Referendum sul reddito di base in Svizzera: Vince il NO ma festeggiano i SI! #ThankYouSwitzerland. Un articolo del coordinatore di BinItalia
Il 5 giugno 2016 i cittadini svizzeri hanno votato per l’introduzione di un reddito di base universale e incondizionato. Una giornata storica non solo per i promotori, non solo per le tante reti e organizzazioni per il reddito sparse in tutto il paese, ma soprattutto è stata una giornata memorabile per la storia stessa dell’idea del reddito di base in tutto il mondo.
Il risultato definitivo dei SI, seguito in una diretta tv realizzata dai promotori e da centinaia di persone in strada, è stato sancito con un “23%” giallo oro disegnato sopra un enorme striscione nel centro di Basilea, ed è stato salutato con canti ed urla di gioia da parte dei promotori del referendum. Vincono i No ma festeggiano i SI!
In fondo questa avventura era iniziata come una provocazione e con pochissimi mezzi, un tentativo di avviare un dibattito che facesse uscire il tema del “reddito incondizionato” dalla dimensione della nicchia teorica e necessario a dare nuovo impulso nella società svizzera (ma non solo come vedremo), coinvolgendo economisti e filosofi, studenti e lavoratori, governo e opposizioni. Alla fine è stato, forse anche involontariamente, un segnale al mondo intero di come questo tema possa oggi essere compreso nelle sue tante sfaccettature. La stessa proposta di dare 2200 euro al mese a tutti i cittadini residenti sia che questi dispongano di un lavoro, che siano o meno disposti ad accettare un lavoro, potrebbe essere base di una discussione ancora più ampia del semplice “beneficio economico”. Un reddito di base incondizionato ed universale, questa la definizione esatta, per la cui introduzione sarebbe stato necessario addirittura “aggiornare” la costituzione elvetica con alcune nuove disposizioni. Una provocazione “alta”, portata fino in fondo, senza timori. Si perché questa non era solo in relazione al tema specifico del reddito di base incondizionato usato come chiave per avviare un dibattito che comprendesse le questioni più diverse della nostra contemporaneità. Dalla questione delle nuove povertà a l’idea di una nuova economia inclusiva e redistributiva, dalle trasformazioni del lavoro degli ultimi decenni (con l’emergente precarizzazione della vita) alla nuova rivoluzione tecnologica, dal tema della tassazioni delle transazioni finanziarie al sostegno di nuove forme di attività umana, dalla questione del riconoscimento del lavoro informale e domestico al tema della libertà e l’autodeterminazione delle persone.
La proposta del reddito di base incondizionato e la provocazione portata attraverso la campagna referendaria alla fine ha saputo coinvolgere migliaia di persone e oltrepassare le frontiere elvetiche come neanche gli stessi promotori potevano immaginare.
Nel corso della campagna referendaria per il SI ci sono stati, sopratutto in Svizzera, centinaia di incontri pubblici, trasmissioni radio e televisive hanno discusso del tema, la stampa internazionale e non solo elvetica ha dato un risalto enorme ai temi del dibattito, il web è stato una cassa di risonanza magnifica ed ha visto praticamente attivisti delle reti per il reddito di tutto il mondo rimandare notizie e dare contributi. Nel paese, ma anche altrove nel mondo, vi sono stati convegni con centinaia di relatori proveniente da tutto il mondo. Solo per citarne qualcuno segnaliamo quello del 4 maggio 2016 a Zurigo dal titolo “Futuro del lavoro” in cui il tema principale era indagare la connessione tra il reddito di base e la nuova rivoluzione tecnologica in corso. In particolare l’avvento della robotica è stato uno dei temi affrontati con più interesse durante la campagna referendaria. Ma gli eventi sono stati moltissimi ed è impossibile riportarli in un breve articolo. Gli incontri avvenuti a Maastricht con le reti europee per il reddito o la tavola rotonda tenuta a Ginevra alle Nazioni Unite fino alle mozioni degli enti locali, come quella del Comune di Losanna, per sperimentare forme di reddito di base. Ma i promotori hanno saputo fare molto di più, tanto che il 30 aprile 2016 anche i robot hanno detto la loro, scendendo in piazza per la “prima manifestazione dei robot per il reddito di base” che nel loroManifesto ufficiale presentato a Davos durante il World Economic Forum dichiarano: “Noi – i robot – chiediamo un reddito di base per gli umani. Grazie di averci creato. Vogliamo lavorare per voi. La nostra missione è di fornire alle persone beni e servizi. Il compito della politica è di fornire alle persone un reddito di base incondizionato. Inutile averci creato se poi voi umani non vi dotate di un reddito garantito per fare della vostra vita ciò che voi volete”. Lo stesso concetto è stato espresso a Ginevra prima, e aBerlino poi, con il più grande striscione al mondo (entrando ufficialmente nel World Guinnes ) che recitava: “cosa faresti se avessi un reddito garantito?”. Solo per darne notizia, dello striscione,realizzato con i teloni dei camion e grazie ad una raccolta fondi, se ne faranno borse e portafogli!
