Il cambio della guardia alla guida della Stampa sembra annunciare anche un filone di articoli allarmistici dal retrogusto islamofobo. Ma gli altri giornali non sono da meno
di Antonio Moscato*
Un pessimo segnale per il nuovo anno
“La Stampa” ha cambiato direttore. Non mi era mai piaciuta molto l’accoppiata tra Mario Calabresi e il dolciastro vice direttore Massimo Gramellini, ma non immaginavo di doverli rimpiangere così rapidamente. Il nuovo direttore, Maurizio Molinari, che già “copriva” ogni pagina dedicata a qualsiasi atto di terrorismo in qualsiasi parte del mondo dal suo osservatorio privilegiato di Gerusalemme, probabilmente grazie alle preziose informazioni fornitegli in esclusiva dal Shin Bet, ha esordito commissionando una raffica di servizi allarmistici.
Il 2 gennaio, titolone su tutta la prima pagina: “Jihad, la mappa degli espulsi porta in Albania e nei Balcani”, accompagnato da un articolo “Gli incroci del terrore che verrà”. Alla pagina seguente si insiste: “Dopo la Libia, il pericolo Balcani. Per l’Italia si apre un nuovo fronte”, mentre a p.3 si completa il quadro: “Propaganda e reclutamenti. Albania crocevia dei jihadisti”.
Il giorno successivo, domenica 3, continua la campagna. In prima pagina spicca sempre “La via dei Balcani, sulle tracce dei combattenti” e “Fra i predicatori albanesi: infedeli vi uccideremo”. E richiamo a un’intervista ad Alfano, che afferma “Pugno duro coi fanatici, un dubbio e li cacciamo”. In terza pagina in una lunga intervista il ministro dell’Interno chiarisce: “Preferisco un’espulsione rude a un fanatico in città”. Un presunto “reportage” dall’Albania attribuisce nel titolo cubitale a “L’imam albanese che recluta per l’Isis” questa frase tra virgolette: «Il Corano condanna i non credenti», frase che invano si cerca nell’articolo, che non trova un solo combattente, ed è costruito in gran parte sull’incontro con l’imam del villaggio di Cerrik nella municipalità di Elbasan. L’imam fa di mestiere il meccanico, e afferma esattamente il contrario di quanto detto nel titolone: “L’Islam è pace e amore” dice, e aggiunge che casomai è nei confronti dell’Islam che c’è un’aggressione mediatica di giornalisti e politici “che vogliono mettere le persone una contro l’altra. Creano odio”. E ha un sospetto che gli ispira la domanda “Qual è il tuo giornale?”. Più che un terrorista, mi sembra una vittima del terrorismo mediatico.
Il terzo giorno in prima pagina interviene il nuovo direttore, che lascia per un momento da parte i Balcani per affrontare il cosiddetto “conflitto Iran-Arabia Saudita”, sotto il titolo “Una scintilla nello scontro tra tribù”, che anticipa la liquidazione del crimine saudita (che ha decapitato 47 suoi cittadini) come una semplice manifestazione di un conflitto che ha come posta in gioco “la guida dell’Islam”, e in cui le due parti sono sullo stesso piano e usano entrambe un linguaggio che “evoca gli scontri tribali”, in perfetta continuità con la “disputa sulla successione a Maometto”. Molinari pende dalla parte del regno feudale, anche contro gli Stati Uniti, colpevoli di debolezza nei confronti dell’Iran, e si compiace soprattutto perché si è schierato con l’Arabia Saudita lo stesso presidente turco Erdogan, che afferma “in questo momento abbiamo bisogno anche di Israele”. Allora per Molinari è ovviamente al di sopra di ogni sospetto…
Il tema principale (il pericolo dell’invasione di militanti islamici dai Balcani) è per il momento relegato nelle pagine interne, ma non abbandonato: ad esempio si scrive: “L’allarme dell’intelligence. Il «buco nero» del Kosovo, crocevia di armi e combattenti”.
