo anno in cui il consumo umano è stato calibrato correttamente sulle risorse effettivamente disponibili è stato il 1970.
Il riassorbimento dell’anidride carbonica dispersa in atmosfera costituisce oltre il 50% del lavoro che l’ecosistema svolge per noi quotidianamente permettendo la nostra sopravvivenza. «Se le emissioni continueranno al ritmo annuale – sottolineano i ricercatori del Footprint Network – nel 2030 avremo bisogno di due Terre». Forse è per questo che la Nasa sta cercando acqua su Plutone e spedisce sonde su Marte?
Non è dato sapersi. Quello che si sa è però che anche riducendo sensibilmente la produzione di Co2 la situazione non migliorerebbe comunque a sufficienza. «Se riducessimo le emissioni del 30% – sottolineano i ricercatori – ci sarebbe comunque bisogno di disporre di una Terra e mezza per soddisfare la nostra domanda».
Non è dunque questione di riforme o trattati. Quello che serve è, semplicemente, un altro modello di sviluppo. Radicalmente diverso da questo.