Il decreto Madia e la nuova legge sull’acqua stravolgono il referendum del 2011 e la legge di iniziativa popolare depositata nove anni fa firmata da 400mila cittadini
di Francesco Ruggeri
Beffa, furto, scippo sembrano le parole più adeguate per definire l’operazione con cui il Pd ha sabotato l’esito del referendum del giugno di cinque anni fa e la legge di iniziativa popolare che, nonostante tutto, era riuscita a uscire dai cassetti delle commissioni dopo quasi dieci anni. Procede a passo spedito l’iter del decreto Madia (Testo unico sui servizi pubblici locali) che prevede l’obbligo di gestione dei servizi a rete (acqua compresa) tramite società per azioni e reintroduce in tariffa l’”adeguatezza della remunerazione del capitale investito”, ovvero i profitti, nell’esatta dicitura abrogata dal voto referendario. «Inoltre, tale decreto dice esplicitamente che prevarrà su tutte le norme di settore, comprese quelle sul servizio idrico», spiega un comunicato del Forum dei movimenti per l’acqua scritto con i suoi compagni di strada di questa stagione di referendum sociali: Movimento per la scuola pubblica, Campagna “Stop devastazioni”, per i diritti sociali ed ambientali, Comitato Sì Blocca Inceneritori. Questi fatti smentiscono da soli il Ministro Madia quando afferma impunemente che “il dlgs rispetta l’esito del referendum”.
Ulteriore atto di disprezzo della volontà popolare riguarda la legge d’iniziativa popolare, presentata dai movimenti nove anni fa (a nasconderla in un cassetto fu dunque il governo Prodi, ogni nostalgia è canaglia), dopo aver raccolto oltre 400.000 firme. La legge è stata stravolta e approvata pochi giorni fa alla Camera – ora in discussione al Senato, fra le contestazioni dei deputati di M5S e SI e degli attivisti del Forum che in aula non hanno fatto mancare di far sentire la loro voce di fronte a questo scippo.
Il testo approvato infatti è radicalmente diverso, nella forma e nei principi, di quello proposto dal Forum e sottoscritto dai cittadini. Nonostante il ministro Madia insista a dire che “finché c’è questo governo nessuno sentirà parlare di privatizzazione dell’acqua”, il suo partito, il PD, e la sua maggioranza hanno stravolto il testo a partire dall’articolo 6 che disciplinava i processi di ripubblicizzazione. «Ed è anche l’ultima foglia di fico dietro la quale il PD aveva provato a nascondersi. Infatti, la Commissione Bilancio ha cancellato la via prioritaria assegnata all’affidamento diretto in favore di società interamente pubbliche».
Servirebbe una vera e propria sollevazione dal basso, come esorta anche Alex Zanotelli da questo nostro giornale, con iniziative di contrasto in tutti i territori e l’inondazione di firme in calce alla petizione popolare per il ritiro del decreto Madia, promossa dal Forum italiano dei movimenti per l’acqua all’interno della stagione appena aperta dei referendum sociali.