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Spagna: urne chiuse, la Troika si aspetta altri tagli

Spagna, le elezioni viste da sinistra: cresce Podemos ma il Psoe non crolla, non è una buona notizia. Izquierda Unida ce la fa per un soffio. Ma la Troika pretende altri tagli. La lotta continua

di Checchino Antonini

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«Il rifiuto della politica di tagli e di attacchi ai lavoratori iniziato il 15 maggio [2011: il cosiddetto movimento degli Indignados] oggi si è espresso anche nelle urne», commenta a caldo Anticapitalistas, la componente di Podemos legata alle esperienze del marxismo rivoluzionario, per la quale il voto del 20 dicembre rappresenta «un’altra dimostrazione del fatto che molta gente non si rassegna e che c’è un’ampia base sociale per poter continuare a lavorare per un radicale cambiamento politico e sociale, che la faccia finita con gli sfratti, gli abusi delle banche, lo sfruttamento e la precarizzazione del lavoro, le violenze maschiliste, gli ostacoli alla libera autodeterminazione dei popoli, l’ecocidio…». Il Partido Popular, partito degli scandali e dell’austerità, resta il primo partito in voti ma con una grande perdita di seggi, il 16% in soli quattro anni. Con quasi il 29% (123 seggi, meno 65 e lontanissimo dai 176 per governare), il partito del premier Rajoy avrà il compito arduo di formare un nuovo esecutivo e di cercare le alleanze per farlo funzionare. Il Psoe si attesta al 22% (90 seggi) tallonato dallo straordinario risultato di Podemos, oltre il 20% (69 seggi compresi quelli derivati dalle alleanze locali). Ciudadanos, liberale, centrista, fortemente antipolitico nei toni – che solo due settimane era terzo nei sondaggi, a soffiare sul collo dei socialisti – chiude solo quarto, sotto il 14% con 40 seggi. Izquierda Unida paga lo scotto della chiusura di Podemos a ogni alleanza e dimezza i suoi consensi (3,67%, 2 seggi al posto degli 11 che aveva).

«È evidente che c’è una maggioranza sociale che lo rigetta, che non vuole che il partito di Bárcenas e Gürtel [due dei principali scandali in cui il PP è stato coinvolto] continui a governare. La corruzione e l’azione governativa a favore dei ricchi e contro la classe lavoratrice si paga. E questa è una buona notizia: dietro il cambiamento politico, dietro la nuova suddivisione del potere parlamentare, c’è una forte contestazione sociale», prosegue Anticapitalista, pur ammettendo che il Psoe «non sprofonda, e questa non è una buona notizia. Diminuisce in voti e seggi, ma la sua resistenza segnala anche i limiti del processo di cambiamento: senza mobilitazione è difficile continuare a erodere il PSOE. La sfida che dobbiamo affrontare è che la necessità di battere il PP non si traduca nella legittimazione del PSOE, una “sinistra” che persegue politiche neoliberali, che ha sempre governato a favore delle élites.

Il fenomeno Ciudadanos si è rivelato inferiore al previsto. Il suo quarto posto significa che la gente preferisce l’originale alla copia e che il centro, in un quadro di polarizzazione politica, ha serie difficoltà a espandersi. Il suo programma, un prodotto della FAES [Fundación para el Análisis y los Estudios Sociales, del PP, presieduta da Aznar] e dei laboratori neoliberali, non gli ha permesso di trasformarsi nell’alternativa al bipartitismo».

