Hotspot, la denuncia: Filtri etnici in l’Italia ad alcune nazionalità di migranti viene impedito l’accesso alla procedura per la domanda di asilo
BRUXELLES – L’Italia viola la convenzione di Ginevra, mettendo in atto “filtri etnici” che impediscono ai migranti di alcune nazionalità di presentare domanda di asilo. A denunciarlo è il Comitato economico e sociale europeo (Cese), organo consultivo dell’Ue per le materie socioeconomiche che, tra dicembre 2015 e gennaio 2016 ha effettuato visite negli undici Stati membri più colpiti dalla crisi migratoria per identificare le criticità dei sistemi di accoglienza. Nel nostro paese, ha constatato il Cese “esistono prove che vengono applicati filtri etnici nell’accesso alle procedure per la domanda d’asilo nei centri di crisi, cosa che costituisce una violazione manifesta della convenzione di Ginevra”. In particolare, si legge nella relazione finale sull’Italia, “le prove di profiling sono numerose: si impedisce a volte ai migranti originari di quei paesi che presentano un debole tasso di riconoscimento del diritto d’asilo di presentare una domanda di asilo”.
Ma non è questo l’unico limite identificato nel sistema di accoglienza italiano. Altro problema, secondo il Comitato economico e sociale europeo, è la durata della procedura di analisi di una domanda di asilo. È ancora “troppo pesante e troppo lunga”, evidenzia la relazione sull’Italia, secondo cui “ci vuole un anno o anche di più nei casi di rifiuto e di ricorso”. Un problema non da poco visto che “durante questo tempo, i migranti devono continuare ad aspettare e non sono autorizzati a lavorare”. Dopo un secondo rifiuto, poi, i migranti “perdono il loro diritto a soggiornare nei centri di accoglienza e questo li espone al rischio di sfruttamento e di lavoro non dichiarato”. Inoltre “i migranti non sono autorizzati a beneficiare dell’aiuto giuridico fornito dal sistema sociale per la procedura di ricorso e questo riduce le loro chances di vedere la loro domanda accettata”.
Altra criticità evidente in Italia riguarda i minori non accompagnati, il cui numero molto elevato è giudicato dal Cese “particolarmente preoccupante”. Il tipo di alloggi proposti a questi minori soli “non è adeguato”, sottolinea la relazione dell’organo europeo e i giovani “rischiano di perdere la loro protezione e il loro permesso di soggiorno appena arrivano all’età di 18 anni”. Secondo il Cese anche “la loro scolarizzazione e l’opportunità di acquisire competenze per la loro vita professionale futura sono messe in pericolo”. Con la crisi economica in Italia “il tasso di disoccupazione dei migranti è fortemente aumentato”, fa anche notare il Comitato economico e sociale e, visto che in Italia il permesso di soggiorno è legato al lavoro, “il risultato è un aumento del lavoro non dichiarato e dello sfruttamento, in particolare nel settore agricolo”, rafforzando il fenomeno del caporalato.
Non tutto in Italia è da buttare: “L’Italia ha fatto enormi progressi per quanto riguarda la sua capacità di accoglienza”, stima il Cese, secondo cui rimane però “molto da fare dal punto di vista dell’integrazione”, soprattutto per quanto riguarda impiego, alloggi, sanità e riconoscimento di competenze professionali dei migranti in arrivo. (Letizia Pascale)
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