Si dimette “El Guapo” Sanchez dalla guida del Psoe. Vincono i baroni del partito, quelli che consentirebbero un ennesimo governo dell’austerità a guida Rajoy
di Giulio AF Buratti
I “baroni” sembrano aver vinto: cacciato Chavez dalla guida del Psoe dopo cinque giorni in trincea. La fronda del partito è stata guidata dalla presidente andalusa Susana Diaz a capo dell’ala pronta ad appoggiare un ennesimo governo Rajoy. Le dimissioni di ‘El Guapo’ dopo una giornata convulsa nel consiglio federale socialista segnata da uno scontro senza esclusione di colpi fra i ‘sanchisti’ e i ‘baroni’. Alla fine, dopo una lunga battaglia procedurale, si è andati al voto. Sanchez è stato battuto 133 a 107. La sua proposta di primarie in ottobre e di congresso-lampo in novembre è stata bocciata. Il partito sarà guidato ora da una direzione provvisoria che dovrà traghettarlo fino a un congresso previsto per l’inizio del 2017. Che probabilmente eleggerà Susana Diaz nuovo segretario. Cade con Sanchez, in carica dal 2014, il segretario che ha firmato nell’ultimo anno cinque sconfitte storiche per i socialisti, in altrettante elezioni: due politiche, le catalane, le basche e le galiziane. Sotto la sua guida il Psoe è precipitato dal 48% che aveva negli anni 1980 al 22,6%. Intanto, la crisi del bipartitismo tiene la Spagna in una paralisi istituzionale che dura ormai da 10 mesi. E rischia di portare a nuove elezioni, le terze in un anno. La nuova direzione provvisoria, che dovrebbe essere guidata dal presidente delle Asturie Javier Fernandez, dovrà rifondare il partito dall’opposizione. I nuovi dirigenti potrebbero optare, come chiede il leader storico Felipe Gonzalez, per una astensione sull’investitura di Rajoy e evitare cosi un ritorno alle urne che i sondaggi prevedere catastrofico per il Psoe, schiacciato fra la concorrenza da sinistra di Podemos e un Pp in costante recupero. L’uscita di scena di Sanchez, che nonostante le dimissioni della maggioranza della direzione federale martedì rifiutava di dimettersi, è arrivata dopo oltre 10 ore di riunione apertamente fratricida, fra grida, accuse e insulti, del consiglio federale socialista. Sanchez ha usato tutte le leve tattiche possibili per evitare la sconfitta. Ma non ce l’ha fatta. Davanti alla sede del Psoe in Calle Ferraz si era riunita una piccola folla di suoi sostenitori appoggiati da militanti di Podemos e Izquierda Unida, che hanno fischiato al loro arrivo gli oppositori, urlando loro «golpisti», «venduti» a Rajoy. Se il golpe nel Psoe non consentirà al paese di avere un nuovo premier il 31 ottobre, la Spagna dovrà tornare a votare a Natale, per la terza volta consecutiva.
Intanto, voci insistenti dell’entourage di Rajoy, parlano di elezioni certe adesso che il Psoe è nel pantano. I sondaggi istantanei fatti fare privatamente dal PP ieri sera, darebbero i popolari ad un soffio dalla maggioranza assoluta e il Psoe al suo peggior risultato di sempre, se esisterà ancora come partito unitario. Lo scenario che si sta delineando è pauroso per il Psoe. Lungi dal contrattare e condizionare Rajoy per la loro astensione, lo scenario potrebbe essere la loro resa totale a Rajoy e disponibilità pur di non andare alle elezioni. Ma potrebbe non bastare, la voglia di stravincere del PP è forte. Rivera segretario di Ciudadanos ha dichiarato che è inimmaginabile che i baroni del Psoe abbiamo montato tutto questo per continuare a dire no. Che è necessario un accordo tra PP e Psoe per un governo Rajoy forte.
Oggi a Madrid si riunisce il nuovo comitato di gestione del Psoe, dovrà decidere l’atteggiamento verso l’investitura di Rajoy, ma soprattutto impedire le lacerazioni nelle federazioni che sono sotto una tensione altissima. Nel frattempo a Ferrol in Galizia i consiglieri socialisti escono dalla giunta con la sinistra e in altre città si discute l’uscita dalle alleanze con Podemos e città “en Comù”. La trappola per il Psoe sembra scattata