All’età in cui Renzi e Salvini andavano ai quiz di Mediaset, Bernie Sanders si batteva contro la segregazione razziale a Chicago. Oggi il caucus nel Nevada
di Checchino Antonini
Dall’archivio del Chicago tribune spuntano le foto in bianco e nero del ’63 relative all’arresto di un Bernie Sanders ventunenne in prima fila già all’epoca nelle lotte per i diritti civili. All’eopca, l’attuale senatore del Vermont era uno studendte universitario che prendeva parte alle proteste nella South Side. Finora c’era stato un piccolo giallo su alcune foto del ’62 che ritraevano un altro attivista scambiato per il candidato alle primarie democratiche. Ma stavolta è proprio lui, è l’agosto del ’63, durante sconti avvenuti nel sobborgo di Englewood.
A metà degli anni ’60 erano molto forti le lotte contro la segregazione razziale di cui Benjamin Willis fu uno degli alfieri. Willis era il soprintendente scolastico e pretendeva di far studiare la popolazione afroamericana dentro container sovraffolatti e striminziti di alluminio collocati all’esterno degli edifici scolastici per i bianchi dove tuttavia c’erano moltissimi banchi vuoti. I “vagoni” di Willis, i Willis Wagon (termine coniato dall’attivista Rosie Simpson) divennero l’oggetto di grandi mobilitazioni della società civile. Sanders fu arretato il 12 agosto, in una di queste manifestazioni, e fu multato per 25 dollari. S’era da poco trasferito a Chicago dal college di Brooklyn ed era il leader del Congress of Racial Equality.
«Doppio test per la forza del fervore anti establishment». Così il Washington Post descrive il duplice appuntamento di oggi nella corsa alla nomination per le candidature presidenziali americane, che vede i repubblicani confrontarsi nelle primarie in Carolina del Sud e i democratici nel caucus del Nevada mentre cresce l’entusiasmo per i candidati ‘anti casta’ Donald Trump e Bernie Sanders. «Una grande vittoria» di Trump in Carolina del Sud «lo indicherebbe chiaramente come il front runner repubblicano», mentre una vittoria di Sanders in Nevada «solleverebbe altri dubbi sull’appeal» di Hillary Clinton, sintetizza il quotidiano.
«La Clinton gode ancora del sostegno dell’establishment democratico e il suo obiettivo in Nevada è di minare lo slancio ottenuto da Sanders con la sua vittoria in New Hampshire, in attesa di passare la settimana prossima in Carolina del Sud dove gode di un vasto sostegno fra gli afroamericani», spiega il giornale. Quanto ai repubblicani, l’establishment del partito non ha ancora individuato il candidato attorno al quale riunirsi per fronteggiare Trump. Se tutti i sondaggi prevedono la vittoria del controverso miliardario newyorchese, non è chiaro quale sarà la sua distanza dai due principali rivali, il senatore texano Red Cruz e quello della Florida Marco Rubio. In questo Stato, dove è forte il peso del voto dei militari e che in passato ha sostenuto suo padre e suo fratello, l’ex governatore della Florida Jeb Bush si gioca infine le ultime possibilità di rimanere in corsa. Mentre per John Kasich l’obiettivo è piazzarsi onorevolmente in modo da resistere fino all’otto marzo alle primarie del Michigan, dove il governatore dell’Ohio ha puntato tutte le sue carte.
Intanto, il candidato continua a spiegare il suo socialismo: «Quando parlo di socialismo democratico, non penso al Venezuela o a Cuba, ma alla Svezia o alla Danimarca. Quando dico che la sanità pubblica può essere gratuita per tutti, immagino la Gran Bretagna, che spende tre volte meno degli Usa eppure garantisce le cure a tutti i suoi malati. Quando insisto sull’università aperta a chiunque voglia frequentarla, ho in mente ciò che fate da anni in tutti i paesi europei. Anche nell’accoglienza verso i rifugiati siete più aperti. E non ditemi che non ci sono più le risorse: è solo una questione di scelte, di politica fiscale, e poi di efficienza. Mi spiegate perché tutti gli studenti europei che vogliono frequentare l’università pubblica in Europa possono farlo, pagando un costo minimo, mentre quelli americani devono uscire con debiti che ipotecano le loro vite? Potremmo offrire il college gratis a tutti con un investimento da 70 miliardi di dollari: sono molti soldi – ammette Sanders – ma in questo Paese ci sono miliardari che pagano meno tasse delle loro segretarie, e compagnie che non pagano nulla perché trasferiscono i ricavi all’estero. Non sarebbe giusto riscuotere il loro equo contributo fiscale, e investirlo nel futuro dei nostri giovani».
Il numero in edicola del settimanale Left dedica lo sfoglio dicopertina proprio alla campagna elettorale e alla politica di Bernie Sanders.