Nel 71% chi è in testa al primo turno ha poi vinto il ballottaggio ma fa eccezione M5s che ha ribaltato più volte il risultato specie quando s’è fronteggiato col Pd. Ancora casini dentro Sel a Roma. “Sinistra” Pd voterà Pd
di Giulio AF Buratti
Fra il primo e il secondo turno l’affluenza calerà del 15%, fa sapere l’Istituto Cattaneo spiegando anche che i grillini sono una «macchina da ballottaggio». «Per la natura composita del suo elettorato e per il suo messaggio trasversale e pigliatutti il M5s si dimostra una macchina da ballottaggio, in grado di smentire i pronostici della vigilia soprattutto quando sfida un candidato del Partito democratico». Nel 71% dei casi, infatti, negli ultimi sei anni chi ha chiuso in vantaggio al primo turno ha poi vinto il ballottaggio. La forza politica che più di ogni altra fa eccezione è il Movimento 5 Stelle che ha vinto 13 ballottaggi su 24 (pari al 54,2%) e, quando era in competizione con lo schieramento di centro-sinistra, è riuscito a ribaltare il risultato elettorale del primo turno in 10 casi.
Intanto a Roma, scoppia un’altra tempesta nel piccolo mare di Sel: «Sconcerto e imbarazzo» della candidata Presidente Giovanna Seddaiu (Sel-Sinistra Italiana) e della lista Sinistra per Roma per un comunicato a firma di sei persone nel quale si dichiara, a nome di Sel, il proprio voto alla candidata del Pd nel II municipio a Roma. «Non ci sorprende, avendo gli stessi sostenuto esplicitamente candidati in liste a sostegno del Pd, boicottando la candidatura scelta da Sel in appoggio a Fassina», si legge in un comunicato che conferma lo sport preferito di un pezzo di Sel: trovare sponda nel Pd. Tra i sei “ribelli dissidenti” spicca Cecilia D’Elia, esponente del coordinamento nazionale di Sel che avrebbe pensato bene di infischiarsene di una decisione presa in un’assemblea pubblica in cui si è scelto di non sostenere alcun candidato al ballottaggio. Le crepe vistose del nuovo soggetto erano venute alla luce nelle ore incerte tra l’esclusione delle liste di Fassina e la loro riammissione. in quell’occasione era emersa con forza la tendenza di chi era insoddisfatto per la scelta di correre lontano dal Pd ma, a differenza di Milano e Bologna, quell’anima di Sel non aveva avuto la forza di correre con Giachetti. All’indomani del primo turno, due figure di spicco del partito a Roma, Catarci e Peciola, l’ex presidente dell’VIII e l’ex capogruppo in Campidoglio, s’erano spicciati a convocare le agenzie per dire che, dopo “lo sfacelo” del voto romano a sinistra, Fassina si sarebbe dovuto assumere le proprie responsabilità. Ancora una volta, è la filiera di Smeriglio, potente vice di Zingaretti alla Pisana, a scalpitare più di altri.
Pochi giorni fa lo stesso Fassina è dovuto intervenire contro le voci che gli giungevano su «presunte trattative di qualche candidato alla presidenza di municipio di Sinistra per Roma per un apparentamento con il Pd in cambio di qualche poltrona da vice presidente o assessore municipale. Sono sicuro che si tratta di notizie infondate data la qualità di tutti i nostri candidati. Inoltre tutti i nostri candidati sono consapevoli che la lista Sinistra per Roma e il suo simbolo sono indisponibili per qualunque tipo di apparentamento». Questo aveva spinto Paolo Cento, segretario romano di Sel, a confermare che non ci sarà «alcun apparentamento con i candidati del Pd al ballottaggio».
Ma non è solo la “grande Sel” ad avere grane con i ballottaggi, dopo l’endorsement per la Raggi, intestato a Massimo D’Alema da Repubblica, la “sinistra” del Pd s’è spicciata ad annunciare che sarà «Con Fassino, Sala, Cosolini, Merola e Giachetti e con tutte le nostre candidate e candidati. Adesso conta solo questo. Chi cerca la polemica o chi la cavalca, fuori e dentro il Pd, piglia lucciole per lanterne – scrive “Sinistradem-Campo aperto”, l’associazione presieduta da Gianni Cuperlo – dopo discuteremo di tutto, ma fino a domenica conta solo conquistare un voto in più. Anche un singolo voto di più».