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Il piano Marchionne è diventato il piano Renzi: il No dei lavoratori

Dalle fabbriche e dai territori cresce la battaglia per un No senza nostalgia, un No costituente di nuovo protagonismo popolare. Dalla Festa della Costituzione al No Renzi Day

di Checchino Antonini

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il Poderoso, in giro per i quartieri popolari di Napoli, per un No dei lavoratori alla Riforma Renzi

C’è un dottore, Daniele Pigoli, che gira per Brescia – stetoscopio, camice e tutto il resto – e rilascia certificati di “sana e robusta Costituzione” a chi pronuncia un No deciso. Dalle spiagge di Pescara e Venezia sono stati avvistati dei “pedanò”, imbarcazioni a pedali schieratissime contro la riforma Renzi-Boschi. Ciclisti a favore del No stanno attraversando le strade di Firenze, Lecce, Genova e Milano. Non c’è solo il giro d’Italia in moto di Di Battista, peraltro disturbato dalle infelici vicissitudini della Giunta Raggi: sulle spiagge, nei luoghi di villeggiatura, nelle città, ai margini delle Feste dell’Unità o ai margini delle zone rosse disposte per gli eventi a cui partecipa il premier, sono in azione i comitati per il No al referendum costituzionale perché, sostengono, questa riforma, che squilibra l’assetto fra i poteri a vantaggio dell’esecutivo, è stata scritta sotto dettatura del governo da un parlamento eletto con una legge incostituzionale.

I primi comitati sono nati a febbraio, nel corso della raccolta firme. Erano partiti in 132 e al termine della campagna erano già 420. Ad oggi sono 485 e non passa giorno che Mauro Beschi non riceva un paio di richieste per costituirne di nuovi. Beschi, una vita in Cgil, è responsabile organizzazione del comitato nazionale, nato su impulso di Zagrebelsky, Anna Falcone, Alfiero Grandi, Alessandro Pace e dozzine di altri costituzionalisti e dirigenti politici. Quartier generale in un locale seminterrato del Quartiere Africano, a Roma, messo a disposizione da un’associazione. Qui un piccolo staff è al lavoro per definire le grafiche, le parole chiave e gli slogan per il rush finale della campagna.  Entrata ormai nella fase decisiva. Questo fine settimana i comitati saranno in campo a Roma, alla Città dell’Altraeconomia di Testaccio, per la Festa della Costituzione.

Alcuni comitati sono davvero piccoli, con meno di una decina di volontari, altri arrivano fino a un centinaio di attivisti. Così Beschi stima che ci siano almeno ottomila persone che si sono già attivate per il No. Quasi sempre si tratta di persone comuni, la cui passione civica viene considerata il punto di forza assieme alla competenza fornita dai costituzionalisti. I punti deboli sono la scarsa esperienza organizzativa dei volontari e l’asimmetria nella capacità informativa ossia l’oscuramento di questo pezzo di società civile da parte di mass media controllati dal governo. Ma, se da un lato si sconta lo sbriciolamento di quel reticolo che era fornito dalle grandi organizzazioni di massa, dall’altro – sul versante dei social – il No sembra avere appeal maggiore della parte avversa anche in quei settori meno attratti dalla politica. La sensazione, al quartier generale, è che mentre nella primavera scorsa quello contro le trivelle era un referendum nascosto, ora – senza più l’incubo del quorum – è proprio il governo a dover rincorrere la partecipazione.

