Protti e Livorno, un amore nato nel lontano 1985 ed esploso nel 1999, quando l’attaccante decide di ripartire dalla C1 per puntare ad un sogno
di Carlo Perigli
“Finisce la storia, comincia la leggenda. Noi le nostre emozioni le affidiamo al silenzio perchè non riusciamo a trattenere la commozione“. È il 22 maggio 2005, al 61′ di Livorno-Juventus, la squadra amaranto sostituisce Protti con Danilevicius. Per il numero 10, il “capo degli ultras“, siamo ai saluti finali, la conclusione di un’avventura durata una vita, che neanche il telecronista riesce a commentare senza tradire l’emozione. Giusto il tempo di salutare i tifosi e stringere la fascia di capitano al braccio di Cristiano Lucarelli, realizzando così quel passaggio di consegne deciso già un anno prima, quando l’arrivo dell’attaccante livornese – di nascita – aveva convinto l’altro livornese – d’adozione – a riprendere gli scarpini dal chiodo e a tornare in campo. “L’arrivo di Cristiano è uno dei motivi per cui ho iniziato a pensare ad un ritorno – dirà qualche anno più tardi – cominciavo a credere che si potesse fare qualcosa di veramente importante“.
Così Protti mette la parola fine ad una storia d’amore – perchè “Rimini è la madre, Livorno è la moglie“, come ama ripetere spesso – iniziata nel lontano 1985, quando, ancora diciottenne, decide di vestire la maglia del Livorno in C1 invece di giocare nella primavera del Milan. Basta un gol nel derby primavera contro il Pisa per far capire al giovane Igor l’amore che la piazza livornese è in grado di dare. “Ricordo una partita che a mio avviso doveva essere di un campionato giovanile, invece sembrava la finale di una coppa europea. Un gol al 90′, una reazione da parte della gente incredibile, inaspettata, e li ho capito l’amore della gente di Livorno per questa maglia, che mi ha fatto legare“.
In tre anni Protti diventa un simbolo, quel “bimbo” si fa voler bene sia in campo che fuori, sempre disponibile, alla mano, e con un grande carattere che ispira fiducia. Tuttavia, esigenze di bilancio costringono il Livorno a privarsi del suo talento per potersi iscrivere al campionato di C1, e per Protti inizia una nuova carriera in giro per l’Italia. Alzano Virescit e Messina, l’approdo a Bari, dove nel 1996 conquista il titolo di capocannoniere della Serie A, le incomprensioni con Zeman alla Lazio e la retrocessione con il Napoli, alla quale segue un anno in Serie B con la maglia della Reggiana.
Ma certi amori “fanno giri immensi e poi ritornano“. Così, nell’estate del 1999, a fronte di diverse richieste provenienti sia dall’Italia che dall’estero, Protti decide di accettare l’offerta di Aldo Spinelli e torna a casa, disposto ad immergersi nuovamente nella Serie C pur di essere abbracciato dalla sua Livorno. “Il mio procuratore non ha mai capito perchè ho fatto questo scelta, perchè comunque ero relativamente giovane per il calcio di oggi, e lui era convinto che potessi giocare nelle categorie superiori ancora per qualche anno. Però avevo deciso, avevo capito che era il momento per realizzare quel desiderio, quel sogno che mi portavo dietro dal 1988“.
Si, perchè per Igor il ritorno al Livorno è segnato da un chiodo fisso, un tarlo che dalla mente dell’attaccante proprio non se ne vuole andare. “Ero andato via da Livorno che la gente mi diceva ‘Igor sono 15 anni che non andiamo in Serie B’ e sono tornato che la gente mi diceva ‘Igor sono 30 anni che non andiamo in Serie B“. La promozione, l’unica fede in grado di suggellare il più bello dei matrimoni, per Protti è allo stesso tempo desiderio e ossessione. Ma non è facile, nei primi due anni il Livorno stenta a decollare, rimediando proprio sul più bello una cocente sconfitta contro il Como nella finale play-off del 2001. Un momento difficile, forse il peggiore, che fa vacillare tutte le sicurezze e le speranze di Protti. Ma come si fa a mollare? Lui è tornato per prendere per mano Livorno e farla uscire dalla C1, arrendersi ora non avrebbe senso. Ci riprova l’anno successivo, circondato da un gruppo unito e determinato, per il quale i gol del bomber (27 in 31 partite) rappresentano la ciliegina posta sulla torta più bella, quella della promozione.
“Il gol al quale sono legato in maniera assoluta è quello di Treviso. Ha infranto una maledizione, perchè li abbiamo capito di avercela fatta [..] E poi la nostra marea di gente impazzita di gioia…credo sia veramente il massimo che può provare un calciatore, augurerei a tutti quanti di provare quello che ho provato io“. E quando la rete si gonfia, mentre il telecronista perde ogni controllo di sè, Protti corre verso la curva e si arrampica sulla rete, in alto. Vuole vederli bene tutti, forse vorrebbe scavalcare e godersi il successo dall’altra parte, condividere con loro quel sogno che si realizza. Segue la vittoria con l’Alzano, la curva che entra in campo e se lo carica sulle spalle, la bandiera con falce e martello che sventola dalle sue mani, mentre uno stadio intero canta il suo nome, artefice principale dello storico ritorno del Livorno in Serie B. Le emozioni di una città intera vengono affidate ad uno striscione, affisso nella parte bassa della curva. “Una lunga notte sta per scomparire..all’orizzonte il nostro sol dell’avvenire“.
“Arrivo in Serie B con qualche anno sulle spalle. Il primo anno so che ci potrebbero essere delle difficoltà, però la squadra è forte e dimostra che il salto di categoria non è così complicato”. Protti ormai non è solo il capitano di una squadra, è il condottiero di una città intera che ormai è follemente innamorata dell’uomo e del calciatore. Qualche momento difficile come la trasferta a Messina, quasi una crisi di gelosia per un marito che dopo tanti anni incontra l’ex fidanzata. In breve tempo rientra tutto, e Protti chiude la stagione vincendo il titolo di capocannoniere, diventando, insieme a Dario Hubner, l’unico giocatore ad aver vinto la classifica marcatori di A, B, e C1. Per Igor ci si può fermare qui, al termine della partita con l’Ancona Protti saluta il suo pubblico, che ricambia con l’ormai solito affetto (“Fieri di te, grazie di tutto compagno“, recitava lo striscione preparato dalla curva). Ma se per l’attaccante il ritiro rappresenta una decisione definitiva, quella certezza non è condivisa dai 5000 tifosi che si radunano a piazza Attias, più per convincerlo a continuare che per salutarlo. Giorno dopo giorno, Protti non sembra più così determinato a lasciare il calcio, e l’arrivo di Lucarelli, che, come lui tanti anni prima, sta rinunciando ad offerte allettanti per vestire la maglia amaranto, gli fa rompere gli indugi. L’intuizione si rivela vincente, con 53 gol (29 Lucarelli, 24 Protti) i due trascinano il Livorno ad una storica promozione, affermandosi come la coppia più prolifica d’Europa. Per Igor un traguardo che vale una carriera, forse una vita intera. Alla fine ha avuto ragione lui: giocare in Serie A è un traguardo importante, ma conquistarla insieme alla città che ami è un’emozione impagabile.
Igor Protti: nato a Rimini, sposato con Livorno
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