Dieci anni di vendolismo e due referendum non hanno intaccato il potere dei padroni dell’acqua. La denuncia dei movimenti per l’Acqua Bene Comune
di Francesco Ruggeri
Dieci anni di narrazione di Vendola e due referendum nazionali non sono bastati a ripubblicizzare l’acqua in Puglia. La questione preoccupa il Comitato Pugliese “Acqua Bene Comune” e la Segreteria del Comitato Referendario Pugliese <2 SI per l’Acqua Bene Comune” che hanno indirizzato al Consiglio regionale una lettera per riportare “alla vostra attenzione la questione del diritto umano all’acqua – che ricordiamo che a oggi, nella nostra Regione, non è né rispettato, né garantito – e della ripubblicizzazione dell’acquedotto pugliese come concretizzazione della volontà popolare espressa con il risultato referendario del 12 e 13 Giugno 2011 e mai attuata>.
Dopo il referendum del 12 e 13 Giugno 2011 – Vendola disse che era il più bel giorno della vita sua – nulla è mutato nella gestione privatistica e non democratica dell’AQP SpA, con le partnership con determinate aziende private, e diverse divergenze legislative regionali, nazionali ed europee hanno continuato a contrastare significativamente con la logica dei beni comini. <Tutto ciò getta pesanti ombre sulla gestione futura del SII, il servizio idrico integrato, soprattutto in vista della scadenza della concessione all’Acquedotto pugliese, che avverrà nel 2018>, avvertono i movimenti per l’acqua.
In barba al referendum, sei mesi dopo, il 27 dicembre 2011, l’AEEG ha rimodulato il metodo tariffario, approvando il “Metodo Tariffario Idrico 2014-2015”, reinserendo il profitto (cancellato con il referendum del 12-13 giugno dello stesso anno) sotto altra voce: gli “oneri finanziari” sostituiscono la “remunerazione del capitale investito”. Tutto ciò sebbene la Corte Costituzionale nel suo giudizio di ammissibilità del referendum avesse sancito che la normativa tariffaria residua, senza la remunerazione del capitale, sarebbe stata immediatamente applicabile. L’AQP SpA non ha mai introdotto la tariffazione che escludesse la “remunerazione del capitale investito” (tariffazione che doveva essere in vigore dal 13 giugno 2011 al 31 dicembre 2011) e non ha mai restituito tale guadagno, illegale, ai cittadini. Si denuncia ancora che l’AQP SpA non ha garantito la giusta trasparenza nella gestione del bene vitale. Da diversi anni i comitati hanno chiesto all’AQP SpA e alla Regione Puglia, in qualità di unico azionista, di visionare i documenti analitici a sostegno del capitolo “I target economico finanziari” al piano industriale dell’azienda 2011-2014. <Prima ci è stata negata la visione sulla base di una presunta riservatezza di tale documentazione, poi sulla base della loro presunta mancata esistenza>. Così non è mai stato possibile per promotori referendari conoscere il numero di utenti di AQP SpA soggetti a sospensione del servizio idrico e, dunque, alla violazione del diritto umano all’acqua potabile sicura ed essenziale al pieno godimento della vita e di tutti i diritti umani, sancito dalla Risoluzione dell’Assemblea Onu del 28 luglio 2010.
Anche sulla qualità dell’acqua c’è la stessa carenza di informazioni. Eppure dall’invaso del Pertusillo, per ammissione della stessa ARPA della Basilicata, giungono dati sulla pressione antropica (impianti di depurazione e attività industriali legate all’estrazione di prodotti petroliferi) che mette a rischio il delicato equilibrio chimico ed ecologico. Secondo indagini condotte da altro soggetto (EHPA) nell’invaso si verificherebbero già concentrazioni di metalli e idrocarburi ampiamente superiori ai limiti di legge, probabilmente in modo ancora episodico. <Ad AQP – spiega la lettera – avevamo chiesto la pubblicazione periodica, ogni due settimane, dei risultati delle analisi al potabilizzatore, invece i dati sono stati riportati sul sito web con frequenza minore e con una lunga sospensione da luglio 2014 ad aprile 2015>. E che dire del servizio depurazione? Secondo i movimenti non è adeguato alle esigenze del territorio, nella maggior parte degli impianti non è possibile utilizzare le acque reflue per l’irrigazione a causa della mancanza della fase finale di affinamento. E oggi quelle acque vengono sversate in mare perché inquinare e sprecare conviene ad Aqp, attenta solo al profitto come ogni Spa. <Un’ennesima scelta “aziendalistica” e antisociale, impostazione che noi contestiamo>.