Accanto ai comitati, ma in autonomia, cresce anche l’esigenza specifica di raccogliere, nella campagna referendaria, il portato delle lotte territoriali in modo da stimolare un nuovo autunno di movimento dentro ed oltre il referendum. Un No che non sia la difesa dell’esistente. Lo chiamano “No costituente” o anche No Sociale. Il coordinamento per il No Sociale sta preparando il No Renzi Day per il prossimo 22 ottobre dopo che, il giorno prima, ci saranno state un po’ ovunque, azioni a sostegno dello sciopero generale indetto da Usb, Unicobas, Sicobas. E, dopo il sequestro del Corto Circuito, sarà anche un No Alfano Day. La convergenza delle lotte sociali e sindacali di questo autunno non è ancora compiuta (resta il mesto rito di scioperi “generali” proclamati da piccole sigle e destinati all’invisibilità e all’inefficacia, resta la difficoltà di agire insieme in una galassia di centri sociali quanto mai frammentata) ma stanno crescendo le adesioni al No Renzi Day. Al concerto previsto per le 21 del 21 suoneranno la Banda Bassotti, Assalti frontali, Pugni in tasca, The Conspirators, Los 3 altos, Skasso. Intermezzi con Giordano Deplano, Cristian Raimo ed altri. Parteciperà anche Rikom Carnera con il suo rap per Abd Elsalam. La serata è intitolata ad Abd Elsalam, operaio ucciso mentre lottava per i diritti di tutti.

Dalla Val Susa a Taranto, dal Veneto alla Sicilia, passando per i lavoratori migranti di Milano, Foggia e Calabria, in tantissimi stanno provando a costruire un processo nuovo, in grado di affrontare lo spaventoso accentramento di poteri proposto dalla riforma costituzionale, con la certezza che solo la ricchezza delle lotte e la forza di un nuovo movimento, con la loro pretesa di un società diversa, della riconquista dei diritti sociali, possano animare una battaglia che non si limiti alla difesa della costituzione esistente, ma la cui ambizione di vittoria consista nell’inaugurare una stagione “costituente” in cui porre la necessità di una riforma politica, etica, e sociale in un paese devastato e impoverito dai paradigmi della Troika e dell’Europa delle neoliberale.

E la battaglia referendaria attraversa anche i luoghi di lavoro, d’altronde i primi endorsement clamorosi – ben prima di Benigni – sono giunti a Renzi da Confindustria e Marchionne e dalla leader della Cisl, Furlan. Anche la Cgil, al di là del No inequivocabile del recente direttivo nazionale, è scossa dallo stesso dilemma con un’ala minoritaria ma combattiva che prova a marcare spazi a favore del Sì, come a Milano dove il comitato proriforme guidato da Fassino s’è presentato nel salone della Camera del Lavoro (è lì che è stato detto che la vittoria del No sarebbe come la vittoria di Trump!), o a Pomigliano dove è stato annunciato un comitato per il Sì nientemeno che dentro la Fiat. Col pieno appoggio del Pd e di Marchionne che ha appena dovuto incassare una sonora sconfitta giudiziaria con il reintegro di cinque operai che aveva licenziato dopo una manifestazione contro i suicidi di loro colleghi. E proprio i cinque ex-licenziati, dalla fabbrica simbolo della Fca nel Sud, lanciano la proposta di Comitati operai per il No (ci sarà un’assemblea sabato 15 a Napoli) intercettando sia i comitati di delegati del gruppo contrari alla riforma costituzionale, sia le energie più combattive della Cgil che già stanno promuovendo iniziative per il No da Nord a Sud nei posti di lavoro. «Perché siamo convinti che il Piano Marchionne, con questa “riforma” sia diventato il Piano Renzi – spiega uno dei 5, Mimmo Mignano – che quel disegno autoritario e di sottrazione dei diritti sia uscito dalle fabbriche pronto a contaminare tutto. E’ triste notare come le istituzioni siano già completamente subordinate alle “esigenze del mercato”. Nella storia del nostro paese i referendum sono stati più volte una leva per espandere la democrazia ma non possiamo pensare che possano essere un espediente per bypassare il problema della mancanza di incisività delle lotte. Senza gli adeguati rapporti di forza, i referendum, nella migliore delle ipotesi vengono disattesi, come è successo per l’acqua pubblica, oppure, come è successo recentemente, non raggiungono il risultato previsto, creando ulteriore sconforto e delusione. Ora però sono in gioco le nostre condizioni di vita per i prossimi decenni, se vincesse il Sì sarebbe un punto di non ritorno». E intanto nei quartieri popolari di Napoli circola un furgoncino per portare il “giornale parlato” del No tra le persone più colpite dalla crisi. Si chiama il Poderoso, come la motocicletta del Che.

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