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Mensa sana in corpore sano: al bando l’olio di palma

Contribuisce all’obesità e alla deforestazione, fa male ma costa poco. Una proposta di legge per fermare l’abuso di olio di palma sfida i lobbisti delle multinazionali

di Checchino Antonini

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C’è qualcosa in quello che mangiamo che contribuisce alla deforestazione del Sud del mondo e al surriscaldamento globale, che ci fa ingrassare e, soprattutto, fa ingrassare i nostri bambini. E’ l’olio di palma, con la sua carica di acidi grassi saturi che causa l’incremento di malattie legate all’obesità. Si guasta con molta più lentezza di altri olii e non sa di granché dopo il processo di raffinazione che fa arrivare alle stelle, però, la quantità di 3MCPD un contaminante che si sviluppa durante la trasformazione dei prodotti alimentari che, secondo la European Food Safety Authority (EFSA) di Parma, è altamente cancerogeno.

Per questa sua versatilità è molto usato nell’industria alimentare. Snack, creme di nocciola, uova di pasqua e merendine. E bisogna aggiungere il basso costo visto che viene prodotto nei paesi del Sud del mondo dove la mano d’opera costa sempre meno e le elites dominanti non trovano nulla da ridire nella trasformazione delle foreste pluviali in regimi di monocultura. Peccato che poi il terreno si inaridisca al punto da far risalire in superficie l’acqua del mare e addio foresta e addio a migliaia di oranghi che l’hanno eletta come habitat ideale. Perfino i produttori “onesti”, quelli che hanno dato vita a un consorzio per l’olio di palma sostenibile, ammettono che solo un quinto di quelle produzioni sarebbero davvero sostenibili.

Tutti problemi che in Italia non interessano a nessuno visto che siamo i maggiori importatori europeoi con un milione e seicentomila tonnellate da utilizzare come carburante, ingrediente per prodotti di bellezza e, ovviamente, merendine.

I piccoli italiani sono tra quelli con la maggiore quota di sovrappeso con tutti i rischi di diabete, malattie cardiovascolari e altri acciacchi ma, quando i pediatri consigliano di limitare a due a settimana la somministrazione di merendine, le mamme sgranano gli occhi come se stessero ricevendo una proposta indecente.

Ci vorrebbe un’educazione alimentare per i genitori, quegli alimenti andrebbero banditi dalle scuole e, più in generale, una serie di meccanismi dovrebbero rendere l’olio di palma meno competitivo. Ed è proprio a questo che punta una proposta di legge con cui due senatori dell’Altra Europa-Sì hanno intenzione di sfidare la mandria di lobbisti che campeggia nei corridoi del Parlamento italiano a difesa degli interessi delle multinazionali dell’agroalimentare. I segnali non sono proprio positivi visto che, subito dopo aver presentato la legge, Francesco Campanella e Fabrizio Bocchino, i due senatori, sono dovuti correre alla discussione di una legge che l’Europa vuole imporre per diminuire il rischio che i consumatori trovino scritto a chiare lettere che l’olio che stanno per comprare è frutto di miscele di oli. Finora, in Italia, l’avvertenza dovrebbe essere messa in evidenza sull’etichetta ma l’Unione europea dice che è ora di dire basta a tutti questi riguardi per i consumatori.

Ma l’Italia già da tempo ha iniziato a prendere le distanze dalla dieta mediterranea. Specie al Sud dove precipita la quantità di verdure e frutta consumate procapite. La media italiana è meno della metà di quanto dovrebbe essere, 700 grammi al giorno a testa. Al Senato, con i sue presentatori, è intervenuta anche Laura Di Renzo, ricercatrice del Dipartimento di Medicina e Prevenzione, Università Roma 2-Tor Vergata, che ha ricordato come il 60% delle morti sia causato da patologie non trasmissibili legate al fenomeno della “globesità”, l’eccesso di grasso, al processo di “McDonaldizzazione” ossia l’assunzione ogni giorno di molti più grassi di quanti sarebbero necessari. Slide alla mano, le proiezioni danno il fenomeno in crescita esponenziale nei prossimi decenni di pari passo con la spesa sanitaria.

«Vogliamo un circolo virtuoso, che progressivamente contribuisca all’adozione di uno stile alimentare più sano, pur tenendo conto che oggi un ritorno alla dieta mediterranea degli anni 50 e 60, fatta di cibi freschi, molte verdure, legumi, frutta, è quasi impossibile – ha detto il Senatore Francesco Campanella, alla presentazione di “Olio di palma, si cambia! Una legge per la salute dei consumatori”, oggi al Senato – e vogliamo farlo facendo leva sulla responsabilità sociale delle grandi e piccole imprese del settore alimentari, a cominciare dalle multinazionali, che fanno un uso massiccio di olio di palma».

Il disegno di legge “Disposizioni concernenti l’impiego e il trattamento fiscale dei prodotti contenenti elevati livelli di acidi grassi saturi, zuccheri aggiunti e dolcificanti articiali”, vede sul banco degli imputati principalmente l’olio di palma, che contiene un’alta percentuale di grassi saturi (in genere superiore al 50 per cento), e le bevande cosiddette “di fantasia”, cioè le bibite che contengono alte percentuali di zuccheri aggiunti e di dolcificanti artificiali.

La legge prevede di innalzare l’IVA sull’olio di palma dal 4 al 22 per cento, così da favorire l’adozione di oli più salubri, principalmente girasole e mais, la cui tassazione resterà invariata, mentre l’aliquota sui grassi idrogenati e parzialmente idrogenati passerà dal 10 al 22 per cento, anche se questi ultimi, per i quali è stata provata l’incidenza sul cancro, non sono quasi più utilizzati. Innalzata dal 10 al 22 per cento anche l’IVA su bevande con alti livelli di zuccheri aggiunti e dolcificanti artificiali.

«Il maggiore gettito fiscale generato sarà dedicato, così prevede la legge, alla realizzazione di campagne di educazione alimentare nelle scuole, in particolare nella scuola primaria, perché è proprio tra i bambini che si registra un rapido e preoccupante incremento del sovrappeso», ha precisato Bocchino, al punto che oggi questo problema tocca oltre il 32 per cento dei bambini/e italiani, con oltre il 10 per cento obesi. La legge prevede anche di vietare l’utilizzo di questi alimenti nella refezione scolastica e sanitaria.

«Il circolo virtuoso che la legge vuole innescare grazie a queste misure immagina che, sulla spinta della leva fiscale, le industrie sostituiscano l’olio di palma nei cibi confezionati, immettendo sul mercato, come già sta avvenendo, prodotti a base di altri oli, la cui bassa tassazione ne renderà vantaggioso l’uso, anche se più costosi dell’olio di palma», ha spiegato Campanella. «Contemporaneamente, proprio grazie alle campagne di educazione alimentare, la legge conta di incentivare il consumo di alimenti senza olio di palma e con bassi contenuti di zuccheri aggiunti».

«La segnalazione specifica ed evidente dei rischi per la salute in etichetta è un altro elemento qualificante della legge», ha sottolineato il Senatore Fabrizio Bocchino, «per costruire consapevolezza e rendere più facile e rapido fare la spesa. Sperando che poi non intervenga l’Unione Europea, costringendoci a uniformarci a diciture standard che tutelano meno i consumatori di quelle che abbiamo a livello nazionale».

A queste misure potranno dire grazie anche l’ambiente a livello globale e l’agricoltura italiana perché si scoraggerà l’importazione di oli prodotti all’estero, favorendo piuttosto l’utilizzo di oli derivati da piante coltivate ampiamente in Italia.

 

 

 

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