Lo Sblocca Italia, inoltre, disegna un’ulteriore accelerazione sulle privatizzazioni dei servizi pubblici attraverso una serie di meccanismi per la cessione dei servizi pubblici ai privati, tutto questo eludendo legalmente anche il primo questo referendario del 2011. E, avvertono i referendari, sta per arrivare il Transatlantic Trade and Investment Partnership (TTIP), ovvero il negoziato tra Unione Europea e Stati Uniti finalizzato alla creazione di un mercato unico transatlantico attraverso l’abolizione delle barriere tariffarie e non tariffarie che, se approvato, eluderebbe, fra l’altro, ogni principio di democraticità e di gestione pubblica dei servizi. Anche il Bleuprint to Safeguard Europe’s Water Resources della Commissione Europea, il documento programmatico sulla gestione delle risorse idriche all’interno dei Paesi membri (già respinto dal Comitato Economico e Sociale Europeo), <se implementato, potrebbe creare gravi scenari con riferimento all’accessibilità all’acqua, alla riduzione della sovranità popolare e della democrazia, nonché a potenziali tensioni e conflitti territoriali>.
Tutto ciò mentre gli impegni assunti ufficialmente dai precedenti Governi regionali attraverso le Delibere 20/10/2009 e 27/10/2009, <sono rimasti completamente disattesi come la Legge regionale “Gestione del servizio idrico integrato – Costituzione dell’Azienda pubblica regionale ‘Acquedotto Pugliese (AQP)’” elaborata dal Tavolo tecnico congiunto con il Comitato pugliese (istituito con D.R. del 26/10/2009) è stata si approvata del Consiglio regionale il 14 giugno 2011, ma con gli emendamenti introdotti dall’allora Assessore Amati che da un lato hanno snaturato la portata politica del dettato normativo, dall’altro hanno creato un “pasticcio” sul piano giuridico a tal punto da essere stati bocciati dalla Corte Costituzionale>.
Un capolavoro cerchiobottista del vendolismo <col risultato che l’Acquedotto pugliese è ancora una Società per Azioni; il diritto umano all’acqua potabile non è garantito, mentre proseguono i distacchi di fornitura agli utenti (o piuttosto “clienti”) “morosi”, continuando a gestire l’acqua come una mera merce in vendita al fine unico di realizzare profitto e non è stata promossa alcuna politica di partecipazione dei lavoratori e dei cittadini nella gestione del Servizio Idrico Integrato>.
Anche le recenti modifiche dello Statuto di AQP SpA in tema di accesso all’acqua potabile (art. 4.6) non rappresentano certo una garanzia del diritto umano all’acqua potabile, nella misura in subordina questo al conseguimento degli utili e in “misura non superiore a un ventesimo degli utili risultanti dall’ultimo bilancio approvato”. Dal 2007-2012 le tariffe sono aumentate del 22,4%, mentre si è avuto un aumento medio su base nazionale del 3,9% nel 2014 e del 4,8% stimato per il 2015. E’ la dimostrazione che la proprietà pubblica delle azioni della società AQP SpA non sottrae la gestione dell’acqua e la sua funzione sociale alla logica del profitto.
Eppure l’esempio di Parigi, Napoli o comuni più piccoli come Saracena dimostrano che ripubblicizzare si può. In vista della scadenza della concessione della gestione del Servizio Idrico Integrato ad AQP SpA, per scongiurare la vendita ai privati delle azioni della SpA, il Comitato Pugliese “Acqua Bene Comune” torna a chiedere al nuovo consiglio regionale la convocazione immediata di un consiglio monotematico per il rispetto della volontà popolare espressa dall’esito referendario del 2011 e della Carta Costituzionale che attribuisce la sovranità al popolo.
Vedi anche www.lacquanonsivende.blogspot.com, www.benicomuni.org, www.acquabenecomune.org