Sinistra, cercare altre strade anziché sognare di ricreare il centrosinistra. Nell’Altra Europa qualcuno risponde a chi vorrebbe rilanciare dal basso il documento Noi ci siamo
di Checchino Antonini
Se l’Altra Europa vive uno stallo che la paralizza sarà pure responsabilità di qualcuno. Perché il documento “Noi ci siamo”, che doveva sancire la nascita del soggetto unico e unitario della sinistra è stato rapidamente spedito in soffitta proprio da chi lo aveva sottoscritto?
«Riteniamo doveroso che vi sia una assunzione di responsabilità collettiva, favorita da una profonda e radicale impostazione autocritica», scrivono in una lettera aperta Imma Barbarossa, Nando Simeone, Maurizio Catroppa, Cristina Quintavalla e Sauro Di Giovambattista, componenti del coordinamento nazionale dell’Altra Europa provando a interloquire col corpo militante della Lista Tsipras, in particolare con chi chiede di rilanciare, magari dal basso, lo spirito di quel documento.
I cinque, interni fin dall’inizio al percorso che ha portato a costruire l’Altra Europa con Tsipras, sono convinti che, dallo scorso luglio ad oggi, si sia composta una divaricazione a partire dalle vicende che hanno fatto seguito alle scelte del governo Tsipras in netta contrapposizione con il dettato del referendum dell’OXI.
Seppure in sedicesimi, le tensioni in quella che voleva essere la Syriza italiana, sono altrettanto drammatiche come quelle che hanno scomposto la casamadre, ad Atene, ma qui non hanno mai trovato un luogo pubblico di discussione. Per questo viene proposta la convocazione di una assemblea nazionale dell’Altra Europa, da tenersi entro il 14 febbraio.
E’ una fase, secondo Barbarossa e co., «che esige la condivisione di una riflessione che si avvalga dell’intelligenza collettiva dei compagni e delle compagne dell’AE». Ed è stato un errore la «irremovibile determinazione ad evitare, in questa situazione, la convocazione di un’assemblea nazionale negando il principio della democratica partecipazione alla individuazione della linea politica e delle iniziative». Una discussione vera, inevitabilmente, avrebbe richiamato le responsabilità soggettive richiamate nel leed di questo articolo circa il limbo in cui si sono trovati i comitati territoriali spuntati come funghi dalla campagna elettorale per le passate europee.
«Riteniamo che sia evidente la responsabilità di coloro i quali hanno tenuto l’AE in stallo, dal maggio ’14 al gennaio ’16, in stato cioè di sospensione permanente, nell’intento di inseguire le peregrinazioni di professionisti della politica (del loro modo di concepire la politica), che sanno quello che vogliono e dove vogliono andare. Che non è dove volevamo noi», si può leggere nella lettera che Popoff propone in calce.
Il riassunto delle puntate precedenti di questa storia è impietoso: i garanti se ne sono andati, si sono susseguite scissioni, emorragie, abbandoni, delusioni, «ma soprattutto abbiamo abdicato al nostro protagonismo politico, rinunciato all’ iniziativa politica, proprio mentre tutto sta andando a catafascio: dall’Europa, smascherata dai migranti, dalla guerra, dall’austerity, dalle crisi ambientali, alla tenuta democratica dello stesso mondo occidentale, biecamente capitalistico e guerrafondaio».
«L’unica soluzione è cercare altre strade. Per questo riteniamo oggi politicamente imbarazzante l’atteggiamento di paura di non essere più “invitati alla festa”, di restare nelle ultime file, di essere ammessi ai tavoli con riserva, di dover ancora passare qualche esame».
Dopo la cosiddetta rottura del cosiddetto “tavolo rosso”, l’11 dicembre, una parte dei soggetti promotori del documento “Noi ci siamo” si è sostituta al tutto, annunciando un appuntamento a febbraio. Nell’Altra Europa, ci si divide «tra chi ha detto subito “vengo anch’io”, chi va convincendosi piano piano che non si può non andare, chi vuole andare a contestare o a “occupare” (subito bacchettato, per carità), chi ri/raccoglie firme per “Noi ci siamo”, chi esprime perplessità e scoramento».
La nostalgia per il “Noi ci siamo” non pare essersi impadronita dei cinque esponenti visto che già dall’inizio che un’altra nostalgia pervadeva il cuore di pezzi di quella compagine: la nostalgia per il centrosinistra anziché l’entusiasmo necessario a costruire un soggetto autonomo della sinistra capace di incidere sulle dinamiche feroci imposte dai partiti del liberismo (Pse in testa). «La costruzione della sinistra antiliberista (e anticapitalista, ci sembra utile aggiungere) si fa stando nelle strade, nelle lotte e nei movimenti, e non a tavola; si fa unendo chi lotta e si oppone in modo coerente alle politiche delle classi dominanti, si fa separandosi nettamente da chi già fa o progetta accordi col PSE e le sue articolazioni nazionali, per la gestione “progressista” delle politiche della Troika; si fa in connessione con un diffuso, anche se disilluso, popolo di sinistra».
Siamo compagne e compagni che hanno partecipato fin dall’inizio al percorso che ha portato a costruire l’Altra Europa con Tsipras, ne ha condiviso lo spirito e le prospettive.
