Alfano vuole fare il Crociato contro l’Islam e sforna un’idea inutile e dannosa: gli imam dovranno parlare italiano. La grottesca idea di addomesticare l’Islam per allinearsi al ventre molle razzista
di Federigo Borromeo
Alfano, il ministro dell’interno del Governo Renzi (leader di un partito amato dai media, da alcuni ambienti ecclesiastici, ma falcidiato dalle inchieste giudiziarie su suoi esponenti e dagli elettori che proprio non lo vogliono), ne fa un’altra delle sue. Oggi in effetti i quotidiani titolano: Statuto per gli Imam e prediche in italiano; la proposta di Alfano: così si favorirà il dialogo tra lo Stato e le comunità islamiche. Insomma gli Imam dovranno parlare correntemente la nostra lingua e conoscere storia e cultura italiane. Scrive Piccolillo sul Corriere della Sera “prediche in italiano e statuto dell’imam (…) Quegli imam che accetteranno di sottoporsi a una formazione, che non entrerà nella dottrina di fede, ma sarà una formazione sulle regole italiane, saranno riconosciuti e avranno accesso a luoghi protetti.”
Complimenti vivissimi per un governo che si dice liberale e laico: si tratta però di una micidiale mistificazione ideologica. Tanto per cominciare le tendenze dominanti dell’Islam sunnita non ammettono il clero e tanto meno gerarchie; nell’Islam sciita pur non ammettendo un vero e proprio clero la situazione è diversa; quindi è una perfetta baggianata di odio verso l’Islam assimilare ai nostri preti figure autorevoli nelle comunità islamiche come i cosiddetti Imam o Ulama.
In secondo luogo il luogo di culto per un musulmano non è obbligatoriamente una Moschea, ma quasi qualunque luogo: non si può quindi dare una Patente di stato per i luoghi di culto.
Terzo aspetto. Le preghiere musulmane sono tutte espresse in arabo, quanto ad altre concioni nei luoghi di culto impostate da una figura carismatica possono essere in arabo di alto livello letterario, oppure in arabo più popolare (ma i Marocchini hanno notoriamente per esempio un arabo parlato assai diverso da altri arabi), in turco, in bengali, in pashtun, ecc. Ora un discorso in luogo di culto fatto in lingua italiana verrebbe percepito dai fedeli e dalla gente sostanzialmente come estraneo.
Inoltre, se esistono degli Imam “collaborazionisti” o comunque disposti ad allinearsi alle regole di Alfano, questo non significa che chi non vi aderirà sia un filo terrorista, significa soltanto che non vi ha aderito. Guardando per esempio agli Stati Uniti è impensabile ad allineamenti illiberali di questo genere anche verso le fraternities musulmane più radicali. Anzi, nulla impedisce a un Imam allineato di essere un filoterrorista “mascherato”.
Questa dimensione di addomesticare l’Islam è semplicemente grottesca se non foriera addirittura di ulteriori odi. E’ disdicevole questo volersi allineare al ventre molle razzista, travestito da buonista, dell’Italia bacchettona, intollerante e reazionaria.
E che dire poi delle comunità induiste presenti in Italia? Certamente quelle a impostazione ipernazionaliste e arianeggianti non sono proprio degli stinchi di santo… Bisognerà parlare in italiano anche nelle festività Indù?
A Roma a San Luigi dei Francesi a Roma, a Sant’Attanasio al Corso, a San Giorgio, a San Nicola di Tolentino, i giannizzeri di Alfano proibiranno le prediche in Francese, in Greco, in Egiziaco, in Armeno? Oppure in queste chiese si può predicare in lingua mentre gli Arabi che parlano la loro lingua negra non possono?
La lotta al terrorismo si fa con l’intelligence e con le indagini accurate: non si mischi fraudolentemente l’odio e il non rispetto verso l’Islam con la lotta al terrorismo integralista!