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Mastrogiovanni, pene più basse per chi uccise il maestro anarchico

Condanne confermate ma pene ridotte per i sei medici e gli undici infermieri colpevoli del sequestro di persona e della contenzione inumana, fino alla morte, di Francesco Mastrogiovanni

di Checchino Antonini

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La Corte d’Appello di Salerno ha confermato le condanne per i sei medici del reparto di psichiatria dell’ospedale di Vallo della Lucania coinvolti nella morte di Francesco Mastrogiovanni, il maestro elementare deceduto nell’agosto del 2009. Le pene sono state ridotte, mentre sono stati condannati gli 11 infermieri che in primo grado erano stati assolti. I medici sono stati condannati a pene che vanno dai 13 mesi ai due anni, gli infermieri dai 14 mesi ai 15 mesi. Per tutti la pena è sospesa.

Francesco Mastrogiovanni morì dopo quattro giorni di ricovero in seguito a un trattamento sanitario obbligatorio e dalle indagini emerse che era stato legato mani e piedi a un lettino di ospedale, per diversi giorni. Quanto accaduto nell’ospedale di Vallo della Lucania (Salerno) fu registrato dalle telecamere di videosorveglianza: è stato proprio quel video ad inchiodare gli imputati. La sentenza in primo grado fu emessa dal Tribunale di Vallo il 30 ottobre del 2012. All’udienza era presente una delegazione dell’associazione Acad, contro gli abusi in divisa, solidale con i familiari e i sodali di Mastrogiovanni: quella dei Tso è una pratica inumana che spesso sfocia in abusi violenti. Questa storia, come la tragica fine del signor Giuseppe, Giuseppe Casu di Quartu S.Elena, stanno a dimostrarlo.

«La mia solidarietà a Grazia Serra, che ho ospitato al Parlamento Europeo con una delegazione dell’associazione ACAD per raccontare il dramma della morte di suo zio, e a tutta la famiglia del maestro Franco Mastrogiovanni, per la cui morte oggi in Appello sono stati condannati 6 medici e 11 infermieri – comunica Eleonora Forenza, eurodeputata dell’Altra Europa – si tratta di una sentenza storica, considerato che anche agli infermieri che in primo grano erano stati assolti sono stati condannati.  Ma la sentenza non rende giustizia perchè, oltre alla riduzione delle pene che saranno comunque sospese, la cosa grave è che quelle persone continueranno a svolgere il proprio lavoro.  La sentenza odierna è comunque un monito affinchè non succedano mai più cose del genere in questo Paese, dove ancora troppe persone muoiono mentre sono nelle mani dello Stato, negli ospedali, nelle caserme, nelle carceri. Ancora una volta il mio abbraccio alla nipote di Mastrogiovanni, Grazia, e a tutte le persone che si battono ogni giorno per far luce su questa e sulle altre pagine nere delle vittime degli abusi di Stato».

La storia fu raccontata da Daniele Nalbone su Liberazione, nel 2009. Francesco Mastrogiovanni è morto legato al letto del reparto psichiatrico dell’ospedale San Luca di Vallo della Lucania alle 7.20 di martedì 4 agosto. Cinquantotto anni, insegnante elementare originario di Castelnuovo Cilento, era, per tutti i suoi alunni, semplicemente “il maestro più alto del mondo”. Il suo metro e novanta non passava inosservato. La mattina del 31 luglio decine di carabinieri e vigili urbani, alcuni in borghese, altri armati fino ai denti, hanno circondato la casa in cui alloggiava dall’inizio di luglio per le vacanze estive in un campeggio cilentano. Uno spiegamento degno dell’arresto di un boss della camorra per dar seguito a un’ordinanza di Trattamento Sanitario Obbligatorio (competenza, per legge, solo dei vigili urbani) proveniente dalla giunta comunale di Pollica Acciaroli. Oscuri i motivi della decisione: si dice per disturbo della quiete pubblica. Fonti interne alle forze dell’ordine raccontano di un incidente in cui, guidando contromano, alcune sere prima, avrebbe tamponato quattro autovetture parcheggiate, «ma nessun agente, né vigile, ha mai contestato qualche infrazione e nessuno ha sporto denuncia verso l’assicurazione», ci racconta Vincenzo, il cognato di Francesco. Mistero fitto, quindi, sui motivi dell’“assedio”, che getta ovviamente nel panico Francesco. Scappa dalla finestra e inizia a correre per il villaggio turistico, finendo per gettarsi in acqua. Come non bastassero carabinieri e vigili urbani «è intervenuta una motovedetta della Guardia Costiera che dall’altoparlante avvertiva i bagnanti: “Caccia all’uomo in corso”».

