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Sblocca Italia, depositati quesiti contro trivellazioni

Dieci Regioni bocciano la deriva petrolifera del decreto Sblocca Italia del governo Renzi e depositano sei referendum in Cassazione

di Francesco Ruggeri

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I rappresentanti dei Consigli regionali di dieci Regioni – Basilicata, Marche, Puglia, Sardegna, Abruzzo, Veneto, Calabria, Liguria, Campania e Molise – stanno depositando in Cassazione sei quesiti referendari contro le trivellazioni entro le 12 miglia e sul territorio.

Capofila dell’iniziativa è la Basilicata.  I sei quesiti chiedono l’abrogazione di un articolo dello Sblocca Italia e di cinque articoli del decreto Sviluppo. Questi ultimi si riferiscono alle procedure per le trivellazioni. Su cinque articoli oggetto dei quesiti referendari presentati stamani in Cassazione dai dieci Consigli regionali, è attesa anche la decisione della Consulta che si pronuncerà da gennaio ad aprile sulla questione trivellazioni.

“Il messaggio che lanciano oggi i delegati dei 10 consigli regionali al Governo Renzi, depositando in Cassazione sei quesiti referendari contro le trivellazioni previste dagli articoli dello Sblocca Italia, è forte e chiaro: il Paese non ha bisogno di inutili e dannose trivellazioni serve piuttosto urgentemente una diversa strategia energetica che liberi il Paese dalle fonti fossili e garantisca la qualità del territorio ed il benessere della popolazione, non gli interessi dei petrolieri. È ora di ascoltare la voce e le richieste delle associazioni e dei cittadini, come hanno fatto le Regioni depositando i quesiti referendari per l’abrogazione delle norme pro trivelle approvate da questo Governo e da quelli precedenti. L’Esecutivo non può più pensare di fare il finto sordo e il finto cieco dato che nei giorni scorsi sono stati ben dieci consigli regionali, (di Basilicata, Marche, Puglia, Sardegna, Abruzzo, Veneto, Calabria, Liguria, Campania, Molise), i due terzi delle regioni costiere, a deliberare a favore del referendum anti-trivelle. Un numero importante visto che si è superata ogni più rosea aspettativa, oltrepassando di gran lunga la condizione minima prevista dall’articolo 75 della costituzione (5 consigli regionali) per poter depositare i requisiti in Cassazione e dimostrando bene quale sia il sentire del paese”. Lo dice Vittorio Cogliati Dezza, presidente nazionale di Legambiente.

“Il referendum – aggiunge Cogliati Dezza – rappresenterà dunque un’importantissima occasione per scegliere un futuro energetico diverso per il nostro Paese. Nell’attesa che la Cassazione si pronunci sul referendum, continueremo con azioni di mobilitazione e impegni concreti per fermare i progetti petroliferi in mare recentemente sdoganati. Due in particolare quelli più urgenti: Ombrina Mare, la piattaforma petrolifera che dovrebbe sorgere a largo della costa abruzzese, di cui si discuterà il prossimo 14 ottobre al Ministero dello Sviluppo economico con una conferenza dei servizi, e Vega B, la piattaforma prevista nel canale di Sicilia a largo della costa ragusana, che ha da poco ricevuto il nulla osta ambientale, e su cui Legambiente e altre associazioni hanno già fatto ricorso al Tar. Tra gli impegni concreti anti trivelle, è quindi fondamentale che le amministrazioni si impegnino per chiedere fin da subito una moratoria che blocchi qualsiasi autorizzazione relativa alle attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi”.

Polemiche nelle regioni dove i presidenti non hanno voluto seguire la via della democrazia referendaria. Stefano Bonaccini, presidente dell’Emilia Romagna è uno di questi. Ed è del Pd. “Non vuole il voto popolare e preferisce la fedeltà a Renzi alla tutela del territorio”, dice Rifondazione comunista con Stefano Lugli, segretario regionale, e Sara Visintin, responsabile ambiente dei comunisti, il segnale di Bonaccini è stato chiaro: Renzi può fidarsi dell’Emilia-Romagna e del suo presidente”. Infatti, “non si spiega altrimenti- proseguono i due- il no alla richiesta di referendum mentre altre dieci Regioni, la maggior parte delle quali a guida Pd, hanno gia’ chiesto la consultazione permettendo ai cittadini di andare al voto senza dover raccogliere 500.000 firme”.

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