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A cosa e a chi serve l’allarmismo sul debito. Ce lo dirà il Cadtm

A che cosa serve un audit, uno studio orientato all’azione contro il debito illegittimo che arriva dal Belgio, che è stato adoperato da Correa per tagliare il debito dell’Ecuador. Ed è stato ignorato da Tsipras

di Checchino Antonini

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Il problema delle nostre città sono i tossici. I titoli tossici. E, più in generale, il debito pubblico. «Il debito è stato comunicato come uno tsunami, un evento catastrofico, per costruire paura nella cittadinanza», dice, Marialuisa Menegatto, psicologa sociale tra gli atenei di Padova e Venezia, e autrice con Adriano Zamperini, docente a Padova, di “I costi umani della crisi”, una ricerca che ha analizzato 922 articoli di Corriere, Stampa e Repubblica, dalla caduta di Berlusconi alla caduta di Letta. Una ricerca che sta andando avanti «anche perché aumentano le manifestazioni di disagio mentale legate alla crisi come ad esempio i suicidi qui a Nord Est. Gli studi ci spiegano che quando gli eventi sono comunicati come un trauma provocano preoccupazione e allarme. Si può presupporre che dietro ci sia una regìa per inibire le reazioni collettive e provocare consenso alle richieste dei governi. C’è stato sicuramente un uso politico della colpa: si dice “avete avuto troppo, ora dovete farvi carico del pagamento attraverso tasse e rinunce al welfare”». Una volta Milton Friedman, alfiere del neoliberismo, ha detto che il debito rappresenta lo shock che serve «a far diventare politicamente inevitabile ciò che è socialmente inaccettabile».

La spesa pubblica è innocente

Ma davvero siamo in debito? Davvero siamo vissuti al di sopra delle nostre possibilità visto che «da vent’anni l’Italia è in avanzo primario? La spesa pubblica da allora è inferiore alle entrate senza che questo abbia condotto a una decisiva riduzione del debito bensì a una sua crescita». Così scrive Vittorio Lovera, curatore di “L’alternativa all’Europa del debito” appena uscito per le edizioni Alegre, spiegando che la crisi del debito sovrano non deriva dalla spesa pubblica ma dalla crisi dei mutui subprime del 2007, dagli effetti della finanza “creativa” e dagli squilibri interni all’eurozona.

«Se il debito è pubblico allora ci deve essere un’indagine autonoma, pubblica, partecipata, indipendente, che cominci ad analizzare perché è stato generato, quali sue parti sono odiose (contratte in violazione dei principi democratici o che avranno conseguenze dannose sui diritti delle persone, ndr), quali sono illegittime e cosa fare delle sue parti legittime, perché tempi e modi del pagamento non possono essere in contraddizione con i diritti sociali fondamentali delle persone come scritto nella Carta delle nazioni unite», dice Marco Bersani, fondatore di Attac in Italia, attivo nelle campagne per i beni comuni, dall’acqua alla finanza pubblica.

«Lo strumento per scandagliare il debito esiste. Si chiama audit, dal verbo inglese che significa verificare, controllare, rivedere. E’ uno strumento che il Sud dell’Europa eredita dall’esperienza del Sud del mondo dove la trappola è scattata prima che qui. Ma fa parte delle idee sensate di chi riflette anche nell’estabilishment», segnala Alessandro Somma, docente di diritto comparato a Ferrara e animatore dell’InsolvenzFest (rassegna dialogata sui temi del debito promossa dall’Osservatorio sulle crisi d’impresa che si terrà a Bologna dal 23 al 25 settembre).

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Dal Sud del mondo al Sud dell’Europa

Ieri, alla Sapienza di Roma, è stato presentato il Cadtm, il Comitato per l’annullamento del debito illegittimo, rete internazionale fondata in Belgio nel 1990 e ormai ramificata globalmente, che agisce in collaborazione con altre organizzazioni e movimenti per l’annullamento del debito illegittimo e l’abbandono delle politiche di aggiustamento strutturale e di austerità. Il Cadtm ha partecipato all’audit in Ecuador (dove dove il presidente Correa ha disconosciuto 7 miliardi di dollari di debito estero dopo la scoperta di un vero “sistema debito”, cioè un meccanismo di creazione di nuovo debito per pagare il vecchio in modo che il nuovo debito fosse sempre largamente superiore al vecchio) e alla Commissione parlamentare per la verità sul debito pubblico in Grecia (promossa dalla presidente del Parlamento, Zoe Konstantopoulou, ma ignorata dal governo Tsipras quando ha firmato il terzo memorandum) e partecipa ai movimenti contro i debiti illegittimi in numerosi paesi.

Al tempo della bancarotta del Comune di Parma, dal 2011, una commissione indipendente d’indagine ha mostrato come si è generato il debito illegittimo ricostruendo una mappa dei poteri che agiscono in città. Fu una mossa decisiva per provocare le dimissioni del sindaco di centrodestra Pietro Vignali. «Poi Pizzarotti (il primo sindaco a 5 stelle di una grande città, ndr) ha deluso tutte le aspettative – ci riferisce Cristina Quintavalla, con Bersani e altri tra i promotori del Cadtm italiano – su inceneritore, gestione dei rifiuti e sul debito. Perché agire sull’inceneritore significherebbe agire contro Iren. Le azioni della multiutility Iren in mano al Comune hanno avuto una buona performance, crescendo del 50%, che consentirebbe di formulare piani di rientro con le grandi banche. Verranno cedute le azioni di Iren, ossia verranno privatizzate l’acqua e l’energia, in cambio della riduzione del debito. Ora Parma è uno dei comuni con le aliquote fiscali più alte e con meno servizi pubblici».

