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«Le lettere che aspettava il mio papà non arrivarono mai»

Su Popoff l’anticipazione di Le Lettere mai arrivate, romanzo di Mauricio Rosencof, dirigente dei Tupamaros assieme a Pepe Mujica

di Mauricio Rosencof

rosencof

Giorni del quartiere e di guerra

Non posso dire con esattezza quale fu il giorno in cui conobbi i miei genitori né se mi resi conto – per lo meno – del significato che quell’evento avrebbe avuto nella mia vita.

Ma ricordo – questo sì – che quando la vidi per la prima volta, la mia mamma era in cortile. Il cortile era uno spazio enorme che andò rimpicciolendosi nel corso degli anni. Ma, allora, era proprio uguale alla foresta di Tarzan, perché la mia mamma aveva molte piante. Era aperto, senza lucernaio, ed era attraversato da una corda su cui chiunque poteva stendere il bucato che fa scendere la pioggia. Il bucato da stendere, come tutti sanno, è quello che fa scendere la pioggia.

In quel cortile, un giorno, la mia mamma accese un braciere a carbone per cuocere un pezzo di fegato che i macellai regalavano a chi aveva un gatto. Noi ne avevamo uno. Si chiamava Miska e sembrava proprio una tigre. Mamma cucinava per Miska, e mangiavamo tutti.

Di mio padre, la prima cosa che scoprii furono gli occhi. Occhi chiari, trasparenti, astuti, buoni, vivaci, che ridevano sempre. Gli occhi di mio padre erano i migliori del mondo.

E avevo pure un fratello più grande, che mi difendeva quando ci attaccava il nemico. Mi difese tutta la vita, fino a quando morì.

Era arrivato dalla Polonia molto tempo prima e aveva circa dieci anni. Morì che ne aveva sedici, e la mamma si dava colpi in testa.

Dopo c’era il postino, ma non me lo ricordo.

Un giorno papà venne ben vestito, forse in abito blu, era molto contento, aveva portato qualcosa, una grande scatola, involta in una carta di giornale e che aveva delle manopole. L’appoggiò sul tavolo su cui cuciva, mi guardò, e la prima cosa che mi disse fu: “Questa non si tocca”. Poi l’accese ed era una radio.

Prima la mamma andava ad ascoltarla dalla signora Catalina che ne aveva una. Era per sentire le commedie.

Ma poi servì per avere notizie sulla guerra.

Era una guerra scoppiata in Spagna e noi andavamo a un Comitato dove la mamma faceva calzini a maglia e papà parlava. Tutti parlavano e parlavano in yiddish e io non capivo nulla. Allora uscivamo e raccoglievamo, sul marciapiede, scatole vuote di sigarette per togliere la carta di piombo. Facevamo una palla con la carta di piombo con cui, in Spagna, facevano proiettili. Per la guerra.

Ma non era per la guerra. Era per la Brigata, che faceva la guerra. Anche qui c’è una Brigata. Ma non hanno bisogno della carta di piombo. Lo so perché vendono giornali la domenica. Vendono anche dei cartoncini con il disegno di un signore che ti indica col dito, così, e ti chiede: “Che cosa fai, tu, per la Spagna?” Questo c’è scritto, e si chiamano “Buoni”.

Dopo la guerra in Spagna ne venne un’altra. Chi non venne più fu il postino. Veramente per venire, veniva.

Quello che voglio dire è che a casa non veniva. Papà lo aspettava sul balcone. Il mio papà cuciva e usciva continuamente sul balcone per guardare fuori. Quando il postino passava – il postino passava ma non veniva –, il mio papà gli domandava: “Be’?” Il postino sapeva già cosa gli avrebbe chiesto e rispondeva: “Niente, don Isaac”. E non gli dava niente.

Allora il mio papà, la domenica, che è il giorno in cui si leggono le lettere, ci leggeva le lettere vecchie, e aveva gli occhi malinconici, e non sorrideva.

Le lettere che aspettava il mio papà non arrivarono mai.

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da Le lettere mai arrivate, di Mauricio Rosencof, postfazione di Diego Símini Collana: Contemporanea Pagine: 160 Prezzo: euro 12,00 Nova Delphi (in libreria dal 5 febbraio)

Le lettere mai arrivate sono lettere mai scritte, solo immaginate, di cui Rosencof si serve per dare forma a un racconto autobiografico di rara potenza evocativa. Scritte a partire dai racconti dei genitori Isaac e Rosa, ebrei polacchi emigrati in Uruguay, prendono forma l’infanzia nel quartiere Palermo di Montevideo, il legame con i famigliari rimasti in Polonia, l’invasione nazista e l’orrore indicibile dei campi di sterminio. E poi la lunga prigionia durante la dittatura militare in Uruguay e il ritorno in Polonia, alla ricerca delle proprie radici… Mauricio Rosencof nasce a Florida, Uruguay, nel 1933. Scrittore e drammaturgo tra i più conosciuti in America latina è stato, insieme Pepe Mujica, dirigente del Movimiento de Liberación Nacional Tupamaros e successivamente arrestato e tenuto in isolamento per undici anni, come ostaggio della dittatura militare. La sua vasta produzione letteraria abbraccia diversi generi. In Italia Nova Delphi ha già pubblicato Le leggende del nonno di tutte le cose (2011) e Sala 8 (2013). Vincitore di numerosi premi letterari, le sue opere sono tradotte in tutto il mondo. 

 

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