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Niagara/Noe, i carabinieri che taglieggiavano un’azienda

La Cassazione annulla l’assoluzione dell’ex capo dei Noe dell’Emilia Romagna e conferma le condanne per la tentata concussione di un’azienda ferrarese da parte dei carabinieri

di Checchino Antonini

niagara

«Caso Niagara/Noe. La Suprema Corte di Cassazione questa sera si è pronunciata definitivamente sul maresciallo Tuffariello e sul dott. Varsallona. Le loro condanne per tentata concussione perpetrata in danno di Niagara e Mauro Carretta e Fabiana Cosmar e Davide Gherardi sono DEFINITIVE. L’assoluzione pronunciata dalla Corte d’Appello di Bologna per insufficienza di prove ,in riforma alla sentenza di condanna pronunciata dal Tribunale di Bologna , in favore del maresciallo Amatiello è stata dalla Corte Suprema ANNULLATA con rinvio ad altra sezione. Giustizia è fatta». Per assistere alla lettura di questa sentenza Fabio Anselmo, un avvocato di Ferrara noto per la difesa di parte civile in numerosi casi di malapolizia, è partito anzitempo da Bruxelles, dove si trovava per l’audizione di Acad al parlamento europeo. Era il 16 gennaio scorso.

Anche il caso Niagara/Noe è una vicenda di malapolizia, di abusi in divisa. Niagara è una ditta di Ferrara, specializzata in smaltimento di rifiuti. Il Noe, invece, è il nucleo operativo ecologico dei carabinieri. Dovrebbe vigilare sulle aziende ma, in questa storia, alcuni militari tentavano di taglieggiare un imprenditore onesto con la complicittà di un altro “capitano d’industria”.

«Terrore creato ad arte». Gli dicevano di tenersi liberi per Natale chè tanto li avrebbero sbattuti dentro. Sembra un romanzo noir e invece è la sentenza del processo Niagara/Noe che ha portato alla condanna per tentata concussione di due sottufficiali dell’Arma e di un loro amico imprenditore e dirigente dell’Unione industriali di Bologna all’epoca dei fatti. Correva l’anno 2008. Secondo l’accusa chiedevano soldi, da 20 a 40mila euro, per ammorbidire un verbale ai danni di un’azienda che smaltisce rifiuti nel ferrarese, la Niagara. Il cardine della tesi accusatoria è che l’indagine dei Noe su Niagara fosse stata gonfiata ad arte dai carabinieri del nucleo operativo ecologico, tanto che il fascicolo sarebbe stato archiviato dal gip di Ferrara, per terrorizzare i vertici dell’azienda che sarebbero finiti a vedere il sole a scacchi mentre la ditta sarebbe finita sotto sequestro. L’imprenditore, anche lui del giro, era partecipe coi due in una società di consulenza che si stava per costituire e che avrebbe dovuto garantire il meccanismo della fatturazione dei soldi provenienti dalla concussione. «Le modalità dell’azione – scrive la corte presieduta da Rita Zaccariello – hanno evidenziato una attenta attività preparatoria del delitto che ha comportato l’individuazione di un sistema che consentisse da un lato ai carabinieri di esporsi poco in prima persona, dall’altro di percepire l’indebito profitto in forma apparentemente legale, ossia come compenso per una attività di consulenza che veniva imposta come unica via per evitare le estreme conseguenze (sequestro dell’impianto e misure cautelare personali) di una accusa infondata».

«Il sistema escogitato era quello di formulare un’accusa infondata, ma all’apparenza giustificabile con una mancanza di perfetta conoscenza della specifica questione, che sarebbe stata chiarita, e ridimensionata in sede di richieste di misure cautelari, o, eventualmente, nel termine intercorrente tra aventuali provvedimenti cautelari e la procedura del riesame». Il metodo prevedeva una “perizietta” segreta della quale la società di consulenza si sarebbe presa la briga di corroborare i dati per una difesa più elaborata.

