Poliziotti in borghese e bastoni telescopici. Cannoni ad acqua e manganellate. Gas lacrimogeni e granate assordanti. Spray irritanti e celerini nelle università. Da che parte sta la violenza e chi sono i veri teppisti
di Giampaolo Martinotti
La loi El Khormi è approdata oggi in commissione all’Assemblée nationale, dove i deputati francesi stanno discutendo l’impopolare riforma che punta all’erosione dei diritti dei lavoratori. Nel frattempo, come promesso, il fronte di opposizione continua la sua grande mobilitazione con un corteo del coordinamento studentesco dell’Ile-de-France partito questa mattina da Montparnasse in direzione dell’Esplanade des Invalides per raggiungere il presidio intersindacale.
Fortemente voluta dal premier Manuel Valls e dal Medef, la confindustria francese, la riforma del diritto del lavoro in senso neoliberista ha scatenato una forte mobilitazione di protesta che, grazie all’appoggio della maggior parte dell’opinione pubblica, è riuscita a spezzare le catene dello stato di emergenza imposto dal presidente François Hollande. In questo contesto, il governo francese, strumentalizzando proprio lo stato di emergenza, sta cercando in tutti i modi di reprimere la protesta sia con l’utilizzo della forza sia veicolando un messaggio fuorviante tramite i principali mass media. E dopo i sempre più frequenti débordements, gli scontri, ci si interroga sulle cause della violenza e sui (veri) teppisti.
Le immagini delle manifestazioni contro la loi El Khomri e delle “notti in piedi”, che in alcuni casi vegono trasmesse dopo un accurato montaggio, si soffermano in maniera ossessiva sugli incidenti e sui danni che sarebbero provocati da manifestanti sempre più violenti. In questa dinamica di bombardamento mediatico viene tuttavia omesso un particolare certamente rilevante: quelli che vengono chiamati débordements, o a volte semplici “eccessi”, sono in realtà il risultato diretto delle provocazioni e degli abusi di polizia essenzialmente funzionali alla repressione dei movimenti di protesta messa in atto dal governo. La massiccia e immancabile presenza di agenti in borghese, spesso totalmente sprovvisti di alcun segno di riconoscimento, è al centro di una strategia della tensione già denunciata con fervore da tanti delegati sindacali e dai rappresentanti della sinistra anticapitalista.
Maschere o occhiali da sci, caschetti e bastoni telescopici, zainetti in spalla, piccoli gruppi di “facinorosi” attendono in disparte agli angoli delle strade il momento propizio per intervenire. L’azione è sempre rapidissima, il copione è sempre lo stesso e viene messo in scena in maniera meticolosa. Durante il corteo un paio di testate giornalistiche nazionali iniziano a speculare sui possibili incidenti quando robusti cordoni di polizia vengono posizionati a pochi passi dai manifestanti per surriscaldare l’atmosfera. In una situazione del genere, per far scattare le cariche indiscriminate, sono sufficienti un paio di oggetti lanciati all’indirizzo della CRS, in genere petardi a basso potenziale o bottigliette vuote, e magari qualche cassonetto rovesciato, meglio ancora se dato alle fiamme. I casseurs, “Black block” incappucciati e dunque non identificabili per capirci, dopo essere sfuggiti alle maglie del servizio d’ordine della manifestazione, ed aver provocato una prima reazione delle forze dell’ordine, si dileguano. A questo punto la macchina repressiva è stata messa in moto e non può più essere fermata. Gli agenti della BAC, in borghese e in un primo tempo leggermente defilati, fanno il loro ingresso trionfale sulla scena lanciando un paio di granate assordanti in mezzo alla folla e gettandosi letteralmente sui malcapitati. La rabbia dei manifestanti, logica conseguenza all’esasperazione della situazione, viene immediatamente repressa da violente cariche della polizia in assetto antisommossa, tra manganellate, cannonate d’acqua, gas lacrimogeni e proiettili di gomma esplosi ad altezza d’uomo. I manifestanti ancora in circolazione vengono poi gradualmente confinati in una piccola zona attuando la brutale tattica del désencerclement prima di effettuare arresti sommari.
