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Nostalgia canaglia, i bistrot di Marc Augé

I bistrot di Augé, Marc Augé dai non-luoghi ai luoghi e ritorno ma senza una critica del presente. In libreria Un etnologo al bistrot (Raffaello Cortina)

di Eugenia Foddai

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foto Doisneau

Marc Augé è un antropologo del quotidiano. In questi ultimi anni ha scelto temi  che affrontano il vivere nelle grandi città: dalla metropolitana alla bicicletta per intenderci, svolgendoli come  piccole guide minimaliste del nostro presente. Nel libricino “Eloge du bistrot parisien” pubblicato da Payot nel marzo 2015, Marc Augé in cento pagine dichiara il suo amore per questo luogo di ritrovo tipicamente parigino. Il suo è un  elogio sperticato dei bistrot che sono il contrario dei non-luoghi, concetto da lui creato per spiegare quegli spazi contemporanei privi di storia, anonimi, frequentati da persone che si relazionano solo in modo funzionale: per esempio gli hotel delle grandi catene alberghiere, gli aeroporti, i grandi magazzini, i centri commerciali, i McDonald’s e via di seguito …

Marc Augé in questa sua piccola opera cerca innanzitutto di rispondere alla domanda: “Cosa è un bistrot, o meglio ancora quali qualità hanno i bistrot parigini per essere così attraenti?” Definire un bistrot quando ci sono le brasserie, i bar, i troquet, i ristoranti e i caffè a svolgere più o meno le stesse funzioni, non è facile. Sono addirittura sinonimi! Il caffè di uno è il bar dell’altro, i bistrot di certuni saranno i ristoranti di cert’altri, dunque è il nostro sguardo che definisce il luogo. Diciamo per semplificare che il bistrot è un piccolo caffè in cui si può anche mangiare alla buona. Il termine bistrot è stato adottato  a Parigi agli inizi dell’800 e si è poi diffuso in tutta la Francia, perciò i bistrot parigini sono, si può dire, d’origine controllata. Per quanto riguarda la seconda domanda a cui vuole rispondere Marc Augé, quella sul perché sono così attraenti, non è facile spiegare un’atmosfera se non si è poeti o romanzieri e anche l’antropologo stenta a dare la sua: l’indefinibile sta nel cuore del soggetto. Il tema potrebbe essere interessante se dall’elogio uscisse una critica costruttiva del presente, ma l’autore non ci sta. L’amore per qualcuno, così come l’amore per qualcosa, è indefinibile e spesso le storie degli amori altrui annoiano, così anche in questo libriccino il lettore si deve accontentare del personalissimo elogio di Augé, mentre si aspetterebbe forse un’analisi della socialità umana contemporanea e qualche spiegazione sul rapporto fra il piacere, la gratuità, il servizio e il mercato. url

Chi meglio di tutti invece ha reso l’atmosfera di un bistrot è George Simenon, universalmente riconosciuto come l’autore più attrezzato per far scivolare  il lettore direttamente davanti al bancone di nichel del bistrot di turno, in compagnia del commissario Maigret per bere con lui una birra, un bianchino, un calvados, o un pernod e perché no un armagnac! A Maigret piacciono i bistrot, così come i bar, i caffè, i ristoranti e c’è addirittura chi è riuscito a fare una classifica delle sue preferenze. Prima i bar, seguono i bistrot e i ristoranti, poi ci sono i caffè, per finire con le brasserie. Va notato che le denominazioni sono intercambiabili e Georges Simenon  parla dello stesso luogo  a volte come di un bistrot altre come di un bar o di un caffè. Questa ambiguità si ritrova persino sulla copertina del libro di Marc Augé dove l’elogio dei bistrot è fatto con la fotografia di un caffè!

L’atmosfera dei bistrot del commissario Maigret è un viaggio nel passato, dagli anni trenta agli anni settanta. Qui l’uomo comune trovava una sorta di rifugio dove fare una brevetregua nella battaglia della vita quotidiana piena di preoccupazioni: lavoro, famiglia, amore, salute.

La parola “breve” è la chiave di lettura del cambiamento intercorso da quegli anni ad oggi. Se negli anni sessanta in pieno boom economico la sosta era breve, negli anni dieci del nostro secolo le soste si allungano sempre più. La ragione me l’ha spiegata con un raccontino un’amica che nei bistrot parigini ci vive.