Naturalmente si continua a insistere sul pericolo delle infiltrazioni di terroristi, magari per altre vie: “Gli aeroporti minori sono la nuova rotta dei flussi illegali”. Contenuti fattuali, zero. Al massimo la scoperta a Genova di due passeggeri con documenti falsi l’ultimo dell’anno, e due in novembre a Orio al Serio e Ciampino. Una vera invasione! Nessuna prova contro di loro, che comunque rappresentano casi individuali in aeroporti con cinque milioni di passeggeri all’anno (Ciampino) e nove milioni e mezzo (Orio). Ai due scoperti a Genova, sono dedicate quasi due pagine! Tutto va bene per coltivare lo scontro di civiltà… Bel giornalismo!
Se continua così, “La Stampa” diventa davvero illeggibile, tanto più che una simile linea metterà in difficoltà giornalisti come Domenico Quirico che avevano mantenuto un equilibrio notevole anche dopo le dure prove a cui era stato sottoposto. Purtroppo, quello del quotidiano torinese non è un caso isolato. E questo cambio di direzione è comunque un altro sintomo che di questi tempi aumentano le velleità di partecipare a nuove imprese imperialiste oltremare.
Autocritica: non era solo “la Stampa”…
Mi è stato fatto osservare che la mia denuncia del taglio impresso alla Stampa dal nuovo direttore Maurizio Molinari finiva per “assolvere” la maggior parte degli altri quotidiani, che avevano affrontato le stesse tematiche più o meno nello stesso modo e con la stessa lontananza dei titoli dal contenuto degli articoli, che caratterizza da sempre ogni campagna di intossicazione dell’opinione pubblica. Come è noto la maggior parte della gente si orienta sui titoli e ignora le ricostruzioni dei fatti. È vero, ero stato impressionato dal salto di qualità del quotidiano torinese e avevo ignorato che la campagna era più o meno di tutti.
Ho apprezzato a questo proposito la denuncia fatta su East Journal in un articolo apparso ieri a proposito “di jihadismo balcanico e altre sciocchezze. Una risposta ai giornali italiani”, che ampliava la rassegna degli orrori mediatici: http://www.eastjournal.net/archives/68961
Oggi il mio articolo (Un pessimo segnale per il nuovo anno ) sembra essere smentito dalla stessa “Stampa”, che apparentemente corregge la scarsa attenzione dei giorni scorsi alla dinamica dello scontro tra Iran e Arabia Saudita, segnalando per giunta la reticenza dell’ONU. Ma come lo fa? I fatti (l’ONU che tace sull’innesco rappresentato dalle 47 decapitazioni e crocifissioni saudite e condanna solo la prevedibile reazione di attacco all’ambasciata) vengono presentati in un articoletto dal titolo ambiguo e marginalissimo (su una sola colonna!): “L’ONU condanna (di più) l’assalto all’ambasciata”. In realtà, lo stesso articolino ammette che quel “di più” è una frottola. Nel documento, ennesima prova della viltà dell’ONU, “non viene menzionato il casus belli, ovvero l’esecuzione di un leader sciita e di altre 46 persone in Arabia Saudita”, e neppure si cita l’interruzione dei rapporti diplomatici da parte di Riad. Ancora una volta la sfasatura tra testo e titolo conferma che la volontà di mistificare non può essere attribuita al singolo giornalista, ma alla scelta del direttore e dei capiredattori di continuare la campagna infischiandosi dei fatti.
Tutti i quotidiani ripetono poi le stesse idiozie sui presunti terroristi, definiti tali perché scoperti mentre tentavano di passare il confine con documenti palesemente contraffatti. Come si fa a non capire che se una organizzazione presentata come una specie di Spectre onnipotente deve inviare un suo uomo in un altro paese non usa barconi fatiscenti destinati al naufragio, o documenti comprati a caso su una bancarella di un mercato a Istambul. Come non capire che se una coppia di arabi o iraniani usa documenti del Belgio senza sapere una parola di francese o di fiammingo vuol dire che ha trovato solo quelli e non aveva mezzi e contatti per procurarsene di più credibili?
