Francia, successo dei sindacati allo sciopero del 31 marzo. Studenti e giovani guidano l’opposizione alle politiche governative. Hollande strumentalizza lo stato di emergenza e la polizia provoca le piazze
di Giampaolo Martinotti
Secondo le autorità circa 400mila persone sono scese in strada durante il secondo sciopero generale contro la loi El Khomri, la riforma del diritto del lavoro che il governo del premier Manuel Valls vorrebbe imporre ai francesi. Tuttavia, i numeri reali appaiono ben diversi. Per i sindacati (CGT, FO, FSU, Solidaires) e per i movimenti studenteschi (UNEF, Fidl, UNL) la cifra del successo della giornata del 31 marzo si materializza nell’1,2 milioni di manifestanti, tra i quali 200mila giovani e migliaia di attivisti delle varie forze di sinistra (NPA, PCF, PG), che hanno invaso le principali città di Francia per denunciare la precarizzazione del lavoro e l’erosione dei diritti dei lavoratori che l’adozione di questo progetto di legge vuole imporre. Davvero importante è stata la presenza, combattiva e colorita, di moltissimi studenti liceali e universitari, mentre non è passato inosservato l’enorme schieramento di polizia che non ha esitato a usare le maniere forti e le provocazioni (gravi le cariche ingiustificate di Rouen): gas lacrimogeni, manganellate, alcuni arresti. Insomma, la violenza dello stato di emergenza per risolvere lo stato di emergenza sociale.
Nella capitale la pioggia battente non ha di certo scoraggiato l’imponente corteo partito, forse per uno scherzo del destino, da Place d’Italie. Per Olivier Besancenot, portavoce del Nouveau Parti Anticapitaliste intervistato dalla tv francese a proposito degli scontri avvenuti durante la manifestazione parigina, “il tentativo del governo di strumentalizzare la massiccia presenza della polizia affinché ci siano degli incidenti è chiaro, la cosa davvero importante è che oggi abbiamo assistito a una grande e crescente mobilitazione”. Il successo per i sindacati è considerevole e Philippe Martinez, segretario della Confédération générale du travail, auspica in un cambio di linea della riformista CFDT per aumentare la pressione sull’esecutivo. L’obbiettivo è quello di continuare la mobilitazione per invertire i rapporti di forza e costringere così il governo al ritiro della riforma. Come nelle precedenti manifestazioni sono stati gli studenti delle università di Paris VIII e Parigi I ad animare lo spezzone studentesco e secondo William Swift, presidente della UNEF, “questa è davvero una mobilitazione importante, con molti giovani, lavoratori e dipendenti pubblici. Si inaugura oggi una rinnovata opposizione contro la proposta di legge El Khomri, è tempo di costruire tutti insieme la lotta contro le politiche del governo”. In questo senso, sono previste ulteriori azioni condivise per il 5 e il 9 aprile.
Più consistente di quella precedente la protesta del 31 marzo, al di là del radicale rifiuto della riforma, è stata l’occasione per dire basta alle politiche neoliberiste di un governo liberticida.Il presidente François Hollande, dopo aver appoggiato i vari interventi militari “umanitari”, trascinando il paese nel bel mezzo dei conflitti in corso da una parte all’altra del pianeta, ha fatto dell’austerità la sua bandiera, pensando di poter facilmente abituare i francesi all’aumento della povertà e delle disuguaglianze, e a una continua perdita di diritti sul modello europeo. La diffusione di beceri sentimenti razzisti e islamofobi, al pari della crescita elettorale del partito neofascista di Marine Le Pen, il Front National, sono i frutti della retorica presidenziale del “paese in guerra” e sono essenzialmente legati all’imposizione dello stato di emergenza permanente da parte di un governo tanto irresponsabile quanto inadeguato.
In questo contesto problematico, mentre in Italia cresce in maniera smisurata e senza limitazioni di fatto l’utilizzo dei voucher, e si registra ancora l’assenza di un salario minimo legale (in Francia è lo SMIC a 9,61 euro/ora), gli studenti transalpini manifestano il proprio dissenso ricordando che “alzarsi al mattino per 1200 euro è un insulto”. Inutile ricordare come nel nostro paese la riforma del diritto del lavoro sia avvenuta in un contesto di scoramento generale e con la connivenza degli apparati dirigenti della CGIL (4 ore di sciopero a distanza di nove giorni dall’approvazione definitiva del Jobs Act). Ma a prescindere dalle dinamiche di declino interne, la mobilitazione francese può rappresentare un valido esempio da cogliere al più presto per rivitalizzare il conflitto sociale e far ripartire la battaglia per i diritti sociali che gli italiani hanno perso senza nemmeno combattere.