Interpellato da cinque autorevoli economisti, Yanis Varoufakis ha fornito il suo punto di vista sulla crisi della Grecia e dell’Eurozona
di Carlo Perigli
Le divergenze con Tsipras e il futuro di Syriza, il carattere squisitamente politico delle trattative con l’Eurogruppo e le conseguenze che il terzo Memorandum avrà sull’intera Unione Europea, a partire dalla Francia. Questi i temi affrontati da Yanis Varoufakis, che sul suo blog ha risposto alle domande poste da nove economisti. Popoff Quotidiano ne ha selezionate cinque, con l’obiettivo di fornire una visione esauriente del “Varoufakis-pensiero” sull’attuale scenario economico e politico internazionale. Il testo completo, in lingua inglese, è presente sul blog dell’ex ministro delle Finanze greco.
Antonio Muscattelli, Università di Glasgow: Perchè il primo ministro greco Alexis Tsipras si convinse ad accettare le pre-condizioni dell’Unione Europea riguardanti il terzo piano di salvataggio, nonostante la vittoria del “No” al referendum? È questa la fine del percorso per il fronte anti-austerità di Syriza in Grecia?
Yanis Varoufakis: Tsipras disse di essere rimasto particolarmente sorpreso dalla determinazione dell’Europa ufficiale nel voler punire l’elettorato greco con la realizzazione del piano di Schauble per spingere la Grecia fuori dall’eurozona, la ridenominazione dei depositi dell banche greche in una valuta che non era ancora pronta, e la proibizione dell’uso dell’euro nel paese. Queste minacce, indipendentemente dalla loro credibilità, hanno recato un danno immenso all’immagine dell’Unione Europea come comunità di nazioni, e provocato una spaccatura nell’assioma relativo all’indivisibilità dell’eurozona. Come probabilmente avrete saputo, la notte del referendum non fui d’accordo con Tsipras riguardo al suo giudizio circa la credibilità di queste minacce, e mi dimisi da ministro delle Finanze. Ma anche se mi sbagliavo sulla questione, la mia paura più grande era, e rimane, che il nostro partito, Syriza, sarebbe stato fatto a pezzi dalla decisione di applicare un altro controproducente programma di austerità, che noi eravamo stati eletti per sfidare. Ora è chiaro che le mie paure erano giustificate.
Cristina Flesher Fominaya, Università di Aberdeen: Le trattative tra la Grecia e l’Unione Europa sono apparse più come una competizione tra la democrazia e le banche, che un negoziato tra l’Ue e un suo Stato membro. Considerato il risultato, c’è qualche lezione che potrebbe essere utile per gli altri partiti europei che resistono agli imperativi delle politiche di austerità?
Yanis Varoufakis: Permettimi di formularla diversamente. Era una competizione tra il diritto dei creditori di amministrare uno Stato debitore e il diritto democratico dei cittadini di tale paese ad auto-governarsi. Hai ragione nel dire che non c’è mai stato un negoziato tra l’Ue e la Grecia come Stato membro dell’Unione. Noi stavamo negoziando con la troika dei creditori, il Fondo Monetario Internazionale, la Banca Centrale Europea e la completamente indebolita Commissione Europea nel contesto di un raggruppamento informale, l’Eurogruppo, privo di regole specifiche, senza verbali per gli atti, e completamente sottomesso ad un ministro delle Finanze e alla troika dei creditori. Inoltre, la troika era terribilmente frammentata, piena di secondi fini, con il risultato che i “termini di resa” che ci hanno imposto erano, per usare un eufemismo, curiosi: un accordo imposto da creditori determinati a porre condizioni per garantire che noi, i debitori, non potremo ripagarli. Così, la lezione principale che abbiamo imparato dagli ultimi mesi è che la politica europea non riguarda neanche l’austerità. O che, come Nicholas Kaldor ha scritto in ‘The New Statesman” nel 1971, ogni tentativo di costruire un’unione monetaria prima di un’unione politica, finisce per avere un terribile sistema monetario che rende l’unione politica molto più difficile. L’austerità e l’orribile deficit democratico solo dei semplici sintomi.
Simon Wren-Lewis, Università di Oxford: Una Francia forte avrebbe potuto rappresentare un effettivo contrappeso per la Germania all’interno dell’Eurogruppo, o Berlino ha sempre avuto la maggioranza dalla sua parte?
