La Cgil va verso un pronunciamento netto sul referendum costituzionale ma non si scrolla di dosso l’ambiguità legata al legame col Pd
di Giulio AF Buratti
Non stupisce nessuno che Fassino, defenestrato sindaco di Torino, sia alla testa della sedicente Sinistra per il Sì. Lo stesso personaggio, in perfetta continuità tra Pci-Pds-Ds-Pd, aveva sostenuto che se fosse stato una tuta blu della Fiat, avrebbe votato a favore del Piano Marchionne contro la Fiom. Prima di lui Marchionne ha spezzato la sua grossa lancia a favore del referenum. «I contenuti della riforma sono coerenti con battaglie antiche della sinistra italiana», dice al giornale degli Agnelli guardandosi bene dal fare degli esempi. «I militanti della Cgil o dell’Anpi che votano sì – dice l’ex sindaco di Torino – rispondendo a Massimo D’Alema – sono numerosi pure loro».
In realtà, un altro quotidiano di oggi, Repubblica (stesso gruppo editoriale della Stampa) assicura che “La novità delle ultime ore è che la Cgil si schiera ufficialmente per il No“. La decisione sarà annunciata all’assemblea generale che si terrà a Roma il 7 e 8 settembre, scadenza cruciale per il più grande sindacato italiano alla vigilia di un autunno particolarmente caldo sul fronte contratti esu quello referendario. Una decisione molto attesa visto che Confindustria e la Cisl da tempo si sono pronunciate con calore per il Sì mentre la Cgil, come spiega un servizio sul numero di Left in edicola, s’era arroccata, prima dell’estate su un documento critico del direttivo contro lo «squilibrio tra potere legislativo ed esecutivo», «l’indebolimento degli organi di garanzia», e una «eccessiva centralizzazione». Ma guardandosi bene dal dare indicazioni precise ai 5 milioni e mezzo di iscritti, la più grande organizzazione di massa del Paese. Dal segretario degli edili della Fillea, Alessandro Genovesi e dal segretario confederale Fabrizio Solari, era scaturito un pressing che aveva evitato una esplicita indicazione per il No. Che dovrebbe arrivare con un ordine del giorno che sarà votato dagli oltre 350 componenti dell’assemblea, l’organismo più rappresentativo del sindacato. Ma la Cgil, a differenza dell’Anpi, non entrerà nei comitati per il No, e ci sarà «libertà di coscienza per iscritti e dirigenti con opinioni diverse sulla riforma costituzionale ». Tra i dirigenti dubbiosi quell’Emilio Miceli, segretario dei chimici e tessili di Filctem, intenzionato a votare Sì proprio come aveva già fatto al tempo del referendum contro le trivelle. In dubbio anche il numero uno della Filt Alessandro Rocchi. Schieratissimi per il No sono, oltre alla Fiom (Landini è tra i promotori del comitato per il No), anche Funzione pubblica, scuola, agroindustria e Nidil.
I soli a schierarsi da tempo e nettamente per il No, oltre a Landini, sono i delegati e dirigenti che fanno capo all’area Il Sindacato è un’altra cosa-Opposizione in Cgil e quelli di Democrazia e lavoro, un’area conflittuale pur senza collocarsi all’opposizione della Camusso. Circola in rete un ordine del giorno per la difesa della Costituzione, promosso da un gruppo di rsu/rsa/delegati e delegate e finalizzato a far prendere una posizione chiara e netta alla Cgil. «Fin dall’inizio ci siamo infatti schierati contro questa controriforma che ridisegna la nostra Costituzione unicamente sugli interessi di un solo campo, quello dei padroni. Per questo la scorsa primavera abbiamo appoggiato la raccolta firme del Comitato per la Difesa della Costituzione – spiega Eliana Como, portavoce de Il Sindacato è un’altra cosa – per questo al direttivo di giugno abbiamo votato contro un odg confederale che, pur assumendo una posizione critica sul DDL Renzi/Boschi, non prendeva una posizione e non impegnava la Cgil per il No al referendum. Per questo nel coordinamento nazionale della nostra area (sabato 27 agosto) abbiamo deciso di promuovere nelle prossime settimane ogni possibile sforzo affinché la Cgil assuma questa posizione contraria e si impegni nella prossima campagna (attraverso odg e documenti nei direttivi e nelle assemblee generali), come anche per costruire comitati del No nei posti di lavoro; assemblee e momenti di discussione in fabbriche, uffici e aziende; mobilitazioni e scioperi contro questa controriforma, che attacca democrazia e lavoro.
La scelta della Cgil arriva in un momento di grandi turbolenze e ambiguità a “sinistra”. Oggi al cinema Farnese di Campo de’ Fiori D’Alema riunisce i sostenitori del No del centrosinistra. Tra gli aderenti i dieci parlamentari Pd che si sono già apertamente schierati, da Paolo Corsini a Luigi Manconi, Walter Tocci e Massimo Mucchetti. Per i bersaniani una delegazione con Carlo Pegorer e Giuseppe Zappulla, assente Gianni Cuperlo che intende «ascoltare con attenzione» le ragioni di D’Alema, ma avverte a «non chiudere nel No il perimetro della sinistra». E Roberto Speranza, leader della “sinistra” democrat, dalla festa dell’Unità di Torino ribadisce: «Senza modifiche all’Italicum non potremo votare Sì». E si appella alla ministra Boschi: «Abbiamo ancora tempo per discutere». Andrea Orlando dalla festa Pd di Catania spiega le ragioni del suo appello: «Non sono per i toni apocalittici, ma con la vittoria del No il Paese avrebbe molto da perdere».
E’ solo teatrino, legato alle lotte intestine nel partitone di maggioranza relativa, slegato dalle ragioni di chi ritiene che difendere la Costituzione possa essere utile a rilanciare il conflitto sociale in un Paese stremato dall’austerità. Un emendamento all’Italicum potrebbe ammansire tutte le fronde nel Pd. Come sempre. Il tentennamento della Cgil sul referendum ricorda le ambiguità di Lama al tempo del referendum dell’85 sulla scala mobile o l’invito di Cofferati nel 2003 quando si votava per l’estensione dell’articolo 18 anche alle piccole aziende: «Andate al mare».