Una battaglia, soprattutto culturale, contro la violenza maschile . E’ quanto avanzano la rete IoDecido, l’Udi e Dire in un appello in cui si propone, per novembre, una manifestazione e un convegno nazionale.
di Marina Zenobio
L’estate non ferma i femminicidi, in queste ultime settimane altre due donne sono state barbaramente assassinate da uomini che dicevano di amarle. Ma non si fermano neanche le donne impegnate in una dura battaglia contro la violenza maschile, una battaglia non solo di denuncia e di richieste ma soprattutto culturale. Perché lo scoglio più duro da superare sta proprio in quella cultura patriarcale che ha convinto gli uomini a ritenere le loro compagne, mogli o fidanzate “cosa loro”, al punto da non poter accettare un “no” e quindi ritenersi in diritto di punirle, anche con la morte. Dall’inizio dell’anno sono 69 le donne uccise in Italia dal partner o ex partner, 157 da gennaio 2015, 1742 negli ultimi dieci anni, stando ai dati del Telefono Rosa. Ma mentre in Italia aumenta tragicamente il numero dei femminicidi, mentre il senatore Grasso, la ministra Boschi e tutte le istituzioni nazionali e locali s’indignano, diversi centri antiviolenza sono stati chiusi e molti altri sono a rischio chiusura per mancanza di fondi.
Per dare voce alle donne vittime di femminicidio e a tutte le altre calcolate in 9 milioni che subiscono violenza tra le mura domestiche, la rete romana IoDecido, l’UDI, e l’associazione Donne in Rete contro la Violenza (DIRE) che rappresenta 75 centri antiviolenza su tutto il territorio nazionale, hanno lanciato un appello che segna la mappa di un percorso che dovrebbe portare ad una manifestazione nazionale a Roma il prossimo 26 novembre e il giorno dopo a un convengo sul tema della violenza di genere, perché la giornata internazionale contro la violenza alle donne non resti solo una mera celebrazione sulla Carta dell’ONU.
L’appello per una chiamata nazionale fa seguito ad una serie di interventi locali e confronti messi in campo negli ultimi mesi che ha portato le organizzatrici ad individuare alcune macro aree – il piano legislativo, i centri antiviolenza e la loro chiusura, i percorsi di autonomia, l’educazione alle differenze, la libertà di scelta e l’interruzione volontaria di gravidanza – che saranno temi di approfondimento per il convegno nazionale del 27 novembre.
“Ni una menos! Non una di meno”, inizia così l’appello che riprende lo slogan delle battaglie delle donne latinoamericane, perché se la violenza di genere non ha confini anche la guerra contro deve internazionalizzarsi.
Ora si aspettano le adesioni ma nel frattempo singoli centri antiviolenza, strutture o collettivi passeranno l’estate e l’inizio dell’autunno a preparare una prima assemblea nazionale da tenersi a Roma l’8 ottobre. Il 26 novembre un corteo attraverserà le strade della capitale e il giorno dopo sarà dedicato “all’approfondimento e alla definizione di un percorso comune che porti a politiche più efficaci e alla revisione del Piano straordinario nazionale antiviolenza”.
Un piano governativo molto criticato dalle organizzatrici che lo ritengono inadeguato perché “La formazione nelle scuole e nelle università sulle tematiche di genere è ignorata o fortemente ostacolata, solo qualche brandello accidentale di formazione è previsto per il personale socio-sanitario, le forze dell’ordine e la magistratura. Dai commissariati alle aule dei tribunali subiamo l’umiliazione di essere continuamente messe in discussione e di non essere credute, burocrazia e tempi d’attesa ci fanno pentire di aver denunciato, spesso ci uccidono. (…) Di fronte a questo scenario tutte siamo consapevoli che gli strumenti a disposizione del piano straordinario contro la violenza del governo, da subito criticato dalle femministe e dalle attiviste dei centri antiviolenza, si sono rivelati alla prova dei fatti troppo spesso disattesi e inefficaci se non proprio nocivi. In più parti del paese e da diversi gruppi di donne emerge da tempo la necessità di dar vita ad un cambiamento sostanziale di cui essere protagoniste e che si misuri sui diversi aspetti della violenza di genere per prevenirla e trovare vie d’uscita concrete.”
Per info e adesioni: nonunadimeno@gmail.com Testo integrale dell’appello sulla pagina Fb “Io Decido”