Dalla denuncia dei No Tav, l’inchiesta della Procura per la gestione delle rocce amiantifere in un cantiere. Potrebbe essere l’occasione per bloccare il Terzo Valico
da Genova, Antonio Bruno*
Mentre i presidenti di regione di Liguria, Lombardia e Piemonte si affannano a rilanciare opere infrastrutturali, concepite dall’affarismo del secolo scorso, la Procura di Genova spicca i primi avvisi di garanzia per la gestione delle rocce amiantiere cantiere di Cravasco. E’ significativo che tale iniziativa sia sorta dopo l’esposto di numerosi appartenenti al movimento No Tav – No TERZO Valico, tra cui la capogruppo al comune di Altra Campomorone Valentina Armirotti. Le istituzioni sono state silenti, condizionate dall’adesione acritica a un’opera bocciata TRE volte in sede di Valutazione Impatto Ambientale e resa possibile solo dall’inserimento nella legge obiettivo. Un collegamento da Genova – Fegino a Rivalta Scrivia dal costo complessivo di oltre 6 miliardi di euro (il costo della ricostruzione di Gaza…).
I lavori in corso sono relativi solo alle opere propedeutiche, non essendo finanziate le gallerie dove passerebbe un TAV. Incredibile la passività della giunta Doria, che si nasconde dietro la scusa che il cantiere di Cravasco e’ a Campomorone (ma i camion passano in territorio genovese, fino al casello di Bolzaneto poi nell’autostrada Genova Ventimiglia). Preoccupante il tardivo intervento dell’Arpal,+ che si accorge solo adesso l’anomalia di una serie di controlli pagati e fatti per conto di Cociv (il consorzio creato ad hoc POCHI giorni prima dell’entrata in vigore dell’obbligo di gara ewuropea a cui il governo dell’epoca ha concesso a trattativa diretta l’opera). E’ l’occasione per fermare questo spreco di denaro pubblico, oltretutto pericoloso per la salute di lavoratori e abitanti. Le alternative per ammodernare le linee esistenti (permettendo di andare a Milano in un’ora e di far passare milioni di TE) ci sono. E costano meno.”
*capogruppo della Federazione della Sinistra al consiglio comunale di Genova
NOTA
Gestione amianto nel materiale di scavo della Tav anno 2015
In Liguria durante gli scavi per la realizzazione della TAV Terzo Valico dei Giovi, è stata riscontrata nel materiale di scavo (smarino) una forte quantità di amianto, 4 gr/kg. (4.000 ppm), come era previsto da tutti i precedenti studi geologici relativi, volutamente ignorati.
Il problema di maggior rilievo, anzi fondamentale, è rappresentato dalla gestione di questo materiale scavato e precisamente:
– come considerarlo
– come e dove trasportarlo
– come utilizzarlo
Si identificano 3 situazioni relative al materiale di scavo:
1) caso estremo verso il basso, non contiene amianto: viene classificato come “sottoprodotto” cioè non pericoloso a norma del DLgs 152/2006;
2) caso estremo verso l’alto, contiene amianto superiore a 1000 ppm (1 gr/Kg.), come si è ora riscontrato a Cravasco, in Liguria: viene classificato come “rifiuto pericoloso” ( la normativa precedente lo definiva tossico nocivo);
3) caso intermedio, contiene amianto tra 0 e 1000ppm, cioè presente ma inferiore a 1.000 ppm: secondo il protocollo amianto ricadiamo nel caso 1 e quindi trattasi di sottoprodotto.
Tuttavia se per COCIV, general contractor della TAV, è considerato un sottoprodotto, la cosa non va assolutamente bene dal punto di vista sanitario e l’ASL DEVE ASSOLUTAMENTE INTERVENIRE, perché se è vero che lo si può accettare in riferimento ad una legge ambientale, il DLgs 152/2006, non lo si può accettare dal punto di vista della salute pubblica: è comunque un materiale contenente amianto.
Sembra che ARPA, AMBIENTE e SANITA’ siano concordi nel non accettarlo come sottoprodotto, perché tale materiale di scavo potrebbe essere usato per costruzioni edili o simili dando luogo a strutture pericolose per la salute umana.
ARPA, SANITÀ E AMBIENTE hanno fatto linee guida sull’uso dei materiali di scavo stabilendo che anche se il materiale di scavo contiene amianto tra 0 e 1000 ppm non deve essere riutilizzato.
Nel caso 2 e nel caso 3, la presenza di amianto nel materiale di scavo genera tre grossi problemi:
– trasporto
– deposito
– smaltimento
ARPA, SANITÀ E AMBIENTE DEVONO ASSOLUTAMENTE INTERVENIRE per il controllo dell’aria, al fine del non superamento del limite di 1 fibra /litro di aria (limite massimo di pericolosità per la salute umana) e dare luogo a procedure rigorose, controlli e verifiche continue. Ma come sarà possibile ciò, se tali istituzioni non hanno, come la realtà lo dimostra, personale e mezzi per realizzarlo?
Un’altra pecca che gli stessi tecnici dell’ARPA fanno rilevare, riguarda la metodologia della raccolta del materiale di scavo da sottoporre ad analisi. Il metodo usato è inadeguato alla ricerca dell’amianto. Il metodo, attualmente usato, è quello generico per tutti i campioni previsto dal criticato DM 161/2012 sui materiali di scavo, che fa riferimento all’ art. 186 del DLgs 152/2006. Esso prevede la setacciatura del materiale scavato per costituire il campione da analizzare. In questo modo si esclude la parte più o meno grossa che invece potrebbe contenere molto amianto. Occorre invece macinare tutto il materiale di scavo destinato alla formazione del campione. Solo così il campione diventa veramente attendibile e non con la setacciatura.
IL MINISTERO DELL’AMBIENTE DEVE FARSI CARICO di attuare questa specifica metodologia per la ricerca dell’amianto, in quanto l’attuale metodologia basata sulla setacciatura non è attendibile e naturalmente intervenire su tutto il capitolo “GESTIONE DEL MATERIALE DI SCAVO CONTENENTE AMIANTO”, dalla raccolta ai siti di deposito.
Su tutta questa vicenda relativa all’amianto, ci auguriamo che compaia consapevolezza, luce e saggezza in tutti coloro che hanno il potere di interrompere definitivamente una inutile semina di morte.
Carlo Tardiani (Biologo)