La campagna referendaria, da provocazione culturale, sociale e politica, è diventata appuntamento globale. Noam Chomsky ha dato il suo sostegno cosi come Yanis Varufakis, l’economista Robert Reiched il filosofo ed economista Philippe Van parijs che ringrazia ufficialmente la Svizzera o il musicista ex Roxy Music Brian Eno che ha sposato le idee del reddito di base.
E’ dunque evidente, per i promotori del referendum (ma non solo), che aver raggiunto il 23% non significa affatto aver perso. Al contrario. Nello specifico va tenuto conto infatti che la proposta è stata osteggiata praticamente da tutti i partiti, in particolare il governo che ha esultato del risultato dei NOe che non ha fatto altro che ripetere che “la Svizzera sarebbe fallita economicamente” se il SI avesse vinto. Ben sintetizza il Sole 24 ore del 5 giugno: “in Svizzera passa la linea del governo”. Questo malgrado i diversi studi di costo e le proposte di economisti e il sostegno alla proposta del reddito di base del premio Nobel all’economia Angus Deaton o Joseph Stiglitz.
Un altro dei motivi che molti dei sostenitori del NO hanno portato a giustificazione della loro decisione è stato che le persone non avrebbero più lavorato. Ma poi un sondaggio realizzato durante la campagna referendaria ha dimostrato l’esatto contrario, e cioè che solo il 2% degli intervistati avrebbe smesso di lavorare, ma che molti altri avrebbero scelto un altro lavoro più consono alla loro formazione, capacità, desiderio, aspettativa. Tra le giustificazioni dei NO va poi annoverato il timore per “gli stranieri” in particolare i transfrontalieri (gli italiani?), come coloro che sarebbero “venuti in Svizzera a prendere il reddito di base”. Il governo agli inizi di questa avventura ha riso alla proposta, ma poi si è mobilitato con tutta la sua forza lanciando l’allarme bancarotta; le sinistre vetero-lavoriste si sono mosse lanciando l’allarme di una società piena di nullafacenti e le destre lanciando l’allarme di invasioni di immigrati.
Anche se i sostenitori del SI hanno fatto un enorme lavoro di informazione smontando pezzo dopo pezzo le “paure” di fronte a questa proposta è del tutto evidente che il lavoro da fare rimane ancora molto per diventare maggioranza, ma la strada è stata tracciata.
Ma tra i tanti del fronte del NO sono prevalse anche altri ragioni, interessanti da alcuni punti di vista. C’è anche infatti chi ha sostenuto che 2500 franchi in fondo non sono una cifra adeguata per giustificare il taglio ad alcune misure di welfare (la proposta infatti prevedeva un accorpamento di alcune misure già esistenti).
Guardando meglio e nello specifico possiamo dire che i numeri del SI tutto sommato sono più che incoraggianti ed il risultato ci dice che 1/3 dei votanti ha sostenuto le ragioni della proposta. I Si hanno infatti raggiunto il 23,1%, con alcune zone del paese come Neuchatel con 17mila Si e 30mila NO, oppure nella zona di Giura con 7mila SI e 12mila NO o come nella città di Basilea dove i Si hanno raggiunto il 36% o Genf (34,5%). In alcuni distretti di Basilea i SI hanno superato il 50%. Anche la parte italiana del Ticino ha dato un ottimo segnale con il 21,9% dei Si, circa 22mila persone su 100mila. Ed ancora a Zurigo con 110mila Si (25,1%), Ginevra quasi 45mila Si (34,7%) per un totale nazionale di 570mila voti a favore. Un risultato impressionante, insperato se si considera che questa avventura era partita per “smuovere” il dibattito, per ed intorno al reddito di base, e dare un senso concreto di “fattibilità” alla proposta.
