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G8, montagna di fango sul social forum, condannato vicequestore

Al G8 del 2001 era il numero due della questura di Genova. Dieci anni dopo disse che Agnoletto e il social forum erano collusi con i black bloc. Condannato noto funzionario e autore di manuali di formazione per la polizia

di Ercole Olmi

scontri11

di Ercole Olmi

Disse più o meno che Agnoletto era il capo dei black bloc, a cui lanciava dei segnali per distruggere Genova: condannato per diffamazione un funzionario di polizia, Giovanni Calesini, ex numero due della questura genovese all’epoca del G8.  Gli costerà diecimila euro di risarcimento. Poca cosa, quasi nulla, ma «dal punto di vista politico è un segnale importante», dice Vittorio Agnoletto. «Un’altra montagna di fango contro il Genoa social forum spianata dal tribunale», aggiunge il suo legale, Dario Rossi.

Autore di testi come Elementi di diritto di polizia, Le sanzioni amministrative pecuniarie, Aspetti penali dell’ordine pubblico di polizia, Diritto Europeo di Polizia, dieci anni dopo, nel 2011, Calesini venne scelto dal Secolo XIX per rappresentare «benissimo il volto pulito delle forze dell’ordine nei giorni del G8».

Prima di sbracare contro il Genoa social forum, Calesini fornisce al cronista un ritratto gauchiste: simpatizzante, da studente, per il Soccorso Rosso «di Dario Fo e Franca Rame (sic!)»; poi funzionario della digos pestato in piazza, negli anni ’70, dai carabinieri col calcio del moschetto. Segue lo stesso copione sostenuto da teste nel processo Diaz per scaricare su La Barbera (morto poco dopo il G8) tutta la responsabilità di quella notte, cerca di trasmettere l’idea di una trattativa sfortunata per lo sfondamento simbolico della zona rossa, fino alle dichiarazioni incriminate secondo cui “Vittorio Agnoletto invece aveva annunciato: «noi non avremo un servizio d’ordine interno, tocca allo Stato garantire la sicurezza». Da queste parole le avremmo già dovuto capire che c’era una componente del movimento no global che intendeva utilizzare i black bloc”….“Quando Agnoletto annunciava, al contrario, che il servizio d’ordine non ci sarebbe stato, mandava un segnale ai black bloc. Il segnale era: venite tranquilli, venite in massa, venite attrezzati, venite tra noi”.…. “Si, i black bloc non erano infiltrati, erano stati invitati. E gli studenti e la parte pulita dei cortei avrebbero fatto da schermo e da protezione”.

Era chiaro già quella notte di luglio, ma dieci anni dopo anche il selciato dei carrugi sapeva che «non c’era alcuna promiscuità tra Genoa social forum e black bloc – spiega Dario Rossi, autore con “baro” Barilli e Checchino Antonini di Scuola Diaz, vergogna di Stato – invece Calesini segue ancora le motivazioni che quella notte vennero date per giustificare l’arresto illegittimo e il massacro delle persone che dormivano alla Diaz».

Il teorema, quella notte, era che alla Diaz dormissero gli artefici delle violenze in strada. 93 persone vennero accusate di associazione a delinquere finalizzata alla devastazione. Arresti non convalidati e archiviazione per tutti ma intanto molti di loro furono feriti gravemente e poi torturati anche a Bolzaneto.

La Cassazione, nel 2012, sarà chiarissima: “la sentenza (di primo grado) a questo punto travisando completamente i fatti, parla di commistione indicibile tra i manifestanti pacifici e gli appartenenti al blocco nero, e perfino di una oggettiva azione di disturbo dei pacifisti verso le forze dell’ordine che cercavano di arginare le violenze dei Black bloc: nulla di tutto questo risponde al vero…».

«Ad Agnoletto viene attribuito un concorso o quantomeno un favoreggiamento in ordine ai gravi reati

commessi dai c.d. black bloc, che nella fattispecie sono stati qualificati con sentenza di Cassazione quali devastazione e saccheggio», ha spiegato Rossi in aula. «Calesini era vicequestore vicario, dunque uno dei funzionari più alti in grado della Questura di Genova (il numero due della Questura, come scritto nell’articolo di Viani), ed aveva collaborato al pari dei propri colleghi nell’organizzazione dell’ordine pubblico del G8. Tale ruolo rafforza la credibilità e la verosimiglianza delle sue dichiarazioni, per l’autorevolezza della fonte da cui provengono. E’ inoltre pacifico che il dr. Calesini fosse presente durante il blitz alla scuola Diaz: lui stesso dice esservi stato quella sera, sia pure “a cose fatte”. Egli dunque appare soggetto particolarmente informato sui fatti di causa (…)il profilo umano e professionale del dr. Agnoletto è del tutto incompatibile con  l’immagine che descrive il dr. Calesini, di soggetto criminale che capeggia bande di black bloc, o peggio ancora, di chi col proprio atteggiamento“favorisce” episodi criminosi e insomma “lancia il sasso e poi ritira la mano”».

«In conclusione – recita la sentenza – emerge inequivocabilmente che il dr. Giovanni Calesini (che ha rifiutato il tentativo di conciliazione, ndr) non ha fornito alcun elemento nel corso del giudizio atto a provare che costui nel rilasciare l’intervista al Secolo XIX abbia esercitato un legittimo diritto di critica, posto che non ha fornito alcun elemento probatorio atto a sostenere la veridicità delle proprie affermazioni, mentre la controparte ha fornito elementi di prova sia documentali che testimoniali, che le dichiarazioni del dr. Giovanni Calesini, sono destituite di fondamento, le dichiarazioni di quest’ultimo, pertanto, integrano gli estremi di una diffamazione, molto grave considerato, altresì, che è intervenuta a 10 anni di distanza dai fatti, dopo le numerose pronunce della magistratura che hanno escluso la veridicità dei fatti asseriti da parte convenuta nell’intervista in esame».

Calesini era il vice di Francesco Colucci, condannato nel 2012 per falsa testimonianza proprio per le dichiarazioni rilasciate al processo Diaz, e alla Diaz arrivò, dicono le cronache dell’epoca, a cose fatte ma sarebbe riuscito a evitare che fuori dalla scuola le cose degenerassero. Nei filmati si vede con la fascia tricolore in via Battisti, assieme a Luperi e Gratteri, poi condannati per i reati commessi nella mattanza dai loro uomini. In alcuni fotogrammi si vece Calesini che spintona Agnoletto e Malabarba, che all’epoca era capogruppo al Senato per il Prc.

I giornali per bene lo hanno sempre dipinto come il poliziotto buono: “Nell’ inchiesta sulla Diaz – scrisse Repubblica – compare come teste, perché si recò alla scuola quando la tensione all’ esterno era troppo alta e ci voleva gente di esperienza. Lui ne ha parecchia, e per questo scrive i testi sui quali studiano e si aggiornano i poliziotti. Per questo hanno valore le sue parole. Quando viene sentito in procura elogia il lavoro del Nucleo antisommossa in piazza, ma quando si passa al blitz in un edificio spiega che le tecniche di comportamento e le tattiche di azione dell’ ordine pubblico su piazza «divergono profondamente da quelle di solito impiegate in irruzione in edifici perquisizioni e simili». Errore strategico, decisione «affatto logica», visto che alla Diaz, secondo Calesini, «il reparto specializzato adatto era semmai il Nocs».

 

 

 

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