Comunali, Sel sostiene l’ex manager di Expo ma il centro e il centro destra corrono con altri due manager. Un po’ più a sinistra si prova con Basilio Rizzo
di Giulio AF Buratti
«Sono un candidato sindaco di idee e modo di governo della città, non sono stato assunto come traghettatore di qualcuno e prometto che se non saremo noi ad andare al ballottaggio dirò cosa farò io e ognuno eserciterà la libera scelta tra le tre alternative che verranno poste, votare uno, l’altro o non votare». Così Basilio Rizzo, ospite a Radio popolare, torna sul tema del posizionamento della lista Milano in Comune nel caso di un ballottaggio tra Stefano Parisi e Beppe Sala dopo il primo turno delle elezioni comunali. Il candidato sindaco della sinistra sottolinea che «si vota in due turni, se al primo turno il candidato del centrodestra ha più del 51% vince al primo turno» e «se molti non vanno a votare il quorum con cui il centrodestra potrebbe superare il 51% è più basso. È una legge matematica. Non si può non vedere che in questa proposta dei due candidati sindaci c’è un messaggio che non incontra il favore di larghissimi strati di cittadini e che questi non andrebbero a votare. Non si va a votare per scegliere tra due mali ma per portare avanti le idee in cui credi e sono convinto che se avessimo la possibilità di comunicare con forza le nostre idee c’è una maggioranza di cittadini che non vuole che l’alternativa sia tra Sala e Parisi». «Non c’è nessuno – aggiunge Rizzo – che può concedere la libertà di voto e al secondo turno, ognuno, nelle condizioni che saranno determinate dalla campagna elettorale, potrà decidere cosa fare e io mi impegno a dire cosa farò nel caso non fossimo noi ad andare al ballottaggio». Rizzo ha quindi ribadito le ragioni della sua candidatura perché, ha detto, «candidarsi è diventata una necessità, un servizio. Non perchè mi sopravvaluti ma siamo nelle condizioni di dover proporre una alternativa tra i due ex direttori generali della Moratti e di Albertini. Si è aperto uno spazio di insoddisfazione profonda degli elettori, in generale, non solo di di sinistra. Persone, brave persone che non vogliono che le sorti della città siano nelle mani di due candidati intercambiabili che propongono un modello di città dove si governa con operazioni tipo Expo». Dopo aver nuovamente criticato la gestione della vicenda degli ex scali ferroviari, rivendicando di aver fatto l’interesse dei cittadini, sulle primarie di febbraio Rizzo ha anche ribadito che «l’esito è stata una decisione non della maggioranza» che aveva vinto nel 2011, ma di «un gruppo particolare in quella maggioranza» con «un candidato estraneo al progetto del 2011 e questo candidato non ha nemmeno avuto la maggioranza delle primarie ‘ridotte’. Sarà un caso che tutti i candidati delle precedenti primarie non lo hanno votato o sono solo io?».
Sono tre manager i candidati per il dopo Expo a Palazzo Marino: oltre a Sala e Parisi va ricordato Corrado Passera per una lista centrista. E Sel ha deciso di appoggiare il totem di EXPO per la corsa a sindaco di Milano dopo essere riuscita ad allontanare la candidatura di Civati e aver contribuito al feticcio per la Balzani. Un po’ più a sinistra, dopo la rinuncia di Curzio Maltese – troppi scheletri nell’armadio delle sue dichiarazioni (la più celebre è la sua esultanza per l’avvento di Monti) – e di Gherardo Colombo, è emersa la candidatura di Basilio Rizzo, presidente uscente del Consiglio Comunale, una sorta di “usato sicuro” che ha visto convinti sostenitori in Vittorio Agnoletto, Emilio Molinari e Franco Calamida: «La candidatura a sindaco di Milano di tre manager tutti da sempre collocati a fianco e al servizio degli interessi dei grandi potentati economici del nostro Paese è una precisa rappresentazione a livello locale di tale situazione. Per queste ragioni abbiamo fin da subito contrastato la candidatura di Mr. Expo e pubblicato la lettera aperta “Ma con Sala No!” […] Tra le innumerevoli battaglie condotte da Basilio per difendere la dignità e gli interessi di Milano dagli appetiti delle lobby espressioni dell’intreccio tra politica e affari è sufficiente ricordare l’impegno degli ultimi anni nel denunciare gli interessi e il mancato rispetto della legalità nascosti dietro la retorica di Expo».
«Porterà al voto chi non ci sarebbe andato – ha detto anche Nando Dalla Chiesa che ha fatto spesso le pulci all’Expo con la commissione antimafia – e renderà così un nuovo servizio alla democrazia».
Basterà tutto ciò per coagulare una sinistra milanese lacerata, a volte radicale, a volte orfana di un supervalutato Pisapia? Per capire lo stato dell’arte basti pensare che dopo il disastro della scorsa edizione, sotto la Madunina, nessuno si sogna di riproporre la May Day.