Niente maggioranza assoluta per il governo uscente dopo 4 anni anni di lacrime e sangue. Per la sinistra antiliberista, in Portogallo, il miglior risultato di sempre
di Giulio AF Buratti
Portogallo, vince le elezioni il centrodestra ma senza la maggioranza assoluta. In teoria la sinistra portoghese potrebbe cercare di formare un governo alternativo al centrodestra. I voti del Ps, con quelli dei “post-trotzkisti” (così li chiama l’inviato dell’Ansa) del sorprendente Bloco de Esquerda (Be, 19), appoggiati da Podemos e Syriza, e dei comunisti-verdi (Cdu, 17) avrebbero la maggioranza assoluta. Ma socialisti ed estrema sinistra sono ad anni luce. Il Ps, come i suoi cugini di tutta Europa, si è impegnato a mandare avanti il risanamento del paese, attenuandone l’impatto. Il Bloco vuole rinegoziare il debito mentre il Cdu vuole uscire dall’euro.
Esultano i giornali portoghesi della destra. Il pericolo che le forti contestazioni che negli anni avevano animato il paese contro la ferrea politica di austerità applicata sotto la dettatura della Troika mettessero in discussione il governo conservatore di Pedro Passos Coelho sembra per il momento scongiurato. Solo poche settimane fa “sarebbe stato impensabile immaginare un risultato del genere” scrive il direttore di Diario de Noticias, André Macedo: una vittoria del governo che per quattro anni ha imposto una politica anticrisi lacrime e sangue per fare uscire il paese dalla crisi. La prima lista nelle elezioni politiche del 4 ottobre continua ad essere quella promossa dal capo del governo e dal suo partito “socialdemocratico”, in alleanza con il Partido popular di centrodestra. Però “Portugal à frente” (Avanti Portogallo, questa lista) nonostante sia stata favorita da un forte astensionismo (il 43%, una percentuale inedita per il paese iberico), non riesce a raggiungere la maggioranza assoluta dei seggi (ne mancano 18) e, per riconfermare un governo in qualche continuità con quello uscente, dovrà cercare una complicata alleanza con il Partido Socialista di Antonio Costa, nello spirito della “comune opzione europeista”.
Non sarà un’impresa facile, in quanto il Portogallo sarà ancora una volta chiamato, in forza degli “obblighi” europei, a nuove “riforme strutturali”, tra le quali spicca quella del sistema previdenziale. E il PS portoghese, molto più che altri suoi confratelli del PS europeo, pur restando ancorato ad una visione “socialiberale”, potrebbe essere piuttosto renitente a sviluppare a fondo la politica di tagli prospettata dai conservatori.
Il capo dello stato Anibal Cavaco Silva nei prossimi giorni dovrebbe conferire l’incarico a Passos che sarà però molto più fragile. Gli analisti prevedono elezioni anticipate già nel 2016, dopo che in gennaio saranno passate le presidenziali. “O desafio comenca agora”, “La sfida inizia ora”, avverte Diario de Noticias. Dopo avere pilotato il paese con pugno di ferro per 4 anni nelle secche della crisi e del piano di salvataggio da 78 miliardi della ‘troika’, che ha lasciato il paese in ginocchio, Passos Coelho deve ora imparare l’arte del compromesso, rileva Publico. E’ invece probabile che Passos negozi con Costa – però in difficoltà nel Ps – alcuni accordi sull’alleggerimento dell’austerità, che consentano ai socialisti di astenersi sull’investitura del nuovo governo e di fare poi passare il bilancio dello stato per il 2016 vitale per la credibilità economica del paese nel dopo-troika. Il rischio altrimenti sarebbe di trovarsi in una impasse ‘alla greca’ di cui nessuno vorrebbe assumere la responsabilità. Tutto ciò dunque gela un po’ l’entusiasmo dei conservatori portoghesi che temono un periodo di instabilità negativo per i loro progetti.
A gettare altra acqua gelata sui festeggiamenti delle classi dominanti lusitane è il risultato del Bloco de Esquerda, la formazione di sinistra radicale nata 15 anni fa per la confluenza dell’União Democrática Popular (di origine maoista), del Partido Socialista Revolucionário (allora sezione portoghese della Quarta Internazionale), oltre ad un raggruppamento della sinistra socialista. Il Bloco, capeggiato da Catarina Martins, ha ottenuto il migliore risultato di sempre, sia in voti (550.000), nonostante la crescita del non voto, sia in percentuale (10,2%, quasi raddoppiando il punteggio del 2011, 5,2%), sia in seggi (19, rispetto agli 8 della precedente legislatura). Il Bloco de Esquerda risulta dunque il terzo partito presente in parlamento, dopo i conservatori e i socialisti, e con 2 punti percentuali e 100.000 voti più del PCP).
Un risultato che non passa inosservato ai partner italiani del Bloco, Sinistra Anticapitalista (per le frequentazioni quartiste) e Rifondazione (perché il Bloco è dentro la Sinistra europea): “il risultato delle compagne e dei compagni del Bloco – dice Sinistra Anticapitalista – costituisce un rafforzamento della costruzione di un’alternativa di sinistra contro la politica dell’austerità”. Paolo Ferrero, segretario Prc, ci legge “l’onda lunga della Grecia”: «I risultati delle elezioni in Portogallo confermano la perdita di consenso delle formazioni politiche che sostengono le politiche di austerità e la crescita dei partiti della sinistra antiliberista.Adesso vi sono le condizioni affinché la destra liberista venga cacciata all’opposizione: il cerino sta in mano ai socialisti».
Intanto gli occhi di Madrid sono puntati su quanto sta accadendo a Lisbona, una situazione politica che potrebbe diventare anche quella della Spagna dopo le politiche del 20 dicembre. Il premier Mariano Rajoy, alleato di Passos nel Ppe, è quasi certo, dopo avere imposto a sua volta l’austerità per 4 anni per uscire dalla crisi, di perdere l’attuale maggioranza assoluta, in un quadro politico nel quale hanno fatto irruzione accanto al Psoe anche Podemos e Ciudadanos. In Portogallo come in Spagna l’era delle maggioranze assolute sembra finita, spazzata via dalla crisi e dal nuovo che avanza in politica.