Oltre la metà degli italiani (quasi trenta milioni) online. E il loro primo bisogno, e ultimo, è accedere a un device
di Maurizio Zuccari
Da un paio di milioni d’anni, più o meno da quando l’uomo è apparso sulla terra, il primo pensiero al risveglio, il suo primo bisogno, è stato fisico. Accucciarsi dietro una fratta o, con l’evoluzione della specie, andare al cesso per sbrigare quel che natura chiede. Ora non più. A farci aprire gli occhi sui mutati bisogni degli esseri umani nei paesi quali il nostro, è una ricerca della britannica Ofcom. Tra i nove paesi più industrializzati al mondo quello dove, per prima cosa, al risveglio si accende un cellulare, un pc o un tablet – insomma, si accede a un device, cioè a un dispositivo elettronico – è l’Italia, preceduta solo dal Giappone. Idem per quanto riguarda l’ultimo pensiero prima d’addormentarsi. Altro che buonanotte. A confortarci sul fatto che l’italica gente sia divenuta un popolo di cybernaviganti, più che di naviganti, santi o poeti, è ora una ricerca Audiweb. Oltre la metà degli italiani (il 52,2%), vale a dire quasi 29 milioni di persone fra 2 e 74 anni, sono risultati attivi online. Tempo medio di navigazione circa due ore, quasi due giorni a testa nell’arco del mese. Le donne e i giovani navigano assai più degli anziani, con il 70% del tempo da mobile, mentre per gli over 55 il tempo speso su pc e telefonini praticamente si equivale.
Utile anche un’occhiata ai dati di consumo. Nelle prime dieci posizioni ci sono i siti di ricerca, i portali generalisti, i social network, i siti dove scaricare software, film, musica e video, quelli dove chattare o messaggiarsi, l’ecommerce e, buoni ultimi, quelli dove aggiornarsi e leggere notizie (circa il 70,8% degli utenti). Con buona pace di quanti teorizzano un futuro digitale per le nuove generazioni di cronisti. Che le app di news siano le prime eliminate da una telefonia a corto di memoria lo dice un’altra ricerca Yahoo, traballante ex gigante del web, mentre le app più scaricate riguardano fitness e cura del corpo.
Che dire? Ci si guardi bene dall’incrociare tali dati con le analisi che denunciano un allarmante analfabetismo di ritorno o l’incapacità di comprensione anche basilare di un qualche testo – non parliamo di scrivere – tra giovani e giovanissimi. Non si può essere così apocalittici. Ma l’apocalisse verrà quando si spegnerà l’interruttore, e un popolo di cybernaviganti resterà al buio a muovere due dita su una tastierina spenta. Forse, allora, si ritroverà il tempo per dirsi buonanotte, e andare al gabinetto. A tentoni.