Chi è Matteo Salvini, il leader della Lega, e perché prende piede in quartieri e territori che prima votavano a sinistra oppure, come a Sud, dove non avrebbe potuto mettere piede. L’ultimo libro di Matteo Pucciarelli
di Enrico Baldin
Si schiera a fianco dei penultimi contro gli ultimi, batte sempre gli stessi chiodi di immigrazione e Europa, ha fatto affiancare la Lega a Putin e ai movimenti europei dell’estrema destra anti-Euro e anti-immigrati. I karma della Lega Nord li conosciamo bene, le idee di Salvini pure, vista anche la sua massiccia presenza nei palinsesti televisivi. Ma ciò che forse ancora mancava è una “radiografia completa” del segretario del Carroccio, oltre ai contenuti, oltre ai messaggi, nel profondo di una strategia, di un linguaggio e di una forma che hanno portato la Lega dall’ansia da soglia di sbarramento a partito largamente sopra il 10% che – complice l’agonica crisi di Forza Italia – ambisce a porsi come capofila di una coalizione di destra che affronterebbe alla pari Renzi e i grillini.
A provare a fare questo lavoro paziente di ricerca e studio è Matteo Pucciarelli, giornalista di La Repubblica, che ha realizzato per Feltrinelli di “Anatomia di un populista. La vera storia di Matteo Salvini”. Negli scorsi mesi Pucciarelli ha seguito il leader della Lega nei “luoghi” in cui si muove maggiormente, dai social alle piazze, dagli studi televisivi ai mercati cittadini. Un leader che ambisce ad essere riferimento per tutte le classi sociali e – metamorfosi della Lega salviniana – per tutte le aree del paese, oltre a quella che un tempo era la linea di confine del fiume Po. Salvini ripete ossessivamente le sue ricette xenofobe e anti-europee e le imposta come se queste fossero la soluzione per tutti, dagli imprenditori, ai cassintegrati, agli operai, ai pensionati e disoccupati. Con un pizzico di populismo, perché nel mirino di Salvini finiscono sempre bersagli di facile mira quali gli ultra citati e non meglio specificati “tecnocrati”, “burocrati” e “politicanti”. Il tutto ponendosi non solo come opposto a costoro, ma anche come «everyman, uomo della strada, uomo della porta accanto» come lo definisce a più riprese Pucciarelli nel libro. Salvini al contempo instilla ansie e paure e offre rassicuranti e semplicistiche soluzioni, proposte con messaggi, tweet e post immediati, spesso ripetitivi, di facile assimilazione. Poco eleganti non solo nei contenuti ma anche in una forma che si rivela spesso scurrile e cruda, perché del resto l’eleganza e il politically correct è cosa da “buonisti”. Dà una immagine di sé di italiano medio, che a fianco alle celeberrime “ruspe” posta nei social la felicità per l’azzurro del cielo sopra Milano o la foto della pizza fatta a casa; si fa ritrarre allo stadio mentre fa il gesto dell’ombrello durante una partita del suo Milan, o al mare con la pancetta, il tutto alternando strette di mano, invettive sui rom e boutade di basso profilo sull’invasione dal Mediterraneo. Come se fosse uno come tutti.
Salvini è pure uomo dalle mille contraddizioni. Detesta i “politicanti”, ma tra Comune di Milano, Parlamento Europeo, Camera dei Deputati vive ininterrottamente di poltrone dal 1993; difende ad oltranza la radici cristiane e la famiglia tradizionale ma è divorziato dalla moglie, è divenuto padre anche da una seconda donna ed ora sta con una terza; difende gli indipendentisti veneti accusati nel 2014 di associazione con finalità di terrorismo e allo stesso tempo crea “Noi con Salvini” per aprirsi le porte del sud Italia; ripete come un mantra «mai con Alfano» ma fa finta di niente quando si allea col partito del Ministro degli Interni in città non certo marginali come Milano. L’elenco potrebbe essere molto lungo, e passerebbe tra i tanti sassi lanciati e mani nascoste, promesse enunciate e dimenticate con nonchalance. Eppure, nonostante tutto questo, Salvini riesce ad apparire “nuovo”, fuori dall’immaginario di casta, diverso da quella Lega affondata tra diamanti e trote e diverso da quei leader politici sentiti così distanti e freddi. Addirittura riesce – oltre alle sue tradizionali roccaforti – a raccogliere vasti consensi pure in zone insperate, e specialmente nelle periferie tradizionalmente più povere e “proletarie”, un tempo appannaggio dei comunisti. La sinistra – litigiosa, salottiera e persa in mille rivoli – non sa più parlare a coloro che vorrebbe interpretare, mentre Salvini ha trovato il modo per esserne riferimento: questa la lettura di Pucciarelli, a cui è davvero difficile dar torto.
Di certo però sono cambiati anche gli interlocutori cui la politica si pone per cercare dialogo e consenso. Meno inclini a grandi ragionamenti, poco dediti ad approfondire e ad interessarsi della politica, preferiscono una lettura semplicistica dei fenomeni, preferiscono la soluzione facile e comoda, che non imponga nessuna turba di coscienza e nessuna fatica: Salvini – oltre a prodigarsi nell’apparire l’italiano medio – ha capito che a pagare è il linguaggio facile appannaggio di tutti, ma anche la soluzione semplicistica, auto assolutoria, che permetta agli italiani di essere vittime (delle “invasioni degli immigrati”, del “razzismo al contrario dei buonisti”) e che permetta a lui di essere possibile soluzione individuando di volta in volta un nemico facilmente riconoscibile, a volte generico e altre volte specifico: dall’ex Ministra Kyenge fino alla Presidentessa della Camera Boldrini, passando su Renzi e sulla «stramaledetta Fornero». Niente di più comodo e di più facile per un’Italia popolata sempre meno da teste e sempre più da pance.