Ibm licenzia 156 famiglie. La resistenza dei lavoratori sei Sistemi Informativi contro la multinazionale. Il video dei loro figli che gridano: «No ai licenziamenti!»
di Francesco Ruggeri
«Prima di realizzare questo video, ci abbiamo pensato su a lungo – scrivono i lavoratori di Sistemi informativi – ci siamo domandati se fosse etico far parlare anche i bambini. Ma sono stati loro a decidere per noi. Hanno deciso quando hanno visto le loro mamme e i loro papà in ansia, quando li hanno visti preparare le magliette rosse per andare ai flash mob. Hanno chiesto e abbiamo dovuto spiegare loro che IBM e la Sistemi Informativi considerano le loro mamme e i loro papà non persone, ma pesi da gettare a mare. Hanno chiesto e gli abbiamo dovuto dire che da settembre le loro famiglie non sarebbero più state quel posto felice e accogliente che preparava il loro futuro. E allora i dubbi sono svaniti. Anche la voce e gli occhi dolci e sereni dei nostri bimbi si fanno sentire. Fanno sentire che la dignità di ciascuno passa dalla possibilità di dare un futuro ai propri figli.
No ai licenziamenti, lavoro e dignità».
Dopo un periodo di cassa integrazione a zero ore vissuto nell’attesa di un piano industriale mai arrivato, è arrivata la procedura di licenziamento per 156 dipendenti su 960 totali, 132 rischiano il posto nella sede di Roma. «156 famiglie vengono gettate nella disperazione – hanno spiegato a Popoff le Rsu – ma neanche agli 800 che al momento hanno salvo lo scalpo è assicurato un futuro. Dopo anni di rosso, il bilancio è stato magicamente ripulito. Nessun investimento è stato fatto e neanche risulta programmato. E’ ipotizzabile qualunque scenario, ma una cosa è certa: si va verso un esaurimento delle commesse per poi rottamare il personale. D’altronde, è quello che fa da vent’anni IBM». Infatti, si è scesi dai quasi -4 milioni di rosso del 2014 a circa -118 mila euro del 2015. Sono calati i ricavi, come si dice nelle motivazioni della procedura di licenziamento collettivo, ma sono calati i costi, soprattutto quelli “generali”, non ben specificati nel bilancio stesso. «Cos’altro sta riservando IBM alla Sistemi Informativi? – ipotizzano le Rsu – Spezzatini? Cessioni di comodo?
I lavoratori hanno iniziato una lotta per ribaltare le decisione del colosso informatico mondiale: chiedono che si inizi a discutere seriamente di un piano industriale, di investimenti nella formazione e nell’innovazione e l’utilizzo degli ammortizzatori sociali non per sottrarre denaro allo Stato ed ai lavoratori, ma per rilanciare davvero l’azienda. Si chiede di ritirare la procedura di licenziamento collettivo. Esistono soluzioni non traumatiche in termini occupazionali, come i Contratti di Solidarietà, che potrebbero essere utilizzati per attuare quel cambio di rotta annunciato nel “fantomatico” piano industriale.
Già nel 2013, i lavoratori di Sistemi Informativi (SI) avevano creato una cassa di resistenza per dare un aiuto economico ai 292 dipendenti in cassa integrazione per un anno. Le RSU rivendicarono un piano industriale che rilanciasse l’azienda e garantisse l’occupazione. Le proposte interessanti furono messe nero su bianco ma il piano è rimasto carta straccia. Era stata promessa l’istituzione di un centro per lo sviluppo di software a distanza offerto al mercato internazionale (il Rome Delivery Center), l’istituzione di “business unit” che aggredissero con più efficacia il mercato, la valorizzazione dei cosiddetti “asset” aziendali, cioè quei prodotti che potevano essere “pacchettizzati” e venduti a più clienti, la riqualificazione del personale verso tecnologie più attuali (mobile, cloud, data analitics).
Spiega il collettivo d’inchiesta, Clash City Workers, che si tratta «ancora una vicenda di un’azienda che davanti alla riduzione dei profitti decide di scaricare le proprie inefficenze sui lavoratori».
«Si può permettere a una multinazionale di distruggere sistematicamente il patrimonio di competenze del Paese, in nome di logiche finanziarie e con la copertura di operazioni di facciata che non hanno futuro? I lavoratori dicono di NO. IBM non può uccidere il nostro futuro!», chiedono i lavoratori Si a governo, opinione pubblica e media.