In pochi minuti il risultato tanto agognato dalle autorità si materializza e la manifestazione, anche la più pacifica, diventa il bersaglio di un attacco incrociato e minuziosamente premeditato. Alcuni giornalisti in diretta condannano gli incidenti, qualche pseudo commentatore sfoggia un po’ di becero moralismo criminalizzando i manifestanti, si inneggia allo stato di emergenza e al divieto di manifestare, mentre l’ipocrita politicante di turno invoca idignato l’aumento dei controlli e dell’uso della forza per la sicurezza dei manifestanti stessi. Ma come sempre accade, la farsa si trasforma presto in tragedia, basti pensare al caso del ventenne Jean-François, lo studente di storia che ha perso l’occhio sinistro dopo essere stato colpito da un proiettile di gomma sparato dalla CRS giovedì scorso a Rennes.
Squadre “antiterrorismo” con poliziotti armati fino ai denti, celerini della Compagnies Républicaines de Sécurité muniti di fucile, militari con armi da guerra che, come filmato a Strasburgo, danno manforte per disperdere i manifestanti violando palesemente la legge. Abusi di potere che seppur documentati restano solitamente impuniti, come per le irruzioni della polizia nelle università o come nel caso degli agenti in borghese che spesso si scagliano contro i fotografi per non essere immortalati. E ancora, cannoni ad acqua, gas lacrimogeni, granate assordanti, spray irritanti, un vero e proprio arsenale a disposizione della polizia per reprimere la protesta con estrema violenza nel tentativo di avvilire la mobilitazione e di terrorizzare cittadini e militanti.
Utilizzando lo stato di emergenza per imporre le sue fallimentari politiche di austerità, il governo francese porta avanti una repressione sistematica della rivolta sociale e ambientalista con l’aiuto della forza poliziesca, di alcuni gruppuscoli “politici” e dei mezzi di informazione vicini al potere. Le furiose cariche del Primo maggio, al pari del violentissimo sgombero di Place de la République avvenuto giovedì scorso, sono i segni dell’irreversibile decomposizione di un presidente Hollande che intende screditare le rivendicazioni dei lavoratori, degli studenti, dei precari, dei pensionati, dei disoccupati, della piccola e media impresa, degli artigiani e di tutti quei movimenti e sindacati che non intendono piegarsi alla precarizzazione del lavoro, allo sfuttamento e ai diktat della Troika e delle lobby.
In Francia la violenza è nello stato di emergenza, nella repressione perpetrata dal governo, nei licenziamenti facili, nel degrado dei diritti sociali e civili, nella precarietà, negli stipendi bassi e nelle pensioni minime, nell’aumento delle disuguaglianze e della povertà, nell’espansione dei più beceri sentimenti razzisti e islamofobi, nelle più tremende logiche di un sistema capitalista che disprezza la dignità umana e innalza barriere contro migranti disperati. E mentre il Nouveau Parti Anticapitaliste chiede a gran voce di sciogliere subito la Brigade anti-criminalité e di vietare l’uso dei proiettili di gomma, il programma del ministro degli Interni, il socialista Bernard Cazeneuve, è ben diverso: dotare al più presto proprio la BAC, e la CRS, dei fucili d’assalto tedeschi HK-G36 per essere pronti in caso di un possibile attacco terroristico. Oggi i veri teppisti indossano sempre più spesso giacca e cravatta.
Le immagini della fotogallery sono una gentile concessione della fotografa Lily Manapany e possono essere visualizzate sul suo blog personale
Oggi i veri teppisti indossano sempre più spesso giacca e cravatta.
E’ già da un pezzo ed anche i terroristi, non cambia molto, maggio francese 1968, Cossiga anni ’70, Seattle 2000, Genova 2001, solita storia, la soluzione è abbastanza semplice, tutti a casa nessuno più a lavorare men che meno pagare le tasse, Mahatma Gandhi solution, voglio vedere un pò …