Sono già bollati come terroristi, ma ancora non si sa se con certezza di che paese sono, perché la potente intelligence italiana usa come interprete il primo mediorientale che scova in galera e non sa se conosce l’arabo o il curdo o l’urdu o un’altra lingua… E non è la prima volta che succede!
E a proposito di barconi, ogni volta che si è trovato un documento palesemente falso e artigianalmente contraffatto che doveva servire a un poveraccio per beneficiare dell’accesso facilitato riservato ai cittadini siriani, legioni di pennivendoli hanno rilanciato l’insinuazione sul “pericolo di invasione di terroristi con i gommoni”.
Sorvolando sul fatto che spesso i famosi gommoni sono in condizioni tali da sgonfiarsi nelle poche miglia che separano la Turchia dalle isole greche del Dodecanneso, e sono riforniti dai cinici “tour operator della morte” di salvagente taroccati, riempiti di spugne che si riempiono subito d’acqua e non dei più costosi materiali galleggianti e impermeabili. Su un’isola greca i soccorritori hanno tracciato il simbolo della pace su una collina usando migliaia di giubbotti salvagente. Di questi più del 90% sono risultati fasulli. A dimostrazione che la truffa ai morituri non è l’iniziativa di un singolo mariuolo ma di una vera industria capitalista che produce e smercia su larga scala.
E sempre a proposito di barconi, vogliamo smettere di fingere commozione a ogni strage di bambini, falsa come le lacrime a comando di Obama che i nostri commentatori televisivi sottolineano con emozione a comando ogni volta che sgorgano? Se ci si commovesse veramente basterebbe fare una campagna in tutta Europa che spieghi alle vittime delle campagne di intossicazione xenofoba che accogliere un milione di rifugiati sarebbe facilmente assorbibile in un’Europa che ha cinquecento milioni di abitanti, e che in gran parte dei paesi ha una dinamica demografica negativa. Bisognerebbe creare prima di tutto dignitosi centri di accoglienza in varie zone sulle sponde del Mediterraneo, per selezionare ed escludere eventuali malintenzionati (più facili da individuare se lo fanno persone provenienti dalle stesse aree di fuga), e poi trasbordare in Europa chi ha diritto ad essere accolto con normali traghetti di linea.
Oltre a tutto costerebbe molto meno delle grandi flotte mobilitate attualmente per il tardivo salvataggio dei sopravvissuti, e spazzerebbe via rapidamente le mafie e le rispettabili imprese che forniscono a prezzi esorbitanti gommoni e salvagenti taroccati.
Invece si delega all’assassino e spergiuro Erdogan il compito della selezione (leggi: del blocco) dei fuggitivi, come in passato era stato affidato a caro prezzo a Gheddafi. All’Arabia Saudita no, perché neanche uno dei disperati in fuga dalla Siria o dall’Afghanistan ha mai pensato di dirigersi in quel paese governato da anacronistici criminali, che invece è nostro socio prediletto in affari e soprattutto ottimo acquirente di armi.
Nuovo argomento prediletto oggi dai “fabbricanti di terrore” dei quotidiani europei è lo stupro di Colonia. Non penso minimamente a negare la sua esistenza, o a minimizzarne la gravità, ma credo si debba notare qualcosa su come è stato gestito. Inizialmente era un episodio che alla polizia di Colonia sembrava di consueta ubriachezza da tollerare specie alla fine dell’anno, tanto è vero che non è intervenuta minimamente, e a tutt’oggi ha effettuato solo cinque fermi (ma “non si sa neanche se si tratti di persone collegate alle aggressioni”, ammette oggi Tonia Mastrobuoni su “la Stampa”). L’episodio ha cominciato ad essere denunciato solo 4 o 5 giorni dopo, una volta che è stato preso in mano dai “barbari teutonici” ossessionati dalla purezza della loro razza e preoccupati dalla pur modesta politica di accoglienza della Merkel. I “barbari” sono non solo i neonazisti ma anche gli alleati della CSU bavarese, dimentichi di quanti ubriachi infestino la loro Oktober Fest. Ma quei barbari hanno trovato subito compiaciuti ascoltatori, in ogni paese europeo, compreso il nostro: così gli ubriachi sono diventati tutti arabi o mediorientali (non possono dire “islamici”, con loro dispiacere, dato che l’Islam in tutte le sue varianti condanna unanimemente l’uso dell’alcool), e da uno stupro denunciato si è cominciato “subito” (cioè 5 giorni dopo e a centinaia di chilometri di distanza) a parlare di 60 o 90 vittime, e a denunciarlo su base etnica.