Per questo i marescialli del Nucleo operativo ecologico di Bologna Sergio Amatiello, ex comandante interinale, e Vito Tufariello, sono stati condannati in primo grado rispettivamente a 2 anni e 2 mesi e a 2 anni e 4 mesi, oltre che il loro amico imprenditore Marco Varsallona, due anni e due mesi anche lui. 
Ha avuto ragione la Pm Morena Plazzi, che ora cerca di capire se quel metodo è stato applicato altrove, in altre aziende del settore, e avevano ragione Mauro Carretta, titolare di Niagara (450 controlli in dieci anni e il certificato penale immacolato), e due suoi impiegati: Fabiana Cosmar e Davide Gherardi, tutti oggetto delle mosse dei tre per creare i terrore necessario al pagamento della bustarella. Legali di parte civile Alessandra Pisa, Eugenio Gallerani (che segue anche il caso Denis Bergamini) e Fabio Anselmo, più noto per i processi di malapolizia da Aldrovandi in poi, fino a Cucchi, Ferrulli, Uva e Budroni. La tesi difensiva è stata quella di provare a ribaltare l’accusa dimostrando un complotto degli uomini di Niagara contro i carabinieri che li incalzavano e, in seconda istanza, provare a proteggere la figura dell’ex comandante. Ma la strategia difensiva s’è concentrata soprattutto nell’attacco frontale a Fabio Anselmo e Mauro Carretta (proprio come in altri e più celebri storie di malapolizia). Il primo s’è trovato oggetto di denunce sistematiche, il secondo s’è visto trascinare in tribunale in qualità di editore e blogger visto che aveva aperto un blog proprio per raccontare le vicissitudini con i tre imputati e poi il processo. Blog Niagara è stato oscurato due volte su richiesta degli imputati, e per due volte riacceso prima dal tribunale di Ferrara, poi dal Riesame, l’ultima volta pochi giorni prima della sentenza. I legali della difesa hanno scelto, per le ultimissime fasi del processo, di ricorrere al rito abbreviato, a porte chiuse, ottenendo l’espulsione dall’aula del cronista (e anche a questo cronista divenuto, nel frattempo, direttore del blog e anche lui denunciato). Ma il blog ha continuato a raccontare la vicenda così come il legale non s’è lasciato intimorire. E, con un tempismo involontario, proprio nel giorno della pubblicazione delle motivazioni, dal gip di Modena è arrivata l’ennesima archiviazione di un’accusa di diffamazione dei carabinieri al “blogger” Carretta: «La notizia di reato appare destituita di fondamento dal momento che vi è utilità sociale dell’informazione, verità sostanziale dei fatti e forma civile nell’uso dei termini denunciati».

La sentenza d’appello, a gennaio del 2014, avrebbe confermato l’impianto ma riducendo le condanne per Tufariello e l’imprenditore Marco Varsallona e stabilendo l’assoluzione, ora annullata, per l’altro maresciallo, Sergio Amatiello, ex capo dei Noe emiliani che, con una lettera al blog, chiese di dare rilievo alla sua assoluzione secondo l’articolo 530 capoverso, quella che una volta era definita l’assoluzione per mancanza di prove. Il fatto sussiste, la tentata concussione “per costrizione”, c’è stata; l’indagine che i Noe dei carabinieri avevano tentato contro Niagara è stata archiviata perché totalmente infondata mentre invece, grazie al pronunciamento della Cassazione, riparte dal secondo grado il processo per Amatiello.

Precisarono i legali di parte civile, Fabio Anselmo e Alessandra Pisa, che l’assoluzione di Amatiello è stata disposta perché non vi sarebbe sufficiente prova che Amatiello abbia concorso al tentativo di costrizione nei confronti di Mauro Carretta, il titolare di Niagara, a versare dai 20mila ai 40mila euro per ammorbidire i controlli dei carabinieri sull’azienda. L’articolo 530 cpv recita che “Il giudice pronuncia sentenza di assoluzione anche quando manca, è insufficiente o è contraddittoria la prova che il fatto sussiste, che l’imputato lo ha commesso, che il fatto costituisce reato o che il reato è stato commesso da persona imputabile”.

 

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