La lotta durissima dei lavoratori di Genova. La multinazionale svedese Ericsson annuncia esuberi ma punta ai soldi che il governo ha stanziato per la banda larga. Dal 2007, 13 procedure di licenziamento
da Genova, Checchino Antonini
Otto scioperi in tre settimane lavorative, cortei con altri lavoratori metalmeccanici e postelegrafonici autoferrotranvieri, blocchi dei caselli dell’aeroporto e della sopraelevata. E oggi, lunedì 25 luglio, per la nona volta i lavoratori Ericsson hanno incrociato le braccia per far sentire il proprio disappunto nei locali del consiglio regionale: oggi, infatti, s’è tenuta la riunione congiunta delle commissioni lavoro di Comune e Regione. Loro avevano chiesto che fossero i due consigli a riunirsi insieme e produrre una deliberazione in tempo utile com’è stato a suo tempo per la vertenza Ansaldo. Ma il governatore Toti (Forza Italia) ha preferito allungare i tempi, Calenda, ministro allo Sviluppo economico, è suo amico e solo in apparenza nel campo politico avverso. Le commissioni, tuttavia, si sono dichiarate disponibili a sottoporre un documento ai consigli ma i tempi sono strettissimi perché il sindaco Doria e la Giunta regionale si impegnino a fare ogni passo per bloccare il piano della Ericsson.
E’ complessa e durissima la lotta dei lavoratori Ericsson di Genova, colosso del settore e gestore delle reti mobili H3G e Vodafone. Quando nel 2006 la multinazionale svedese rilevò la Marconi Spa, altra multinazionale delle telecomunicazioni, sembrava una buona notizia, stava per nascere sulla collina degli Erzelli il Parco tecnologico e loro ne sarebbero stati capofila. Invece, in meno di nove anni si sono inseguite tredici procedure di licenziamento. Da 1100 impiegati, i dipendenti sono crollati a quota 600. E la bestia non è ancora sazia: l’ultima procedura di licenziamento, annunciata dall’azienda il 10 giugno, prevede 385 esuberi di cui 153 in R&D, quel settore ricerca e sviluppo che la multinazionale ha sempre rivendicato come fiore all’occhiello della sua presenza in Italia. E 147 di quegli esuberi sono a Genova (di cui 137 nel settore R&D), già colpita pesantemente dalle altre fasi della ristrutturazione, dove i piani dell’azienda stanno incontrando la resistenza più radicale. Proprio oggi la notizia delle dimissioni del Ceo, Hans Vestberg, annuncia altre misure drastiche della multinazionale dopo i risultati del secondo trimestre che vedono una contrazione delle vendite dell’11% e del 26% dell’utile netto
Il gruppo è principalmente attivo nello sviluppo e nella vendita a livello mondiale di una vasta gamma di soluzioni e prodotti destinati principalmente a clienti industriali attivi nel settore delle telecomunicazioni e in parte ai consumatori finali.
A margine delle iniziative per gli anniversari delle giornate del luglio 2001, Massimo Dalla Giovanna e Daniela Roccu, Rsu della Slc-Cgil, fanno il punto della vertenza Ericsson per la quale il 28 luglio prossimo scadono i 45 giorni in cui, per legge, si può raggiungere un accordo tra azienda e sindacati per provare a individuare un accordo e il 27 agosto scadono i termini anche per il Ministero del Lavoro.
«Entro quella data vogliamo un incontro al Mise, il ministero per lo sviluppo economico, per non discutere di esuberi strutturali, per uscire da quella logica», spiegano i delegati che fanno entrambi riferimento all’area Il sindacato è un’altra cosa-Opposizione in Cgil. «Abbiamo molte proposte da fare per fermare i licenziamenti e mantenere il nostro posto di lavoro, in particolare sulla Banda Ultralarga, business che metterà in campo il Governo fino al 2020 con 7 miliardi di euro pubblici e che la Ericsson ha dichiarato essere uno dei business principali a cui punta. E noi abbiamo sempre avuto le competenze per fare questo. Ma Ericsson vuole solo licenziare i “vecchi” con un salario ancora decente e dei diritti derivanti dallo Statuto dei Lavoratori per assumere invece alcuni giovani “jobs act-izzati”, con bassi stipendi e pochi diritti, licenziabili ogni momento, senza articolo 18 e spostare la realizzazione di alcune parti di questi progetti all’estero, nei paesi dell’Est e Sud-est asiatico a basso costo».