Non intendo minimizzare i fatti, ripeto, ma rilevare il loro uso strumentale: ad esempio “il Messaggero” oggi dedica due pagine intere (oltre al richiamo in prima pagina) al tema, e uno dei titoli principali è: “Germania choc. 90 donne abusate a Capodanno. «Erano immigrati»”, ma dai testi delle tre giornaliste emerge che solo una donna “sarebbe stata stuprata” mentre “sono almeno nove i casi [di furto e molestie] su cui indaga la polizia”. Lecito il dubbio sui due pesi e due misure usati: c’è stata la consueta minimizzazione fino al momento in cui la possibilità di usare l’episodio per la campagna antiimmigrati ha cominciato a far lievitare il caso.
Intanto in questo clima si moltiplicano nuove barriere e muri nei Balcani, e pesanti controlli che provocano attese di ore e ore ai consueti spostamenti, dal ponte di Øresund tra Danimarca e Svezia ai trafori del Monte Bianco e del Frejus tra Italia e Francia. Povera Europa, in che mani sta la difesa della tua civiltà!
Non dimentichiamo che il progetto di Europa sembrava potesse realizzarsi in poco tempo già nel 1929, ed è stato invece spazzato via in pochi mesi dalle misure difensive egoistiche prese da ciascun paese al momento dell’esplosione della fase più acuta della crisi economica che covava da mesi. E in meno di dieci anni si è arrivati alla guerra più distruttiva della storia…
*Il sito Movimento operaio di Antonio Moscato è stato hackerato qualche giorno fa ed è tuttora bloccato. In attesa del ripristino del sito, ne ospitiamo volentieri qualche articolo
Provo a mettere in relazione le violenze perpetrate sulle donne la notte di capodanno a Colonia e lo sgombero con forza del picchetto dei lavoratori dei magazzini Penny Market a Desenzano avvenuto ieri 8 gennaio; per quest’ultimo accadimento si leggono sulle mail del movimento parole di solidarietà con i facchini per le loro insostenibili condizioni lavorative: li si ammira per il loro coraggio, la loro dignità e determinazione, si denunciano i maltrattamenti e le umiliazioni sul posto di lavoro. Insomma abbiamo a che fare con la classe ed è facile far uscire l’armamentario della solidarietà, c’è è vero un dettaglio un po’ imbarazzante, questi lavoratori mentre subivano lo scontro gridavano per farsi sicuramente coraggio Allah Akbar, ma i compagni hanno prontamente preso atto che la religione rivendicata esula dalle loro competenze e dunque meglio ignorare questo dato che oggettivamente potrebbe mettere in crisi il rapporto politico, sindacale e sociale. Non importa se la religione è il piedistallo della supremazia maschile, che regolamenta la vita tra i sessi e opprime la donna in quanto donna; i compagni sull’altare della lotta di classe ci sacrificano senza nemmeno rendersene conto. E questi stessi uomini, nostri compagni, non spendono una parola di solidarietà per le donne che hanno subito la violenza dell’uomo, forse perché arabo? Nel caso fosse “barbaro teutonico” allora sì? La violenza dei padroni sugli operai la capiscono subito, la violenza degli uomini contro le donne è sicuramente un complotto. Non la faccio lunga perché è solo un commento, ma se noi compagne e compagni non decidiamo di batterci contro ogni guerra e contro ogni religione le armi del terrorismo e della sopraffazione legalizzata ci preparano alla grande sconfitta dell’umanità.