Polonia. Dopo il boicottaggio del quotidiano laico Gazeta Wyborcz, ora il governo vuole il controllo della tv pubblica per reprimere il dibattito e ogni tipo di dissenso
di Giampaolo Martinotti
Era il 25 ottobre scorso quando Jarosław Kaczyński, segretario del partito Diritto e Giustizia (PiS), veniva immortalato al fianco della candidata premier Beata Szydło durante i festeggiamenti per i risultati delle elezioni legislative in Polonia. A poco più di due mesi dalla svolta a destra del paese, i primi frutti acerbi della semina elettorale vengono raccolti dai giornalisti, attaccati da un parlamento che il 31 dicembre ha votato un inquietante provvedimento di riforma dei mezzi d’informazione.
Seguendo quello che viene definito il ‘modello Orbán’, la legge sancisce che, in breve, il ministero del Tesoro può decidere direttamente le nomine dei vertici della tv di stato (Tvp), sottoponendo pertanto le emittenti nazionali a un controllo governativo che ha il sapore di un vero e proprio assalto alla libertà di espressione. La risposta dei direttori dei canali pubblici non si è fatta attendere e le dimissioni rassegnate in segno di protesta rappresentano una prima forma di resistenza contro la violenta censura che il partito di Kaczyński è intenzionato a perpetrare nei confronti dei giornalisti non allineati.
Intanto la Commissione europea, dopo aver intimato di bloccare la riforma della corte costituzionale a fine dicembre, ha comunicato al governo polacco le sue perplessità all’interno di una lettera firmata dal primo vicepresidente Frans Timmermans: “La libertà e il pluralismo dei media sono essenziali per una società pluralista in uno stato membro rispettoso dei valori comuni sui quali si fonda l’Unione”. Parole condivisibili, se non fosse che a tale proposito sarebbe forse opportuno ricordare ai tecnocrati di Bruxelles alcune delle cause principali dell’ascesa dei nazionalisti di PiS in Polonia, come dell’estrema destra in tutta Europa.
Le dinamiche che hanno sospinto gli elettori polacchi tra le braccia di Kaczyński sono incise ormai sulle pagine di uno spaventoso copione che continua a ripetersi nei vari ‘paesi membri’. Mentre proprio l’Unione europea sembra aver perso la memoria nei riguardi dei suoi ‘valori comuni’. Le scellerate politiche di austerità, imposte dal fanatismo dei neoliberisti ai popoli europei, hanno degradato le condizioni di vita a un livello (culturale, umano e materiale) talmente miserabile da rendere una parte importante dei cittadini facile preda della più banale retorica euroscettica e xenofoba. Il risultato ci arriva oggi dalla Polonia: un autoritarismo autistico deltutto familiare alla Commissione europea.