Non c’è un Pd locale buono e uno nazionale cattivo. Ferrero e Civati rilanciano per una lista a Milano, senza il Pd, senza la retorica dei sindaci arancioni buoni
di Giulio AF Buratti
Non c’è un Pd locale buono e uno nazionale cattivo. Meno che mai a Milano. «La primavera prossima si andrà al voto in molte importanti città. Occasione imperdibile per la costruzione di un’alternativa politica, morale e sociale al governo del Partito Nazione: anche a Milano». Comincia così una lettera aperta scritta da Pippo Civati e Paolo Ferrero che prova a mettere i piedi nel piatto delle imminenti comunali milanesi dopo l’offensiva di quel pezzo di Sel che vorrebbe rilanciare la stagione dei sindaci arancioni, non tanto per rivendicare le conquiste di quelle giunte (sarebbe narrazione più che cronaca), quanto in chiave di patto repubblicano, di salvezza nazionale, contro la montante barbarie di Salvini, il Le Pen di casa nostra.
«Chi parla di “eccezioni locali” sta sbagliando – scrivono il leader di Possibile e quello di Rifondazione – non esistono un Pd nazionale “cattivo” e un Pd locale “buono” con cui invece si possono stringere alleanze. Si tratta ovunque dello stesso Pd e delle stesse politiche. Precarietà, nuove povertà, marginalità sociale, dramma abitativo: gli effetti di Jobs act, “buona” scuola, finanza fantasiosa (dopo quella creativa di Tremonti) si manifestano dolorosamente e con chiarezza proprio a livello locale, ed è con l’impatto delle politiche nazionali che i nuovi sindaci si troveranno a fare i conti.
A Milano si avvia alla conclusione la stagione della giunta arancione. L’”anomalia” sta per essere normalizzata. Gli ultimi mesi di giunta Pisapia costituiscono con ogni evidenza l’antipasto di questa normalizzazione, dalle primarie “di coalizione” che sono una faccenda tutta interna al Pd, alla recente vicenda degli scali ferroviari, che smonta definitivamente la retorica della partecipazione: una gestione dirigista che non garantisce nemmeno il coinvolgimento del Consiglio Comunale e l’ordinario esercizio di democrazia.
Da sempre Milano è il laboratorio politico del Paese. Qui sono cominciati molti processi di valenza generale, nel bene e nel male. Ed è da Milano che si può partire per costruire una solida alternativa al Partito Nazione. Per una città più moderna e più giusta.
La partecipatissima assemblea di martedi 15 alla Camera del Lavoro di Milano ha manifestato una forte domanda in questa direzione. Si tratta di costruire risposte autenticamente partecipate, a cominciare da un’attenta analisi – luci e ombre – degli ultimi 5 anni di giunta, mettendo in rete realtà che non si parlano o hanno smesso di parlarsi e superando la certezza di essere sufficienti a noi stessi.
Nuovi legami solidificati da un programma di governo fatto di proposte e soluzioni in grado di parlare a tutta la Milano possibile, con una coalizione ampia e plurale, dalle forze di sinistra, ambientaliste, laiche, libertarie e riformiste al civismo democratico e dei beni comuni.
La politica già vivente delle moltissime associazioni, dei comitati, delle buone pratiche nate spontaneamente dalle donne e dagli uomini che vivono quotidianamente la città, deve aspirare a diventare programma di governo alternativo a quello del partito Expo, versione milanese e smart del partito Nazione.
Contro la logica illusoria dell’uomo solo al comando o degli scioglimenti palingenetici, questo nuovo inizio non può che assumere la forma del dialogo e della coalizione tra soggetti che, pur nelle loro differenze, sappiano lavorare insieme per favorire la costruzione di un processo unitario, offrendosi come facilitatori e catalizzatori e non come titolari della proposta: la sinistra è fuori di se!
E’ il tempo giusto per restituire vero protagonismo politico a quel grande e composito movimento – dai referendum sulla cosa pubblica, sull’acqua, sul nucleare e su problematiche cittadine, al movimento delle donne, i militanti per i diritti civili, le associazioni ambientaliste, le lotte del e per il lavoro, per l’abitare, per gli spazi sociali, per una scuola davvero buona, per i diritti di cittadinanza dei migranti- che con un vero e proprio moto “di liberazione” nel 2011 diede avvio all’alternativa milanese, e che non ha mai smesso di esistere nonostante la progressiva disillusione, dal restringimento degli spazi di partecipazione all’irruzione normalizzatrice del Pd renziano.
Quegli umori, quei desideri, quelle aspirazioni politiche restano vive, e attendono di prendere corpo in una proposta di governo davvero nuova, inclusiva e più giusta.
Questo è quello di cui abbiamo bisogno, e questo quello che dobbiamo realizzare. Tutte e tutti insieme».
Mai stato a Milano.
nunzie’, però ci dovresti anna’, ogni tanto. ‘na gitarella, così, per non abbrutirti davanti al computer