A Parigi gli appartamenti sono minuscoli, per darvi un’idea,33 metri quadri in due è già un lusso che si paga carissimo: niente di strano allora se si deve passare la maggior parte del tempo fuori, soprattutto se c’è da studiare, leggere e  scrivere. E la scrivania, che serve anche per mangiare, è una sola. E il tuo coinquilino dorme sul divano-letto. Computer nello zaino e un paio di euro ti permettono di stazionare al caldo in un bar (relativamente alla quantità di persone che lo scaldano col fiato: ebbene sì, accendere il riscaldamento negli esercizi aperti al pubblico a Parigi è un’optional). E ti chiedi: vado nel bistrot che dista mezz’ora, pieno di gente, ma dove il caffè costa solo un euro e venti? Ah! ma la connessione spesso salta … Oppure arrivo fino al Beaubourg e mi caccio in uno Starbuck’s dove posso piantare le tende per tutto il pomeriggio, pigliando tre frittelle? Però quella caffetteria di solito trabocca di studenti … e di fronte ai loro lavori di gruppo anche i tappi di cera non servono a niente. Allora alla fine vai quasi sempre a finire nel bar vicino a casa: Il Magnifico Bar che hai scoperto qualche anno prima e a cui sei affezionata. Il Magnifico Bar è su due piani, tranquillo e antico: il Magnifico Bar è in realtà un bistrot, ma visto che tu non puoi permetterti di mangiarci, cerchi di non pensarci e ci riesci fino a quando la cameriera non esce dalla cucina del primo piano con dei succulenti piatti della cucina tradizionale francese che ti risvegliano l’appetito. Pazienza! E pensi che una volta a quel primo piano tu ci studiavi indisturbata, con una manciata d’altre persone che avevano, come te, dei computer o dei libri. Ci avevi pure intervistato degli scrittori, lassù. Invece da un annetto ti dicono che il primo piano, seppur da sempre semi deserto, è riservato. Ma da chi? Da famiglie numerose, rispondono. Poi la strategia cambia. Il primo piano è chiuso ai clienti. E allora chi diavolo sono le persone che ne scendono infilandosi la giacca? Hai smesso di chiedertelo. Come di protestare per il prezzo di un caffè macchiato: due euro e cinquanta. Ma tutto ciò non basta a farti passare la voglia di studiare al Magnifico Bar. E diciamola tutta, sei anche un po’ romantica e siccome è lì che hai scritto le parti fondamentali del tuo romanzo sei segretamente pronta a grandi sacrifici e a subire parecchio sarcasmo pur di continuare a considerarlo il “tuo bar”: anche quello di sentirti dire dai camerieri, con tono beffardo e altezzoso “Immagino che lei ordinerà il solito caffè …”, tanto che a volte hai pure preso un tè a quattro euro e cinquanta per sentirti legittimata a frequentarlo. 2febbd378519bbc614ada4a47c909f2d

Questo fino alla settimana scorsa, quando mi sono seduta e la cameriera mi ha consegnato il seguente foglietto plastificato:“Avviso agli utilizzatori di computer. Lo stabilimento tiene graziosamente a vostra disposizione wifi e prese della corrente. Le consumazioni dovranno essere rinnovate tutte le ore. In caso contrario sarà applicato un forfait di 2.50 euro all’ora …”. Guardando l’orologio capisco in un lampo che ho solo un’ora di lavoro prima d’essere costretta ad andarmene. Tra l’altro per sempre. Vado dalla cameriera e chiedo a partire da che ora, esattamente, dovrei sloggiare. Imbarazzata, la ragazza mi dice che non mi stanno sbattendo fuori, ma semplicemente invitando a consumare di più. Ribadisco il mio sentimento di sconcerto. E lei mi risponde che mi capisce benissimo, ma anche il padrone del bar ha le sue ragioni e aggiunge: “Lo facciamo perché avevamo clienti che salivano al primo piano e occupavano un tavolo per sei ore prendendo solo un caffè. Per sorvegliarli meglio li abbiamo invitati a restare a piano terra, ma il loro comportamento non cambiava. Allora siamo stati costretti a fare così’”. Dopo aver pagato mi tolgo la soddisfazione di dirle, con un sorriso amaro: “Io ero una di quelle persone che restavano lassù delle ore bevendo un caffè. Au revoir!”. Ultimo tour di politesse dato che non credo ci rivedremo presto. Addio Magnifico Bar, di splendido rimane solo il ricordo di quando ti ho scoperto, quattro anni fa, e ancora non ti prendevi per un internet caffè!

Con questa storiella vera vorrei proprio sfatare il mito dei bistrot di Marc Augé. Il suo libro, edito da Raffaello Cortina, costa la bellezza di 15 euro, l’equivalente di 6 ore al Magnifico Bar, ormai non solo la nostalgia non è più quella di un tempo, ma nemmeno i bistrot!

 

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