Ma a quell’incontro Ericsson s’è finora sottratta mentre ha avuto la capacità di convocare, a sua volta, il governo promuovendo il proprio meeting annuale (su “Giovani, innovazione, crescita” proprio in una sala di Palazzo Madama». Calenda era in cartellone con altri due colleghi di governo ma sarebbe stato troppo imbarazzante farsi vedere lì dopo il diniego della multinazionale, senza alcuna spiegazione, di partecipare al suo tavolo fissato per il 22 giugno.
Il diario di questa lotta è davvero fitto: venerdì 10 giugno l’annuncio della procedura, lunedì 13 la prima assemblea con 400 presenze su 600 lavoratori. E subito due ore di sciopero con il blocco, per un’ora, del casello di Genova Aeroporto. Martedì 14, otto ore di sciopero e due iniziative: Regione e Comune. E’ allora che s’è riusciti a strappare la convocazione del tavolo disdetto dal management aziendale solo il giorno prima. Così i lavoratori della Ericsson hanno scioperato immediatamente, otto ore (sebbene una parte dei lavoratori siano sottoposti alle procedure di “raffreddamento” previsti dalla legge antisciopero sui servizi pubblici), sfilando in corteo da Piazza De Ferrari fino alla Prefettura dove sono saliti, dopo un nuovo blocco al casello, accompagnati dal sindaco Doria e alcuni emissari del governatore Toti. Parte una nuova richiesta di incontro al Mise da parte della prefetta ligure. Il giorno dopo, altre 8 ore come il 28, con blocco per tutta la giornata della Sopraelevata e quindi della città.
L’appuntamento, per un nuovo corteo per le vie della città, è per le ore 9.30 del 5 luglio – è un martedì e non sarà il prolungamento del week end – a Sampierdarena in concomitanza con altre manifestazioni di altri lavoratori che darà ancora più enfasi al tutto, come già accaduto con i metalmeccanici. Quel giorno ci sarà infatti lo sciopero regionale dei servizi postali (senza la CISL) e dei lavoratori del Trasporto Pubblico Locale. Dopo quello di venerdì 8 luglio, si sciopererà ancora il 16 luglio, 4 ore coi metalmeccanici in sciopero per il rinnovo.
Chissà se questi cortei congiunti siano riusciti a indicare alla Camera del Lavoro la via maestra della convergenza delle lotte. «Vorremmo tanto che fosse così», rispondono i delegati ma esiste sono un coordinamento con due aziende metalmeccaniche del Parco degli Erzelli. Le segreterie nazionali sono apparse a dir poco piuttosto timide, così come i responsabili sindacali del coordinamento tra i lavoratori del gruppo. In realtà i sindacati avevano appreso del piano di esuberi un mese prima della sua ufficializzazione e ci sarebbe stato tutto il tempo per mettere a punto un’azione congiunta a livello nazionale. Invece, solo l’8 luglio c’è stato lo sciopero nazionale del gruppo e solo quattro giorni dopo il primo momento di coordinamento. «Genova si è sentita sola in questa lotta». Per non dire il livello sovranazionale: esiste solo il Cae, un coordinamento previsto dal regolamento aziendale (per l’Italia partecipano un rappresentante ciascuno di Cgil, Cisl, Uil) ma non ha alcuna funzione contrattuale e può solo formulare quesiti al management.
