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Kurdistan, la lotta delle donne nel nome di Ekin Wan

Questa mattina migliaia di persone hanno manifestato a Sirnak in memoria di Ekin Wan, torturata e uccida dalle forze speciali turche. Il richiamo delle donne alla lotta rivoluzionaria

di Giuseppe Bozzo

ekin wanMigliaia di persone hanno manifestato questa mattina a Sirnak, nel Kurdistan turco, per protestare contro le torture  perpetrate nei confronti di Kevser Elturk, nome di battaglia Ekin Wan, guerrigliera delle Ypa – Unione delle donne libere – Star,  uccisa a Varto il 10 luglio 2015 in uno scontro a fuoco con le forze di sicurezza turche. Due giorni dopo la sua morte, in rete hanno iniziato a circolare delle foto raffiguranti il corpo di Ekin denudato ed esposto in pubblica piazza, dopo esser stato trascinato per chilometri legato ad una corda.

Il corteo, convocato dal Kongreya Jinen Azad – Congresso delle donne libere – si è snodato per le vie della città, preceduto da uno striscione recante la scritta “Il corpo nudo di Ekin Wan è il nostro onore“. “Spogliando Ekin – ha dichiarato l’attivista del Kja Emine Erkan alla fine del corteo – questo Stato ha nuovamente manifestato la sua misoginia, la mancanza di rispetto verso ogni valore. Ecco perchè il corpo nudo di Ekin Wan ci dimostra la miseria del fascismo“. Concludendo il discorso, Erkan ha dichiarato che nessuna tortura di Stato riuscirà ad intralciare la lotta delle donne verso la liberazione.

Il corteo di oggi segue di due giorni quello svolto a Nusaybin, nella provincia di Mardin, dove le donne sono scese in piazza al grido di “Ekin è la nostra resistenza nuda“. Le organizzazioni di difesa femminili hanno rinnovato il loro appello alle donne affinchè si uniscano alla lotta rivoluzionaria in Kurdistan. “Per anni ci siamo vergognate dei nostri corpi – ha scritto l’YDGK -H (Giovani donne rivoluzionarie) in un comunicato – Per anni questo Stato ha cercato di spaventarci con stupri, molestie e uccisioni. Questo è il modo in cui cercano di mettere a tacere le donne, prendono le loro case e le distruggono. Di fronte a tutto ciò, continueremo a scavare le nostre trincee e a difenderci contro lo stato coloniale”.

Anche le militanti di YDk – Nuova donna democratica – hanno ribadito la loro volontà di continuare a combattere. “Non siamo spaventate. Perché dai villaggi che ha evacuato e dalle donne che ha ucciso in stato di arresto, sappiamo che questo stato è un assassino. Perché dalle donne a cui ha tagliato il seno sotto tortura, dalle donne a cui ha cercato di spezzare la volontà con lo stupro, dalle donne abbandonate alle torture sessuali in stato di arresto e in prigione, sappiamo che questo stato è uno stupratore. Lo sappiamo dalle vostre sporche guerre ingiuste, che se non ci hanno fatto vergognare dei nostri corpi, ci hanno fatte vergognare della nostra umanità. Lo sappiamo da Shengal, da Kobanê. Vediamo molto bene che questa vostra misoginia viene dalle donne che lottano sulle barricate, nelle carceri e sulle montagne. E così noi non abbiamo paura di voi e non ci vergogniamo dei nostri corpi”.

 

 

 

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