«Le vertenze territoriali in ampo sono reticolari e diffuse a macchia di leopardo – spiega Bersani – investono decine di piccoli comuni e grandi città. Tra le più significative: Parma, l’Osservatorio del bilancio comunale a Livorno, l’esperienza napoletana di Massa Critica e quella di “Roma non si vende – Decide Roma” maturata nei mesi bui del commissariamento della città e dell’assenza della politica. Ogni vertenza su beni comuni, casa, reddito e servizi pubblici non può eludere il tema del debito che diventa così il nesso che unifica le lotte al di là della reciproca solidarietà. Cadtm servirà a fornire loro saperi e dimensione politica».

Lezioni greche

In Grecia il percorso di audit è stato realizzato compiutamente e ha dimostrato che il debito greco è totalmente illegittimo, odioso, insostenibile. «Il governo greco avrebbe potuto appoggiarsi contemporaneamente al risultato del referendum contro il memorandum, al paragrafo 9 dell’articolo 7 del regolamento 472 del Parlamento europeo (che ingiunge agli Stati membri sottoposti a un piano di aggiustamento strutturale di realizzare un audit integrale del loro debito) e sul nostro lavoro per sospendere il pagamento e aprire un vero tavolo di negoziazione. Ma Tsipras, che era stato eletto anche grazie alla promessa di un audit, sotto la pressione dei creditori, ha scelto un’altra via», sostiene Éric Toussaint, fondatore del Cadtm e a capo della commissione greca. La lezione greca «conferma la necessità dell’autonomia e dell’indipendenza della commissione sull’audit e l’urgenza di una forte pressione popolare», ha spiegato alla Sapienza di Roma. In Italia, secondo Toussaint, ci sarebbe una calma apparente dovuta ai tassi bassi con cui Draghi fa piovere soldi sulle banche: «E’ necessario organizzarci prima che il disastro arrivi».

Il processo di audit può anche avere il sostegno di istituzioni che mettano a disposizione dei facilitatori per l’accesso alla documentazione ma «l’indagine deve sempre essere costruita con le popolazioni e avere delle fasi pubbliche di restituzione – avverte Bersani – perché il debito è sempre illegittimo e allora la vera partita è costruire cittadinanza consapevole in grado di rivendicare diritti e scelte differenti di politica economica da quelle considerate ineluttabili».

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Le falsità sul debito di Roma

«A Roma, dopo le promesse elettorali, la Giunta Raggi sembra aver scelto la strada di una commissione tutta interna alla macchina capitolina – continua Bersani – secondo una tendenza “compatibilista”, che punta a ristrutturare il debito piuttosto che denunciarlo». Eppure il gruppo di lavoro sull’audit è riuscito a spiegare come s’è prodotto il debito dentro un contesto di malgoverno, cattiva amministrazione, corruzione, taglio vertiginoso della spesa pubblica, incidenza dei titoli derivati, degli sprechi per le opere pubbliche e di uno sviluppo urbanistico in cui l’abusivismo riguarda un quarto degli abitanti e il 40% del territorio.  L’audit ha iniziato a smontare le cifre ufficiali dimostrando che anche alzare artificialmente la percezione della reale entità del debito faccia parte dello “shock” necessario per imporre le privatizzazioni e la svendita del patrimonio pubblico. Nella montagna di 13,6 miliardi del debito romano (quello vecchio commissariato più quello dal 2008 in poi), infatti, sono stati conteggiati anche 4,7 miliardi di interessi da qui fino al 2048 ai tassi attuali («che non consideriamo debito», dice Bersani), i mancati introiti (200milioni di euro l’anno) derivati dall’esenzione dei 23mila terreni e fabbricati del Vaticano dalle imposte Ici, Imu e Tasi; e altri 2 miliardi si riferiscono al 43% delle posizioni debitorie e al 77% delle posizioni creditorie presenti nel sistema informatico del Comune in cui non sono individuati i soggetti creditori e debitori. Si tratta, nel caso dei debiti, di 5.100 posizioni per un importo di quasi 2 miliardi di euro e, nel caso dei crediti, di 7.398 posizioni per un importo di 541 milioni di euro, come ammesso nella relazione alla Camera, dall’attuale commissario straordinario per il Piano di rientro del debito pregresso di Roma Capitale, Silvia Scozzese, proprio l’assessora dell’epoca Marino che aveva imposto un piano da lacrime e sangue. Inoltre, circa 6 miliardi si riferiscono a mutui stipulati con la Cassa Depositi e Prestiti con tassi del 5% anacronistici di fronte al valore attuale del denaro (0,15%). Sostiene Bersani che questa parte di debito dovrebbe essere ristrutturata ma serve la volontà politica. Le dimissioni dell’assessore al Bilancio della Giunta Raggi sembrano aprire la strada a ulteriori «soluzioni di carattere draconiano», annunciate prima ancora di giurare, dall’entrante Angelo Raffaele De Dominicis, ex procuratore generale della Corte dei Conti del Lazio, suggerito, così pare, da ambienti vicini alla destra romana. In una delle sue prime dichiarazioni De Dominicis ha spiegato che «con me la festa in Comune è finita». Poi s’è dimesso anche lui ma l’annuncio ha tutta l’aria di una dichiarazione di guerra a quel che resta del welfare e alla condizione dei lavoratori. Allora il lavoro del gruppo sull’audit, consultabile sul sito decideroma.com, e il supporto del Cadtm saranno ancora più importanti per organizzare e collegare le vertenze dei movimenti sociali e dei lavoratori.

[una versione di questo articolo è uscita sul numero 37 di Left]
Per approfondire, la rivista di Attac, in pdf

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