Spagna. 41 dopo la morte del dittatore, le giunte “podemite” stanno rimuovendo i simboli del franchismo da Madrid e Barcellona. E la sinistra chiede di demolire il mausoleo di Franco
di Francesco Ruggeri
Sono passati 41 anni dalla morte del dittatore il 20 novembre 1975, la Spagna è da tempo democratica, ma il suo faraonico mausoleo è sempre lì, intatto, nella Sierra di Madrid, congelato nel tempo, e il Paese continua a pagare ogni anno ben 160mila euro per la sua manutenzione. Per il 41mo anniversario della morte del Caudillo, l’uomo che ha soffocato nel sangue la Prima Repubblica spagnola, la polemica sulla anacronistica sopravvivenza di un simbolo tanto vistoso della dittatura riesplode. «È come se alla periferia di Berlino ci fosse il mausoleo di Hitler» denuncia il celebre ex-giudice Baltasar Garzon.
La sinistra chiede ora di demolirlo. I governi della democrazia si sono susseguiti ma nessuno, neppure sotto i premier socialisti, ha toccato la tomba del dittatore. Una eredità della strana transizione verso la democrazia disegnata in Spagna dopo la morte di Franco da ex-dignitari franchisti e oppositori rientrati dall’esilio, sotto l’autorità di un re, Juan Carlos di Borbone, nominato dallo stesso dittatore. E condotta in porto praticamente senza una goccia di sangue grazie anche all’amnistia generale decretata nel 1978 su crimini e criminali del franchismo, con la quale i nuovi dirigenti del paese avevano voluto rinchiudere nell’armadio gli scheletri della dittatura, e evitare colpi di coda del regime. Ma la Spagna negli ultimi mesi è cambiata con l’irruzione di Podemos e Ciudadanos, uscendo dal bipartitismo Pp-Psoe venuto dalla transizione. E la politica del ‘nuovo’ – Podemos e alleati – ora esige di affrontare gli spettri del passato. A Madrid e Barcellona le nuove giunte ‘podemite’ stanno cancellando dalle due metropoli tutti i simboli ancora presenti della dittatura.
Resta il più vistoso. Il mausoleo di Franco, immensa basilica scavata nella roccia nella Sierra di Madrid. Realizzato per ordine del dittatore, ospita il catafalco di Franco accanto a quello del fondatore della Falange José Antonio Primo de Rivera. Nelle cappelle attorno Franco ha fatto seppellire, forse per fargli compagnia nella morte, i resti di 33mila morti della Guerra Civile e della repressione scatenata poi dal regime contro i ‘rossì. Portati lì senza il consenso delle famiglie, spesso nemmeno identificati. Due mesi fa Garzon ha chiesto alla corte suprema il trasloco dei resti di Franco e Primo de Rivera verso cimiteri privati, e che il Valle sia dedicato alle vittime del franchismo. La Sinistra Catalana di Erc, il primo partito in Catalogna, ha presentato un disegno di legge che esige che il mausoleo sia distrutto. O che almeno siano tolti i resti del dittatore e diventi il memoriale dell’anti-franchismo. La legge potrebbe passare. Il governo del premier Mariano Rajoy è in minoranza, sinistra e indipendentisti hanno la maggioranza nel Congresso. Sarebbe una svolta storica per la Spagna moderna, che porrebbe fine, afferma il filosofo Rafael Escudero Alday, al «monumento della infamia» a una «apologia del fascismo che soffocò per quattro decenni la Spagna».