Yanis Varoufakis: Il governo francese ha sentito di avere una “mano debole”. La sua debolezza è insita all’interno del c.d. “excessive deficit procedure” della Commissione Europea, che pone Pierre Moscovici, il Commissario Europeo per gli affari economici e finanziari, nonchè ex ministro delle Finanze francese, nella difficile posizione di dover agire in maniera dura nei confronto di Parigi sotto lo sguardo attento di Wolfgang Schauble, il ministro delle Finanze tedesco. È anche vero, come dici tu, che l’Eurogruppo è completamente “cucito” da Schauble. Tuttavia, la Francia ha avuto l’opportunità di usare la crisi greca per sfidare le regole di un gioco che non vincerà mai. Il governo francese ha così perso un’importante opportunità per ritagliarsi uno spazio all’interno della moneta unica. Il risultato, temo, è che Parigi affronterà presto un regime più rigido, forse una situazione in cui il presidente dell’Eurogruppo sarà legittimato da poteri di veto draconiani sul budget nazionale del governo francese. Se questo avviene, quanto potrà sopravvivere l’Europa di fronte alla rinascita di disgustosi nazionalismi in paesi come la Francia?
Kamal Munir, Università di Cambridge: Spesso hai sottinteso che ciò che avvenne nel corso dei tuoi incontri con la troika era economico solamente all’apparenza. In fondo, si trattava di una partita politica. Non pensi che stiamo facendo un danno ai nostri studenti, insegnandogli un genere di analisi economica così chiaramente distaccata da questa realtà?
Varoufakis: Se solo qualche aspetto economico fosse emerso nei nostri incontri con la troika, sarei stato felice. Così non è stato. Anche quando le variabili economiche sono state discusse, non c’è mai stata un’analisi economica. Le discussioni sono restate ad un livello di norme e obiettivi condivisi. Mi sono ritrovato a prendere parte al gioco delle domande incrociate con i miei interlocutori. Loro dicevano cose come: “Le regole sull’avanzo primario specificano che il vostro debito dovrebbe equivalere almeno al 3,5% del Pil nel medio termine“. Ho provato ad avere una discussione economica, suggerendo che questa norma avrebbe dovuto essere emendata, perchè, per esempio, l’obiettivo primario del 3,5% per il 2018 avrebbe scoraggiato la crescita oggi, aumentato immediatamente il rapporto debito/PIL e reso impossibile il raggiungimento dell’obiettivo nei tempi prestabiliti. Queste basilari argomentazioni economiche sono state trattate come degli insulti. Una volta sono stato accusato di “dargli lezioni” di macroeconomia. Sulla tua questione pedagogica: mentre è vero che insegniamo agli studenti un tipo di analisi economica progettata per non vedere il capitalismo esistente, rimane il fatto che nessun tipo di pensiero economico sofisticato, neanche l’economia neoclassica, può raggiungere le parti dell’Eurogruppo che prendono le decisione fondamentali a porte chiuse.
Mark Taylor, University of Warwick: Saresti d’accordo se la Grecia non rispettasse i criteri per la membership dell’unione monetaria? Non sarebbe meglio se uscisse ora piuttosto che nascondere le crepe e aspettare che avvenga un’altra crisi economica greca entro pochi anni?
Yanis Varoufakis: Il progetto dell’eurozona era tale che neanche Francia e Italia avrebbero potuto crescere al suo interno. Nell’attuale cornice istituzionale solamente un’unione monetaria ad est del Reno e a nord delle Alpi sarebbe sostenibile. Ahimé, sarebbe un’unione inutile per la Germania, poichè non la proteggerebbe dalla rivalutazione costante in risposta al suo surplus commerciale. Ora, se per “criteri” intendi i limiti di Maastricht, è ovviamente chiaro che la Grecia non li soddisfa. Ma, di nuovo, neanche Belgio e Italia lo fanno. Al contrario, Spagna e Irlanda si, difatti fino al 2007 i governi di Madrid e Dublino hanno registrato cifre relative a deficit, debito ed inflazione che, secondo i criteri ufficiali, erano migliori di quelli della Germania. Eppure quando la crisi li ha colpiti, Spagna e Irlanda sono affondate nel fango. In breve, l’eurozona è stata concepita male per tutti, non solo per la Grecia. Dovremmo salvare il salvabile e uscire? Per rispondere propriamente, abbiamo bisogno di capire le differenze, dicendo che la Grecia, ed altri Paesi, non sarebbero dovuti entrare nell’Eurozona, e che ora dovremmo uscire. Tecnicamente, abbiamo un caso di isteresi: una volta che un paese ha iniziato il suo percorso nell’eurozona, la strada è scomparsa dopo la creazione dell’euro, e ogni tentativo di fare reotromarcia porterebbe ad una caduta in un precipizio.