Eppure l’acquisizione di Marconi da parte della multinazionale svedese nel 2006 per 2,10 milioni di euro sembrava nascere sotto i migliori auspici – raccontano i delegati – insieme al marchio rilevava la maggioranza delle attività relative alle reti di accesso, agli apparati e servizi Data Networks con base in Nord America, i Servizi internazionali che includono le attività di Telecomunicazioni (installazione, commissioning e manutenzione) non stanziate nel Regno Unito, le attività nei Servizi a Valore Aggiunto (VAS) nel Medio Oriente e le attività relative ai Servizi Wireless Software. I dipendenti erano 3228 complessivamente nelle sedi di Genova, Roma, Napoli, Assago (Mi), Mestre, Caserta e Torino per quanto attiene al contratto delle Telecomunicazioni.
Il 19 maggio 2012 Regione, Comune e Provincia di Genova, insieme con i Ministeri dello sviluppo economico e dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca firmano con Ericsson Telecomunicazioni Spa l’accordo di programma. L’accordo prevede un finanziamento complessivo di 41,9 milioni di euro (24 milioni del MIUR, di cui circa 5 milioni a titolo di contributo e circa 19 milioni come credito agevolato; 6,9 milioni del MISE, di cui 4,6 milioni quale contributo alla spesa e 2,3 milioni come contributo in conto interessi e 11 milioni di Regione Liguria di cui 5,3 quale contributo alla spesa e 5,7 in forma di credito agevolato a valere sull’Asse 1 – Misura 1.1 del POR-FESR 2007-2013) per la realizzazione del nuovo Centro di ricerca e sviluppo di apparati e sistemi di telecomunicazione dell’azienda all’interno del Parco scientifico e tecnologico di Erzelli del costo complessivo previsto pari a 73,3 milioni di euro. Il “contributo” pubblico viene chiesto dall’azienda con lo scopo di incentivare nuovi progetti di ricerca da sviluppare nell’ambito delle telecomunicazioni con la prospettiva di una crescita occupazionale sul territorio. A fronte vanno però presentati, come da Accordo di programma, dei progetti di ricerca che l’azienda prevede a partire dalla seconda metà del 2012 con l’obiettivo di ultimarli entro il 2014; diversamente Ericsson, nei primi mesi del 2014 decide di non portare avanti i progetti e contemporaneamente la regione Liguria decide di detrarre 9 degli 11 milioni previsti dall’accordo sopracitato.
«Meno chiaro è invece l’esito della richiesta circa i fondi riferiti al Mise, questo a quanto riferiscono le stesse organizzazioni sindacali», segnala anche il deputato ligure, Stefano Quaranta (Si), in una recentissima interrogazione parlamentare. Infatti, nel nuovo piano industriale, Ericsson oltre ad annunciare il piano esuberi, manifesta un forte interesse al progetto del governo riguardante la Banda ultra larga che prevede un importante investimento futuro da parte del Mise. Ad oggi la multinazionale svedese sembra essere il giusto player viste le competenze che potrebbe mettere in campo: tecnologie di rete ottica, tecnologia IP routing ed i sistemi di gestione e controllo di rete, ambiti tecnologici dove le sedi di ricerca e sviluppo di Genova e Pisa erano da sempre fra i leader mondiali e, oggi nonostante tutto, ancora potrebbero esserlo. Ma il piano esuberi e i cambi al vertice potrebbero essere il prodromo di un possibile disimpegno a livello nazionale.
Sono stati erogati quei soldi? Che cosa intende fare il governo per capire se Ericsson ha rispettato gli impegni dell’accordo di programma? Farà qualcosa per far ritirare gli esuberi o per mettere clausole ad hoc per il bando della banda ultralarga? Domande che i lavoratori continuano a formulare sottolineandole con forti momenti concreti di conflittualità.
L’autunno di Genova potrebbe essere uno dei più caldi in una città dove, dall’inizio della crisi, l’industria perde mille posti l’anno e almeno cinquemila operai vivono in quello stato di sofferenza salariale che chiamiamo cassa integrazione. I grandi nomi – Piaggio (che vuole dimezzare ulteriormente la forza lavoro), Siemens (che sta per cederne tre quarti), Ilva, Smag – e il pulviscolo straziato della piccola e media impresa disegnano ormai un paesaggio di crisi dentro il quale il padronato sta riscrivendo a proprio vantaggio i rapporti di forza.