Di fronte alla guerra lanciata da Erdogan, i curdi rispondono rifiutando le istituzioni statali e dichiarando l’autogoverno. Ma la repressione non sembra destinata a fermarsi
di Carlo Perigli
La solidarietà è un’arma, un detto che in Turchia sta diventando realtà concreta, spaventando e non poco i vertici dell’Akp, forse convinti che la forte ondata di repressione avrebbe indebolito la resistenza del Kurdistan. Al contrario, seguendo l’esempio della Rojava, diverse città hanno dichiarato l’autogoverno, seguite negli ultimi giorni da analoghe prese di posizioni da parte di interi quartieri nelle principali città turche. Ultimo in ordine di tempo, è stato Dağlıoğlu, quartiere di Adana, quinta città turca per numero di abitanti. “Supportiamo la giusta resistenza del popolo del Kurdistan – ha dichiarato un giovane militante leggendo il comunicato – Come curdi, turchi, arabi e persone di fedi religiose diverse, noi non stiamo rifiutando lo stato, stiamo annunciando che non ci governeremo attraverso le istituzioni statali. Tutte le istituzioni dello Stato in città hanno perso legittimità“.
Una prassi, quella dell’autogoverno, che nel Kurdistan turco è iniziata come risposta all’ondata repressiva lanciata dal governo Erdogan in seguito alla rottura della tregua avvenuta il 24 luglio. Una guerra, secondo Bedriye Karahim, portavoce dell’assemblea di quartiere di Erek, nel distretto di Iperkyoly, lanciata come ritorsione per la perdita di voti dell’Akp alle ultime elezioni, che ha spento i sogni di dominio di Erdogan sul paese. Un pensiero condiviso da Ative Sen, co-presidente del Partito democratico delle regioni (PDB) nel distretto di Edremit, secondo cui gli attacchi di polizia ed esercito si sono concentrati maggiormente nelle zone in cui l’Akp non è stata in grado di prendere voti. “A questo punto – ha dichiarato – il popolo curdo non crede in un Presidente che ruba e uccide la gente. Come risultato, non ha votato per l’Akp [..] Il nostro obiettivo nel dichiarare l’auto-difesa è essere in grado di camminare in pace per le nostre strade. Non vogliamo aspettare di sapere che la polizia ha arbitrariamente ucciso qualcuno di nuovo. Stiamo provando a mettere in sicurezza la nostra autodifesa, così non ci saranno veicoli corazzati ad ogni angolo della strada. Finchè questa guerra non sarà finita, la gente continuerà a dichiarare l’auto-governo nel Kurdistan del nord“.
Il 10 agosto la città di Silopi, già negli anni ’90 duramente colpita dagli attacchi di Ankara, è stata la prima a dichiarare l’autogoverno, seguita a pochi giorni di distanza da Cizre e Varto, i cui abitanti hanno scavato delle trincee per evitare probabili ritorsioni. Il 13 agosto la stessa scelta è stata presa dagli abitanti di Bulanik, dal distretto di Lice e dalla città di Yuksekova. Il 17 agosto l’autogoverno è stato dichiarato a Dyyarbakir, nel distretto di Sur, negli ultimi giorni bersaglio di un’intensa attività repressiva da parte dei militari di Ankara, che, secondo quanto riportato dall’agenzia di stampa Jinha, avrebbero arrestato diverse autorità locali, appartenenti all’Hdp e al Dbp. Il 19 agosto anche Istanbul ha conosciuto l’autogoverno, dichiarato nel quartiere di Gazi, i cui residenti sono stati attaccati ieri durante una manifestazione, dispersa con gas lacrimogeni e cannoni d’acqua.