Ma ci sono altri dati interessanti che è importante sottolineare: il 69% di tutti gli elettori credono che in futuro il tema del reddito di base sarà riproposto con un altro referendum. In particolare tra coloro che hanno detto di votare SI (83%) un altro referendum in futuro sarà necessario. Il 72% degli intervistati crede che molti tipi di lavoro tradizionale nei prossimi anni scompariranno e sarà necessario avere un reddito garantito. Gli svizzeri ritengono che l’argomento più forte per il reddito di base sia proprio la flessibilità e l’incertezza del lavoro a causa dell’avvento delle nuove tecnologie.
Tra i giovani elettori (18-29 anni) il 41% pensa che un reddito di base sarà comunque introdotto negli anni a venire. Otto elettori su dieci vedono questo primo referendum come l’inizio per discutere meglio della proposta. Anche tra gli elettori dei diversi partiti svizzeri è aumentata la percentuale delle persone che credono che un reddito garantito sia un tema all’ordine del giorno.
Il 49% degli intervistati vede il reddito garantito come una forma di valorizzazione del lavoro non retribuito, in particolare quello domestico e del volontariato. Due terzi di tutti gli elettori credono che una forma di reddito di base sarà introdotta entro i prossimi due decenni. Tra questo il 70% dei sostenitori del No crede che il reddito di base sarà introdotto entro 25 anni. Il 44% dei sostenitori del SI credono che un reddito di base verrà introdotto entro 15 anni. Il 64% delle donne intervistate vede il referendum come l’inizio per introdurre un reddito di base. Il 77% degli svizzeri vogliono testare e sperimentare forme di reddito garantito su base locale.
Va detto infine che questa esperienza elvetica non cammina da sola soprattutto nel continente europeo. Interessanti i risultati del primo sondaggio tra i cittadini europei mai avvenuto prima sulla proposta di un reddito di base continentale in cui si evince che il 64% dei cittadini europei sono d’accordo nell’introdurre un reddito garantito. Vanno poi evidenziati altri importanti segnali che ci raccontano che qualcosa sta accadendo, soprattutto in Europa. La Finlandia ha avviato uno studio per introdurre, a partire dal 2017, forme di reddito di base; l’Olanda vede numerosi comuni predisporsi a trasformare l’attuale reddito minimo garantito in forme di reddito minimo incondizionato; la regione francese dell’Aquitania ha nel programma di governo la sperimentazione di un RSA (Revenu Solidaritè Active) senza l’imposizione dell’obbligo ad accettare un lavoro; ed ancora, il referendum in Svizzera ha rilanciato il dibattito in Germania dove una raccolta firme chiede che venga introdotta la possibilità di promuovere il referendum propositivo e come primo quesito proprio il reddito di base.
Insomma l’Europa non è solo quella dell’austerity dei governi o della nascita delle destre xenofobe, si muove anche altrove e trova anche una nuova partecipazione quando le proposte, come quella del reddito garantito, rispondono alle contraddizioni del mondo in cui viviamo. Vanno infine ricordate la campagna europea del 2014 (Iniziativa dei Cittadini Europei ICE) che ha visto 300mila persone dei diversi Stati membri votare a favore di una misura europea di reddito garantito e le iniziative, tra le altre, nel corso di questi anni come in Spagna o nelle campagne sociali in Italia nel 2012 e nel 2015con le migliaia di firme per le proposte del “reddito minimo garantito” e del “reddito di dignità” (sepolte ormai in qualche cassetto del Parlamento italiano).
Insomma, il referendum in Svizzera si è concluso con una sconfitta per i SI, certo. I risultati e le ragioni sembrano però dire altro. Il coinvolgimento sociale, politico e culturale durante la campagna referendaria e l’eco avuto in tutto il mondo ci dicono molto di più. Siamo sicuri infatti che di sconfitta si possa realmente parlare? Ce lo dicono le urla di gioia dei promotori del SI alla notizia del 23% raggiunto che ci racconta tutta un’altra storia. Una storia tutta da vivere!
Sandro Gobetti è il Coordinatore BIN Italia