Crediamo che l’attuale fase storica, quanto meno dallo scorso luglio ad oggi, esiga la condivisione di una riflessione che si avvalga dell’intelligenza collettiva dei compagni e delle compagne dell’AE.
Crediamo che da luglio ad oggi, alla luce dei complessi eventi verificatisi sullo scenario nazionale ed internazionale, e dell’esplosione di contraddizioni, ripensamenti, ripiegamenti e divisioni all’interno della sinistra in Italia, non fosse possibile assumere posizioni ed esprimere orientamenti in sede pubblica, senza aver prima restituito la parola e la facoltà di decidere a tutti i componenti dell’AE.
Riteniamo che sia stato un errore la irremovibile determinazione ad evitare, in questa situazione, la convocazione di un’assemblea nazionale dell’AE, negando il principio della democratica partecipazione alla individuazione della linea politica e delle iniziative da perseguire.
Tale richiesta è stata inutilmente avanzata con ordini del giorno e interventi in tutte le sedi a partire dal mese di giugno.
Temiamo che tale diniego sia derivato dal timore che un’assemblea nazionale avrebbe messo in discussione coloro i quali hanno condotto l’Ae in un cul de sac, senza prospettive, nè alternative, in una condizione che ha demolito la possibilità di costituire una sinistra di alternativa in questo paese, che ha lasciato che i comitati territoriali, generosamente sorti un pò dappertutto, si svuotassero o si sciogliessero per inedia, per mancanza di iniziativa politica, di prospettive chiare e coerenti con lo spirito originale del percorso.
Riteniamo che sia evidente la responsabilità di coloro i quali hanno tenuto l’AE in stallo, dal maggio ’14 al gennaio ’16, in stato cioè di sospensione permanente, nell’intento di inseguire le peregrinazioni di professionisti della politica (del loro modo di concepire la politica), che sanno quello che vogliono e dove vogliono andare. Che non è dove volevamo noi.
Pensiamo che il prezzo di questo inseguimento insensato sia stato altissimo: i garanti se ne sono andati, si sono susseguite scissioni, emorragie, abbandoni, delusioni, ma soprattutto abbiamo abdicato al nostro protagonismo politico, rinunciato all’ iniziativa politica, proprio mentre tutto sta andando a catafascio: dall’Europa, smascherata dai migranti, dalla guerra, dall’austerity, dalle crisi ambientali, alla tenuta democratica dello stesso mondo occidentale, biecamente capitalistico e guerrafondaio.
Riteniamo doveroso chi vi sia una assunzione di responsabilità collettiva,favorita da una profonda e radicale impostazione autocritica. Non si tratta di attribuire “colpe”, ma appunto di riconoscere gli errori compiuti. Si è voluto prendere una strada che non ha portato da nessuna parte.
L’unica soluzione è cercare altre strade. Per questo riteniamo oggi politicamente imbarazzante l’atteggiamento di paura di non essere più “invitati alla festa”, di restare nelle ultime file, di essere ammessi ai tavoli con riserva, di dover ancora passare qualche esame.
Mentre dopo la cosiddetta rottura del “tavolo” dell’ 11 dicembre una parte dei firmatari del documento “Noi ci siamo” si è sostituta al tutto, annunciando un appuntamento a febbraio, in AET si è determinato un prevedibile quanto paradossale balletto: chi ha detto subito “vengo anch’io”, chi va convincendosi piano piano che non si può non andare, chi vuole andare a contestare o a “occupare” (subito bacchettato, per carità), chi ri/raccoglie firme per “Noi ci siamo”, chi esprime perplessità e scoramento.
Il punto è però che:
– il documento “unitario” “Noi ci siamo” (quello scritto dagli otto segretari di partito – tutti maschi-), di cui c’è tanta accorata nostalgia, aveva tanti ‘non detti’, presupponendo o fingendo una unità di intenti tra commensali del Tavolo, parte dei quali in realtà sembra avere come progetto la sconfitta di Renzi, o un suo cambio di atteggiamento per ricostruire il centrosinistra.
– la costruzione della sinistra antiliberista (e anticapitalista, ci sembra utile aggiungere) si fa stando nelle strade, nelle lotte e nei movimenti, e non a tavola; si fa unendo chi lotta e si oppone in modo coerente alle politiche delle classi dominanti, si fa separandosi nettamente da chi già fa o progetta accordi col PSE e le sue articolazioni nazionali, per la gestione “progressista” delle politiche della Troika; si fa in connessione con un diffuso, anche se disilluso, popolo di sinistra.
La situazione europea e italiana è tale che bisogna darsi da fare costruire un nuovo senso comune di indignazione e di rivolta, e dunque di opposizione.
Solo partendo dalla critica del presente si costruiscono soggettività antagoniste. Non con l’affannarsi sul come costruire una immaginaria “sinistra di governo”!
Sosteniamo pertanto la richiesta che il prossimo CN metta al primo punto dell’odg la convocazione di una assemblea nazionale dell’AE, da tenersi entro il 14 febbraio.
Imma Barbarossa
Nando Simeone
Maurizio Catroppa
Cristina Quintavalla
Sauro Di Giovambattista