Per oltre tre ore, dalla riva e dall’acqua, le forze dell’ordine cercano di bloccare Francesco che, ormai, è fuori controllo. «Inevitabile» commenta suo cognato «dopo quanto gli è accaduto dieci anni fa». Il riferimento è a due brutti episodi del passato «che hanno distrutto Francesco psicologicamente» spiega il professor Giuseppe Galzerano, suo concittadino e carissimo amico, come lui anarchico. Il 7 luglio 1972 Mastrogiovanni rimase coinvolto nella morte di Carlo Falvella, vicepresidente del Fronte universitario d’unione nazionale di Salerno: Francesco stava passeggiando con due compagni, Giovanni Marini e Gennaro Scariati, sul lungomare di Salerno quando furono aggrediti, coltello alla mano, da un gruppo di fascisti, tra cui Falvella. Il motivo dell’aggressione ce lo spiega il professor Galzerano: «Marini stava raccogliendo notizie per far luce sull’omicidio di Giovanni, Annalisa, Angelo, Francesco e Luigi, cinque anarchici calabresi morti in quello che dicono essere stato un incidente stradale nei pressi di Ferentino (Frosinone) dove i ragazzi si stavano recando per consegnare i risultati di un’inchiesta condotta sulle stragi fasciste del tempo». Carte e documenti provenienti da Reggio Calabria non furono mai ritrovati e nell’incidente, avvenuto all’altezza di una villa di proprietà di Valerio Borghese, era coinvolto un autotreno guidato da un salernitano con simpatie fasciste. Sul lungomare di Salerno, però, Giovanni Marini anziché morire, uccise Falvella con lo stesso coltello che questi aveva in mano. Francesco Mastrogiovanni fu ferito alla gamba. Nel processo che seguì, Francesco venne assolto dall’accusa di rissa mentre Marini fu condannato a nove anni.

Nel 1999 il secondo trauma. Mastrogiovanni venne arrestato «duramente, con ricorso alla forza, manganellate e calci» spiega il cognato Vincenzo, per resistenza a pubblico ufficiale. Il motivo? Protestava per una multa. In primo grado venne condannato a tre anni di reclusione dal Tribunale di Vallo della Lucania «grazie a prove inesistenti e accuse costruite ad arte dai carabinieri». In appello, dalla corte di Salerno, pienamente prosciolto. Ma le botte prese, i mesi passati ai domiciliari e le angherie subite dalle forze dell’ordine lasciano il segno nella testa di Francesco.«Da allora viveva in un incubo».

Eppure da quei fatti Mastrogiovanni si era ripreso alla grande,«tanto da essere diventato un ottimo insegnante elementare», sottolinea l’amico Galzerano, «come dimostra il fatto che quest’anno avrebbe finalmente ottenuto un posto di ruolo, essendo diciottesimo nella graduatoria provinciale». Era in cura psichiatrica ma si stava lasciando tutto alle spalle. Fino al 31 luglio. Giorno in cui salì «di sua volontà» sottolinea Licia del campeggio Club Costa Cilento «su un’ambulanza chiamata solo dopo averlo lasciato sdraiato in terra per oltre quaranta minuti una volta uscito dall’acqua». La sera stessa venne legato al letto e rimase così quattro giorni.

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