Basta stragi! Presidio a Roma. Appuntamento sabato 9 gennaio ore 15 nella piazza del Colosseo. Contro i massacri e le violazioni dei diritti umani da parte del regime di Erdoğan
di Giampaolo Martinotti
Un rapporto pubblicato a novembre dalla Commissione Europea parlava di “progressi notevoli” della Turchia nella tutela dei diritti umani e delle libertà fondamentali. La situazione odierna però non lascia alcun dubbio. Sotto gli occhi indifferenti dell’Europa “fortezza”, il conflitto nel sud est del “paese sicuro” è assolutamente degenerato. Lautamente finanziato per “contenere” migliaia di migranti in prigioni a cielo aperto, il governo turco continua a rinvigorire giorno dopo giorno la sua ignobile guerra contro i curdi.
Alle ultime vittime del brutale e sistematico massacro si sono aggiunte Sêvê Demir, Pakize Nayır e Fatma Uyar, tre donne uccise lunedì nel distretto di Silopi per la loro attività in favore della pace e dei diritti del popolo curdo. In un Kurdistan turco in stato d’assedio, con città assoggettate ad un violento coprifuoco, la loro morte rappresenta la regola e non l’eccezione. Le operazioni “antiterrorismo” dell’esercito turco, che si susseguono ormai da mesi, comprendono arresti e sospensioni dei co-sindaci curdi, bambini sepolti dalle macerie delle bombe, giovani uccisi impunemente dalla polizia, civili sotto il tiro dei cecchini, reclusioni arbitrarie e uccisioni da parte delle “forze di sicurezza” turche nei confronti di chi manifesta pacificamente per la democrazia. Per non parlare dell’offensiva militare diretta al PKK, il Partito dei Lavoratori del Kurdistan, e delle Unità di protezione popolare maschili (Ypg) e femminili (Ypj), prese di mira da Erdoğan anche perché impegnate nell’estenuante lotta ai jihadisti di Daesh.
Dal luglio 2015 si contano più di 200 vittime civili, tra le quali figurano molte donne e bambini, mentre il numero dei profughi si aggira intorno alle 200.000 persone. Un fiume di sangue che continua a scorrere e nel quale i burocrati europei sembrano lavarsi le mani dall’ipocrisia che gli permette di restare in silenzio seppure a conoscenza della barbarie del governo turco. Le esecuzioni sommarie e l’impunità accordata ai soldati turchi e al regime di Erdoğan rappresentano una sconvolgente vergogna per l’Italia e per l’Ue. Per essere fermata questa vera e propria catastrofe umanitaria necessita di un immediato impegno da parte di tutti, governi, organizzazioni internazionali, mass media, associazioni. Al momento Noam Chomsky, tra gli altri, sta promuovendo un appello internazionale per fermare la repressione e la violenza.
Scendere in piazza al fianco della Rete Kurdistan e del Centro socio-culturale curdo Ararat è un modo concreto per inviare un forte segnale di solidarietà internazionalista al popolo curdo. L’appuntamento di Roma peraltro si svolgerà proprio nell’anniversario dalla scomparsa di altre tre attiviste curde per la libertà e per i diritti delle donne, Sakine Cansız, Fidan Doğan e Leyla Şaylemez, assassinate a Parigi nel 2013. Dobbiamo rompere un brutale silenzio che non può trovarci indifferenti, o altrimenti coinvolti.