Giorno della memoria nell’Europa del filo spinato, della caccia ai migranti, della ‘giungla’ di Calais, dei patti con Erdoğan, della Nato, dell’austerità e dei più beceri rigurgiti nazionalisti e xenofobi
di Giampaolo Martinotti
“Arbeit macht frei”, il lavoro rende liberi. Era il 27 gennaio del 1945 quando l’Armata Rossa varcò l’ingresso di Auschwitz salvando i prigionieri rimasti in vita. Di lì a poco i soldati sovietici sarebbero stati tra i testimoni del più grande dramma della storia, l’uccisione sistematica di milioni di esseri umani era stata pianificata e perpetrata in simili campi di concentramento disseminati dai nazisti in tutta Europa con il vile contributo dei ‘camerati’ fascisti.
La Risiera di San Sabba e le Fosse Ardeatine, i campi di Fossoli e Bolzano. La strage della Benedicta e quella di Boves. Gli eccidi di Marzabotto e di Sant’Anna di Stazzema. Auschwitz, Treblinka, Dachau, Mauthausen, Buchenwald, Ravensbruck. E tanti, troppi altri ancora. Circa 15 milioni di persone, tra donne, uomini e bambini, persero la vita schiacciati nel minuzioso meccanismo di sterminio che avrebbe dovuto portare al totale annientamento dei ‘nemici della razza’.
Ebrei, omosessuali, rom e sinti, testimoni di Geova, disabili e malati mentali. Comunisti e partigiani. Carne da macello per le ‘fabbriche della morte’ dove i fanatici delle Schutz-Staffeln (SS) si macchiarono di crimini disgustosi e imperdonabili. Tutti vittime di una sciagura abominevole, che sarebbe giusto commemorare rompendo lo schema etnocentrico al quale il Giorno della Memoria sembra essere legato.
L’antisemitismo è stato un punto focale nella degenerata teoria razziale che accompagnò i misfatti della Germania nazista, ma le deliranti teorie pseudo-ideologiche elaborate nel ‘Mein Kampf’ presero poi di mira anche altri gruppi destinati, per un tragico scherzo del destino, a essere ancora oggi vittime dei nostri tristi vuoti di memoria e di quell’Europa fortezza che spesso accetta le diversità solo quando sono politicamente ed economicamente proficue. Una Europa che, al pari dei sionisti che controllano lo Stato di Israele, non sembra aver imparato granché dal passato.
L’Europa del filo spinato, della caccia ai migranti, della ‘giungla’ di Calais, dei patti con il regime di Erdoğan. L’Europa che mette in discussione Schengen ma non l’austerità, e che smantella sistematicamente lo stato sociale, i servizi pubblici ed i diritti. L’Europa delle diseguaglianze, della precarietà, dell’emarginazione e dei moderni ghetti in stile banlieues. L’Europa della forza poliziesca, della NATO, militarizzata e militare, che assiste sbadata ai più beceri rigurgiti dei partiti nazionalisti e al populismo razzista della destra estrema. Una realtà drammatica che, se aggiunta all’occupazione coloniale ai danni del popolo palestinese, troverebbe Adolf Hitler piuttosto soddisfatto.
Il Giorno della Memoria può essere un momento importante solo se saremo in grado di proiettarlo al di là dell’estemporaneità del ricordo istituzionalizzato. La nostra società e la politica hanno un estremo bisogno di rilanciare un processo di riflessione continuo che, partendo dalla memoria storica dell’Olocausto e della Resistenza, ci faccia riscoprire una certa consapevolezza personale e collettiva. In questo modo avremo forse il coraggio di esercitare l’antifascismo, denunciando ed opponendoci alla barbarie di un presente del quale, oggi come allora, siamo troppo spesso spettatori indifferenti.