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Ferrara, razzisti sul delta. Barricate contro 12 donne e 8 bambini

Succede a Gorino, sul delta del Po, in provincia di Ferrara. Gli abitanti si ribellano all’arrivo di 12 donne in fuga dalla fame e dalla guerra e 8 bambini. La Lega: «Questa gente ha le palle». Sì, ce l’ha in testa

di Giulio AF Buratti

ecco i numeri dell'"invasione" straniera a Gorino
ecco i numeri dell'”invasione” straniera a Gorino

 

Razzisti sul delta. Non è la Louisiana del Ku Klux Klan, è l’Emilia della Lega. Razzista e non meno feroce, anche con quell’accento strano, incapaci di pronunciare la zeta, che parlano come se pronunciassero codici fiscali, proprio loro, allergici – si dice – alle tasse quando facevano soldi con le vongole sull’ultimo pezzo di terra lungo il Po prima del mare, in quell’ultimo gruppo di case dove un prefetto maldestro ha confiscato temporaneamente sei stanze per dodici donne e otto bambini in fuga da guerra, fame e carestie proprio sopra al bar dove vanno a bere lo spritz questi uomini veri, forti coi deboli e deboli coi forti. Come i razzisti, come i leghisti, come i fascisti, barbuti o ariani, come gli stronzi maschi a qualsiasi latitudine. Amore e Natura si chiama l’ostello, un ossimoro che puzza di acqua paludosa, del fumo attorno alle barricate di questa notte, della volgarità dei luoghi comuni con cui si nutrono a queste latitudini scambiandola per senso di comunità. Qui i migranti sono tollerati solo quando devono lavorare nelle cooperative di pesca per due lire.

«L’ipotesi di ospitare dei profughi a Gorino non è più in agenda. Ha prevalso la tranquillità dell’ordine pubblico, non potevamo certo manganellare le persone. Questo fenomeno o si gestisce insieme con buonsenso oppure non si gestisce», fa sapere il prefetto. Fossero stati lavoratori, studenti, precari la polizia li avrebbe asfaltati, e la magistratura perseguitati come in Val Susa, Roma, Napoli. Ma sono razzisti, persone normali, come chi li fronteggia in divisa o dalla scrivania della prefettura, come chi li fiancheggia nelle ronde in bicicletta che si susseguono in una città, Ferrara, dove non succede mai niente se non speculazioni e scandali targati Pd, ma sembra vivere da vent’anni anni in un assedio perenne. E in provincia va peggio. Lì se la comanda un leghista, Alan Fabbri, che, da sindaco non è stato capace di evitare che il suo paese diventasse il più povero della provincia, e ora fa l’opposizione al Pd in Regione.

Tronfio si vanta sui social il responsabile sicurezza della Lega, un pregiudicato, secondo il sindaco di Ferrara (siamo pronti a smentire), che ora veglia sulla sicurezza dei suoi concittadini. Scrive un quotidiano locale:

Nicola Lodi, detto Naomo per via di una pubblicità della quale fu protagonista l’attorcomico Giorgio Panariello, ci fa dormire sonni tranquilli. Compie ardite spedizioni nel Palaspecchi la cui prospettiva di riconversione s’è fatta fragile dopo l’arresto dell’imprenditore padovano Vittadello. Lodi compie missioni al Palaspecchi neanche fosse Jena Plissken in “1997, Fuga da New York”, come se il problema del Palaspecchi fossero le miserie e il degrado che lo occupano. Lodi scopre dormitori abusivi nei parcheggi, guida tour nei campi nomadi, smaschera chi succhia l’energia elettrica a tradimento. Manca soltanto che sgomini il racket dei mendicanti, quello degli spacciatori e disintegri l’organizzazione dei parcheggiatori abusivi. Per rusparli via.

Ora non vede l’ora che arrivi in paese la troupe di Del Debbio ma scalpita e in un video diffuso sui social «consiglia» al prefetto di lasciar perdere ché i 500 abitanti di Gorino sarebbero pronti a tutto perché parlano una lingua diversa da quella istituzionale, perché si alzano alle quattro di notte per andare a lavorare. «Domani non voglio sentire accuse di razzismo, siamo realisti, qua non deve venirne alcuno. La gente di Gorino ha le palle». Probabilmente in testa. Come dice una vecchia canzone di Fausto Amodei. Ma Naomo, si convinca, è razzista, come i neofascisti che terrorizzano da mesi i gestori di un albergo in Val Trompia che ospita una ventina di profughi. Come i normali cittadini di Tiburtino III che gridavano “scimmia torna in Africa” ai minori ospitati in un centro del loro quartiere. E’ l’Italia, bellezza. Come tutti quelli che dicono «Io non sono razzista ma…». E anche a Ferrara sono tanti. Le donne profughe, si è appreso in mattinata, sono 12, compresa la donna incinta, che è stata accolta in un centro a Ferrara. Ora sono state trasferite e divise tra Fiscaglia (quattro), Ferrara (quattro) e Comacchio (quattro). Si tratta di cittadine provenienti da Nigeria, Nuova Guinea e Costa d’Avorio, in fuga dalla guerra.  La ragazza incinta ha le doglie. Che suo figlio possa nascere in un mondo libero dal razzismo e dalla guerra.

Ma Ferrara è anche la città che, alla fine di settembre, ha visto duemila persone in piazza contro il razzismo. Gli antidoti ci sono ma il razzismo più pericoloso è quello di chi non capisce che la crisi è un’arma dei padroni puntata su tutti, che si volta dall’altra parte e apparentemente non si schiera ma spera che il lavoro sporco lo facciano i Lodi. Mentre il vescovo di Ferrara, epurato perfino da Cl, predica contro l’accoglienza in nome degli italiani poveri. Di tuut’altra pasta, un altro prete, Luigi Zappolini del Cnca: «È il segno che, in una parte consistente della popolazione, il rifiuto dell’altro, tanto più se debole, è ormai un riflesso condizionato, che prescinde da ogni considerazione razionale oltre che etica. Non v’è debbio che, per arrivare a questo punto, abbiano giocato un ruolo essenziale forze politiche e organi di stampa che hanno puntato massicciamente sulle paure e i risentimenti delle persone. Mi domando come si fa a rifiutare mamme e figli e poi chiedere allo stato, giustamente, un aiuto per le famiglie e i minori, per i quali non esistono tuttora politiche e stanziamenti adeguati. Come prete, mi auguro davvero che – tra coloro che hanno manifestato a Gorino e Goro – non vi siano cristiani: avrebbero smarrito del tutto il senso più profondo del Vangelo».

Ci vorrebbe che gli ultimi e i penultimi capissero chi è che li impoverisce, che sia la solidarietà e non la paura, il rancore o l’odio, a tenerci insieme. Sarebbe una rivoluzione, non una Crociata.

La decisione di abbandonare l’ipotesi di accogliere i profughi a Gorino è una sconfitta dello Stato? «Certo non è una vittoria», ha risposto Michele Tortora, prefetto di Ferrara, rispondendo ai giornalisti nella conferenza stampa convocata in prefettura dopo le barricate antiprofughi. «La gestione di questi problemi – ha detto il prefetto – va affrontata con buon senso e spirito di collaborazione da parte di tutti. Per questo rinnovo l’appello a istituzioni, enti locali, persone e associazioni ad aiutarci». Di fronte a chi gli chiedeva se la decisione di cedere alla protesta sia stata condivisa con il Viminale il prefetto ha risposto: «chiedetelo al Viminale».

 

 

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