I riferimenti elettorali di Anticapitalistas, Podemos e le sue confluenze (En Marea, En Comú Podem, Compromis-Podem) si collocano al terzo posto, con un’importante numero di voti, raccogliendo il patrimonio accumulato dal 15 maggio e dal precedente ciclo di lotte, e dall’avversione sociale alla politica di austerità ai partiti della sinistra tradizionale. «E va sottolineato che in Catalogna una schiacciante maggioranza dell’elettorato si è detta a favore del “diritto di decidere” [sull’indipendenza o meno]. Abbiamo dunque più di un motivo per festeggiare il risultato, ma è anche importante che a partire da ora guardiamo al domani, al di là del probabile balletto di patti e alleanze. La Troika ha chiesto che ci siano più tagli – chiunque sia al governo -, gli sfratti proseguono e il capitale mantiene intatto il suo potere: questa è la lotta che ci aspetta e per sostenerla dobbiamo rafforzarci alla base (con altri compagni e compagne, come quelli di Izquierda Unida-Unidad Popular). Le urne sono state chiuse, la lotta di classe continua. L’instabilità istituzionale prodotta dalle elezioni apre nuove possibilità. Anche per tutti quelli di noi che hanno scommesso sul fatto che il cambiamento politico non si limiti a una nuova transizione ma si traduca in una rivoluzione democratica che renda possibile la libera decisione dei popoli e la partecipazione dei cittadini a tutte le decisioni: ciò che richiede di mettersi al lavoro per iniziare nuovi processi costituenti. Una rivoluzione democratica che metta in discussione l’attuale suddivisione della ricchezza, i rapporti economici e di proprietà, che assicuri la titolarità e il controllo pubblico democratico delle fonti di energia e della finanza. Una rivoluzione democratica che aspiri a costruire una società libera dall’oppressione e dallo sfruttamento. Festeggiamo la vittoria elettorale preparandoci a continuare a lottare per la “ruptura”. Continuamos el combate».

Da parte sua, Iu si affida ai tweet del suo giovanissimo leader, Alberto Garzon: «Grazie a tutti coloro che hanno sostenuto questo progetto di Unità Popolare! Continueremo a lottare per un nuovo paese 🙂 non falliremo», scriveva in serata il giovane avvocato e membro di Attac oltre che del Pce, il partito attorno al quale è nata la coalizione di Izquierda Unida. Poco dopo è costretto ad ammettere che «Non abbiamo realizzato due obiettivi: avere un gruppo parlamentare e sconfiggere il bipartitismo. Ma sempre guardiamo al futuro con speranza!». «E’ stata una bella campagna, da cui abbiamo imparato molto. E sono convinto che è il germe di una cosa buona per il futuro». Poi Garzòn si congratula con «i compagni di Galizia e Catalogna che hanno dimostrato che l’unità è il modo di sconfiggere bipartitismo». In Galizia, infatti, la lista unitaria En Marea-Podemos è arrivata seconda conseguendo un 25,04% mentre in Catalogna, addirittura è al primo posto con EN COMÚ PODEM (Insieme possiamo) con il 24,74%. Ancora si ammette, nei tweet di Iu che c’è da ripensare la sinistra partendo comunque da un milione di voti e dalla presenza nel Congreso. «Stiamo nelle istituzioni ma proseguiremo nelle strade perché è là che si conquistano i diritti». Se questa unità si realizzava in tutto il paese oggi il numero dei seggi in parlamento sarebbe assai maggiore. La proposta unitaria di Garzon e IU era stata respinta da Iglesias. La somma totale di Podemos e Izquierda Unida supera di più di 100.000 voti i “socialisti”. 

Due libri, entrambi pubblicati dalle edizioni Alegre, possono essere utili per comprendere il fenomeno Podemos, balzato in meno di due anni al 20% dei consensi. In Italia i suoi militanti sono etichettati superficialmente come “grillini spagnoli”. Ma se le somiglianze con il movimento di Grillo sono innegabili le differenze sono di più. Podemos nasce dalla rivolta contro la “casta”, ma soprattutto dall’onda lunga del movimento degli indignados. Il suo gruppo dirigente proviene per formazione e cultura dal variegato mondo della sinistra radicale, e in Europa ha deciso di stare con il gruppo di Alexis Tsipras, di cui condividono il programma anti-austerity.

Democrazia anno zero” è il libro più importante del leader di Podemos Pablo Iglesias. Iniziato a scrivere prima della nascita di Podemos e concluso dopo il successo delle elezioni europee, è il testo in cui definisce le analisi, le argomentazioni e le tecniche di combattimento che spiegano il successo del suo movimento politico. Il libro “Podemos. La sinistra spagnola oltre la sinistra” di Matteo Pucciarelli e Giacomo Russo Spena è invece l’unico reportage italiano che ripercorre la nascita, la storia, i dibbattiti interni di un fenomeno politico che tiene insieme Antonio Gramsci e il teorico populista Ernesto Laclau. «Di “unire la sinistra” non me ne importa nulla», ripete spesso il leader del movimento, «noi siamo per l’unità popolare». Di fronte alla sconfitta storica della sinistra, preferiscono ripartire da zero. Insegnamento che sembra proprio non essere recepito da quel che resta della sinistra radicale italiana.

 

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