Treviso, chiesta l’archiviazione per la devastazione di una palazzina destinata ai profughi ad opera di “cittadini esasperati” ed estremisti di destra
da Treviso, Enrico Baldin
E’stata chiesta dalla Procura di Treviso l’archiviazione per la vicenda dei disordini e le violenze perpetrate nelle giornate del 15 e 16 luglio scorso a Quinto di Treviso, paese sito pochi chilometri a sudovest del capoluogo della Marca trevigiana.
Tutto accadde alla notizia che a 101 richiedenti asilo la Prefettura aveva assegnato alcuni appartamenti nelle palazzine di via Legnago. I residenti degli alloggi contigui si recarono in strada e inscenarono una protesta alla quale, poche ore dopo, si unirono anche alcuni militanti di Forza Nuova. Nella notte in particolare, a migranti non ancora giunti, accadde di tutto: vennero forzate le porte degli alloggi, gettati dai balconi o trafugati oggetti quali materassi, mobili ed elettrodomestici che vennero dati alle fiamme in strada al fine di danneggiarli e di renderli non fruibili.
Il giorno successivo poi venne picchiato un vigilante cui la cooperativa incaricata della gestione dei profughi aveva chiesto di favorire l’ingresso nelle palazzine di cibo ed acqua destinati ai neo arrivati, visto che militanti di Forza Nuova e residenti impedivano fisicamente che i pasti giungessero a destinazione. Al vigilante furono rotti due incisivi a suon di pugni e la sua auto venne presa a sassate, mentre il cibo entrò solo dopo l’intervento delle forze dell’ordine. Insulti e violenze verbali vennero riservate agli ospiti degli appartamenti, mentre lo stesso trattamento fu rivolto anche ad una consigliera comunale giunta in visita. I giornali locali parlavano di “residenti esasperati” e gli episodi di teppismo vennero in diversi casi battezzati come “proteste accese”. Sul posto si recarono anche Zaia e Salvini che appoggiarono le ragioni dei residenti senza peraltro condannare le azioni compiute: «Hanno fatto bene a reagire contro una scelta scellerata» disse il Presidente del Veneto accorso in quei giorni, dicendosi preoccupato di fronte ai residenti per quella che definì «africanizzazione del Veneto». Sulle stesse note il Presidente della provincia Muraro che poco prima aveva denunciato «l’imbastardimento della razza».
In meno di quarantottore la questione si risolse con l’allora Prefetto Maria Augusta Marrosu – poi rimossa da Alfano – che ordinò di spostare tutti i profughi in una caserma dismessa sita ad alcuni km di distanza. Vittoria dei residenti, vittoria di Forza Nuova, vittoria di Zaia. A spostamento avvenuto però si profilavano molteplici ipotesi di reato per incendio doloso, danneggiamento aggravato, violazione di domicilio, occupazione abusiva, devastazione e saccheggio: i filmati e le foto scattate parevano non dare scampo. La cooperativa che si stava occupando dell’ospitalità – rassicurata da Prefetto e Questore sul procedimento – non sporse denuncia. Ma alla fine l’unica ipotesi di reato formalizzata fu quella di manifestazione non autorizzata.
Non toccò la stessa sorte invece ad alcuni giovani del centro sociale Django che il 17 luglio – occupando i gradini antistanti la Prefettura – protestarono contro le violenze e contro la “ghettizzazione” dei richiedenti asilo. Non appiccarono incendi ne’ picchiarono o tirarono sassi, ma la mano nei loro confronti fu ben più pesante: 40 fermi, alcuni feriti lievi, la richiesta dei domiciliari per cinque di loro, e una ventina di fogli di via emessi nei confronti di altrettanti attivisti provenienti da diverse città del Veneto.
Quanto accadde in quei giorni ebbe ampia risonanza, col piccolo paese del trevigiano che finì nelle cronache di telegiornali e quotidiani nazionali. Ma nelle settimane successive – anche se con un’eco decisamente inferiore – non sono mancati altri preoccupanti episodi di tensione a Eraclea (provincia di Venezia) in cui 250 richiedenti asilo vennero ammassati in un residence, ed a Vicenza in cui una struttura destinata a ricevere una cinquantina di migranti è andata a fuoco: si trattò di incendio doloso.
Di ieri la notizia dell’archiviazione dell’unica ipotesi di reato formulata: nei confronti della commistione tra residenti e estremisti di destra non verrà avviato alcun procedimento.