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Migranti, dal Baobab a Ventimiglia, l’appello: “no alle Idomeni d’Italia”

Le ong sull’emergenza negli insediamenti informali dove vivono i migranti “sistema di accoglienza saturo rischia di incrementarli. Le istituzioni devono mettere in campo misure necessarie per condizioni vita dignitose”

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ROMA – L’aumento dei flussi di persone in arrivo, la chiusura dei confini settentrionali, il fallimento delle procedure di ricollocazione e ridistribuzione dei richiedenti asilo verso gli altri Stati membri, rischiano di ricreare in Italia lo stesso scenario a cui abbiamo assistito in Grecia negli scorsi mesi,  con una conseguente “idomenizzazione” del nostro Paese.A denunciare l’emergenza negli insediamenti informali è un cartello formato dalle principali organizzazioni che in Italia si occupano di tutela di migranti e che ora chiedono a Governo e istituzioni più impegno per un’accoglienza dignitosa.

“Il sistema di accoglienza governativo, che già presenta evidenti limiti in termini di capienza, mancanza di turnover, scadente qualità dei servizi erogati soprattutto nei centri di prima accoglienza e in quelli attivati in emergenza dalle Prefetture, è ormai pressoché saturo – si legge nell’appello – A ciò si aggiunge la chiusura delle strutture di accoglienza attivate lo scorso anno per assistere i migranti in transito verso il Nord Europa, come i centri presso la stazione Tiburtina a Roma e quello di Ventimiglia. Si stima che siano almeno 10.000 in Italia i rifugiati e richiedenti asilo che vivono in insediamenti informali (stazioni ferroviarie, palazzi occupati, campi spontanei), in condizioni umanitarie critiche, con uno scarso o del tutto assente accesso alle cure mediche e privi di qualsiasi forma di assistenza. La cronica mancanza di posti nel sistema di accoglienza per richiedenti asilo e la mancata previsione di strutture per i migranti in transito, rischiano di incrementare il numero degli  insediamenti informali e la popolazione all’interno degli stessi”.

In particolare si ricorda che in questi giorni prosegue ininterrotto l’arrivo in Italia di minori, donne e uomini in fuga da violenze, conflitti e persecuzioni attraverso il Mar Mediterraneo, “con l’insopportabile carico di naufragi e migliaia di morti in mare. Attualmente il numero degli arrivi segue lo stesso andamento del 2015 quando in tutto l’anno si sono registrati 150 000 migranti sbarcati nel nostro Paese – scrivono le associazioni -. Il blocco della cosiddetta rotta balcanica a seguito della chiusura delle frontiere e dell’accordo tra Unione europea e Turchia del 18 marzo, rischia di incrementare ulteriormente i flussi di ingresso in Italia, con l’intensificarsi della rotta del Mediterraneo centrale con partenze dalla Libia e dall’Egitto e con la possibile riapertura di canali attraverso l’Adriatico”.

L’Unione Europea ha richiamato l’Italia al pieno rispetto del “Regolamento Dublino” che impone ai migranti provenienti da Paesi terzi in cerca di protezione internazionale di restare nel Paese membro di ingresso. Alle procedure più rigide di identificazione nei centri hotspot di ingresso nel nostro Paese, si affiancano controlli più serrati e minacce di erigere autentici muri presso le frontiere di uscita con la Francia (Ventimiglia) e l’Austria (Brennero).

Gli insediamenti spontanei a Ventimiglia e quello a Roma in via Cupa, costituiscono soltanto due degli esempi più recenti e più evidenti: in questi casi: “a fronte degli sforzi di vari attori della società civile di assistere i migranti riguardo le necessità primarie – cibo, servizi igienici, orientamento socio-sanitario di base – le istituzioni hanno reagito con sgomberi forzati, espulsioni, trasferimenti di migranti da una parte all’altra dell’Italia – continua l’appello -. Una volta di più gli sgomberi sembrano essere l’unica risposta possibile agli insediamenti informali di migranti, richiedenti asilo e rifugiati: risposta inutile, perché i migranti continuano a rimanere e a spostarsi sul territorio nazionale, abbandonati a se stessi”.

Chiediamo alle istituzioni competenti, nazionali e locali, di mettere in campo tutte le misure necessarie ad assicurare condizioni di vita dignitose e pieno accesso ai diritti umani fondamentali, tra cui il diritto alla salute, a tutti i migranti forzati presenti nel nostro Paese, bambini, donne e uomini, anche a coloro che si trovano al di fuori del sistema di accoglienza governativo, qualunque sia il loro status giuridico – chiedono le ong -. Sollecitiamo le autorità a sostenere gli sforzi di accoglienza e solidarietà messi in campo da privati cittadini e gruppi di attivisti e volontari, senza per questo favorire un meccanismo di sostituzione che sottragga gli organi competenti dalle loro responsabilità dirette. Il godimento di diritti fondamentali, come il diritto al cibo, all’acqua, alla salute, a non subire abusi e violenze, non possono dipendere dallo status giuridico dei migranti forzati né dalla loro volonta di cercare protezione nel nostro Paese o di considerarlo soltanto un transito verso altri Stati dell’Unione Europea”. L’appello è firmato da Asgi, Cefa Onlus, Cies, Concord Italia, Focsiv, Intersos, LasciateCIEntrare, Medici Senza Frontiere Italia, MEDU – Medici per i Diritti Umani, Oxfam Italia, Amref, Save the Children Italia, Sonia for a just new world, Aibi.

© Copyright Redattore Sociale

TAG: VENTIMIGLIABAOBABACCOGLIENZAEUROPAIMMIGRATISBARCHI

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