Clan dei Casamonica. Tra sacro, profano, tragico e imbarazzante. Una storia degna di una canzone di Fabrizio De Andrè
di Marina Zenobio
Non è che “questo funerale si poteva evitare”, come gridano in tanti, quelle esequie non si dovevano fare, almeno non nelle modalità in cui invece si sono svolte. Il corteo funebre che ieri mattina ha attraversato una strada importante di Roma est, come la via Tuscolana, per accompagnare nell’ultimo viaggio Vittorio Casamonica, capobastone dell’omonimo clan, era costituito da una carrozza con sei cavalli, nove furgoni con corone di fiori e non meno di 250 auto al seguito, nonché la banda musicate intonante il tema de “Il Padrino” di Coppola. Questo sulla strada mentre in aria volteggiava un elicottero privato che lanciava petali di rosa.
Scandaloso, disgustoso, vergognoso… gli aggettivi si sono sprecati.
I vigili urbani. I vigili urbani avvisati dalle telefonate di cittadini infuriati per il disagio da traffico, hanno fatto sapere di essersi accorti che si tratta di un corteo funebre sono quando sono arrivati su via Tuscolana all’altezza del Raccordo Anulare, e sono immediatamente intervenuti per regolare il traffico ed evitare incidenti, che in fondo volendo è anche il loro lavoro, mentre altre tre pattuglie si dirigevano in Piazza Don Bosco (Cinecittà), punto di arrivo del corteo, “per impedire che le numerose auto che nel frattempo erano già convenute per la cerimonia funebre, bloccassero la circolazione e le linee di trasporto pubblico”
Sono tutte informazioni contenute in una nota che il comandante della Polizia Municipale di Roma Capitale, Raffaele Clemente, ha inviato al prefetto di Roma, Franco Gabrielli, nell’ambito di una inchiesta da lui stesso aperta, e che coinvolge tutte le altre Forze di polizia.
Le altre Forze di polizia. Da uno stralcio di una lettera di un vigile pubblicata sul blog del sindacato Sulpl Roma, risulta che “Sul posto (presumibilmente a Piazza Don Bosco) c’era solo una pattuglia dei carabinieri, per 5 minuti è arrivata una pattuglia della Polizia di Stato. Abbiamo gestito il tutto al meglio delle possibilità, e purtroppo l’elicottero non potevamo proprio bloccarlo o impedirgli di abbassarsi troppo”
L’elicotterista. L’Enav si difende dicendo che il pilota dell’elicottero, ex dipendente Alitalia, non avrebbe presentato il piano di volo né richiesta l’autorizzazione per il lancio di petali. A New York lo avrebbero abbattuto dopo un minuto dalla violazione dello spazio aereo della capitale. Ma stiamo a Roma, ed è già tanto se, oltre alla denuncia, gli hanno sospeso in via cautelativa il permesso di volare.
L’Ama. Per fortuna che stavolta c’è stato un solerte intervento dell’Ama, che si è preoccupata di ripulire la sede stradale ingombrata dai petali lanciati dall’elicottero e dai fiori lanciati dai partecipanti al funerale, che avrebbero potuto mettere a repentaglio l’incolumità dei cittadini.
E torniamo agli aggettivi che poi si sono sprecati sui media nazionali e anche internazionali: scandaloso, disgustoso, vergognoso… Personalmente io sono spaventata. Spaventata dal fatto che nessuno sapeva che un boss di tale livello, capo di un clan sotto inchiesta per traffico di droga, riciclaggio di denaro e corruzione, fosse morto. Significa allora che non c’è alcun tipo di monitoraggio, di controllo sulle vicissitudini del clan. Oppure? Il Prefetto Gabrielli le chiama “inefficienze e lacune dell’apparato di sicurezza”. A me sembrano voragini nelle quali rischia di sprofondare tutta Roma.
Su Ignazio Marino sindaco di Roma che dire? E’ come sparare sulla croce rossa. Lo lascio ai suoi appelli al Prefetto “perché siano accertati i fatti con il dovuto rigore”.
Poi c’è il prete, don Manieri, parroco della basilica di San Giovanni Bosco, dove sono stati celebrati i funerali di Vittorio Casamonica, la stessa chiesa che rifiutò di celebrare i funerali di Piergiorgio Welby. Su di lui meglio mettere una pietra tombale e riportare la dichiarazione di don Luigi Ciotti, presidente di Libera: “E’ compito della chiesa ribadire che non può esserci compatibilità fra violenza mafiosa e il Vangelo”.
Nota a margine, questa stessa chiesa, nel 1999, ospitò le esequie di Enrico De Pedis, detto Renatino, uno degli esponenti di spicco della banda della Magliana, la cui salma fu poi tumulata nella cripta della basilica di Sant’Apolinnare.
Questo è uno di quei giorni in cui mi manca tanto Fabrizio De Andrè. Chi meglio di un artista come lui riuscirebbe a descrivere, mettere in rima e in nota il tragico, l’imbarazzante, il sacro e il profano?