L’imbonitore ha perso, ma chi può rivendicare la vittoria? Come trasformare la vittoria del referendum nel volano per la ricostruzione della sinistra di classe
di Antonio Moscato
Renzi non ha vinto, come negli ultimi giorni cominciava a sembrare possibile sia per il suo volume di fuoco, sia per la scelta delle sue munizioni. Renzi aveva usato gli argomenti più efficaci, già consolidati nel senso comune: la sua lotta doveva apparire rivolta contro “la casta” e contro “il vecchio”. Due finti bersagli dal contenuto assolutamente vago già abbondantemente usati (anche se con minore efficacia) da tutti o quasi i suoi avversari. Non dal solo Grillo, che nell’ultima fase gli era parso il nemico più insidioso: già nel PCI che marciava dritto verso la Bolognina il termine “nuovo” era usato senza economia per risparmiarsi di precisare in che cosa consisteva esattamente il programma. E una vasta coalizione di fatto tra destre trionfanti e sinistre pentite aveva martellato dopo il crollo dei muri sulla “fine delle vecchie ideologie”, mentre appoggiava le prime “riforme” che cominciavano a smantellare il sistema proporzionale.
Era stato proprio il PDS (la prima reincarnazione del PCI) a fornire un appoggio decisivo al referendum voluto nel 1991 da Mariotto Segni che introduceva la preferenza unica alla Camera e modificava le norme per l’elezione del Senato, iniziando il percorso verso il maggioritario e la liquidazione delle piccole formazioni (come se queste fossero le principali responsabili del cattivo funzionamento del sistema politico), percorso che sarebbe culminato poi nel Porcellum e nell’Italicum.
Renzi ha cavalcato gli argomenti più beceri che presentavano il costo della “casta” (regolarmente gonfiato senza ritegno) come il problema principale dell’Italia, nascondendo i giganteschi regali del suo governo ai mandanti (capitalisti e finanzieri), cento volte superiori ai pur cospicui benefici garantiti alla casta in quanto tale, cioè ai parlamentari complici delle rapine. Lo ha potuto fare facilmente perché in tanti, per ragioni e in modi diversi, avevano assecondato questa campagna mistificante, ma non aveva tenuto conto dell’effetto respingente del suo trionfalismo in un paese provato dalla disoccupazione, dall’impoverimento anche di gran parte di chi lavora, in cui ci sono sempre più anziani che non si accontentano delle sue elemosine perché non possono curarsi per lo sfacelo del sistema della sanità pubblica. Il NO ha vinto insomma “per merito” di Renzi, della sua invadenza, della sua arroganza, della grossolanità delle sue bugie, del continuo smentire quanto aveva detto appena il giorno prima, e molto meno per merito della sinistra, che ha giocato poche carte oltre a quella della difesa della costituzione, lasciando alla destra (soprattutto quella estrema di Salvini) di apparire insieme al M5S l’opposizione sociale a un governo che aveva fatto in poco tempo molti danni, ma poi per quasi un anno si era concentrato quasi esclusivamente nella campagna elettorale.
Probabilmente ben presto si verificherà il lascito avvelenato della battaglia impostata da Matteo Renzi, che ha spinto per dare a Grillo, e anche a personaggi come Salvini, Brunetta o D’Alema la rappresentanza di un movimento piuttosto eterogeneo di opposizione alla sua “riforma”, sperando che si elidessero tra loro, e ora lascia nelle mani di questi avversari le battaglie per raccogliere la sua eredità.
Ora che Renzi annuncia la sua uscita di scena (che ci auguriamo sia definitiva e totale, cosa però tutt’altro che sicura conoscendolo), vedremo se era davvero l’unico responsabile di quell’attacco alla democrazia che sta andando avanti da tempo non solo in Italia (e neanche solo in Europa), e che potrà riproporsi anche con un altro premier. Non dimentichiamo il vecchio detto che il peggio non è mai morto…
Il problema principale è che in tutta la campagna la sinistra non è riuscita a far sentire abbastanza la sua voce, sia perché una parte (piccola ma in altre occasioni molto attiva) ha snobbato nella prima fase la scadenza referendaria contribuendo al mancato raggiungimento delle firme per promuovere il referendum, sia perché la maggioranza di essa, per la vecchia abitudine di giocare solo di contropiede, non ha messo al centro della sua polemica le politiche complessive di questo governo che dietro una cortina di annunci propagandistici ben studiati, combinati con qualche “mancia” preelettorale, ha sferrato più colpi ai diritti dei lavoratori ed alla sanità e istruzione pubblica di quanto abbiano fatto i peggiori governi precedenti negli ultimi venti anni.
Nel bilancio della partecipazione della sinistra a questa vittoria del NO va messo anche che non si è approfittato della maggiore attenzione alla politica rispetto a tempi non elettorali per costruire un soggetto politico in grado di rilanciare la capacità di lottare con la tenacia e la combattività che molti in Europa per anni avevano ammirato nei lavoratori italiani. Un soggetto visibile e ben distinto dai politicanti di destra che avevano scelto per ragioni esclusivamente tattiche di passare al NO a riforme che pure erano state nel loro programma, e che avevano approvato e inizialmente anche votato. Costruire questo soggetto sarebbe stato un sottoprodotto decisamente positivo di questa sfiancante campagna elettorale. Non solo una garanzia ulteriore di successo per il referendum, ma anche una scelta indispensabile per evitare che la vittoria del NO possa essere beffata e resa vana da chi si è unito alla battaglia “in difesa della costituzione” solo per tutelare meglio i suoi interessi, come era già accaduto dopo il referendum sull’acqua Bene Comune nel 2011.
Quel che resta della sinistra che pure pochi anni fa aveva saputo proporre i referendum per l’acqua pubblica, è stato pressoché assente dal dibattito sul “dopo Renzi”: il portavoce di “Sinistra Italiana” si è limitato a delegare la soluzione alla “saggezza” del presidente Mattarella. Ha pesato inoltre la furbesca e ipocrita tattica della CGIL, che ha rinviato a lungo il suo blando appoggio al NO, mentre continuava a corteggiare i fautori interni ed esterni del NI, e che soprattutto non si è impegnata per niente nella fase in cui sarebbe stato più necessario gettare tutto il suo peso organizzativo per consentire la formazione di un vero e visibile comitato rappresentativo delle ragioni del NO della sinistra e dei costituzionalisti che potesse evitare ogni confusione con le grossolane sparate propagandistiche di Salvini e simili, che oggi cercano di assumersi tutto il merito della sconfitta del SI.
Una nota al margine: L’incertezza dei risultati previsti negli ultimi giorni prima del voto aveva fatto aumentare il timore dei brogli, sia con la paranoia delle matite copiative, sia per quanto riguarda il voto degli italiani all’estero, effettivamente non impossibile da modificare attraverso persone in contatto con i consolati (spesso legati alla malavita, che gestisce in diversi paesi la compravendita di visti). C’era stata perfino una mezza ammissione della stessa ambasciatrice Cristina Ravaglia, direttrice generale della Farnesina, che in seguito alle elezioni politiche del 2013 aveva denunciato l’inadeguatezza del sistema elettorale per corrispondenza, per una serie di fattori come lo scarso funzionamento dei sistemi postali locali, il pericolo di furti, compravendite o sostituzione del votante… Ma il risultato più favorevole al SI nelle circoscrizioni estere (che va verificato caso per caso, anche per spiegare le ragioni degli inquietanti ritardi negli scrutini) si spiega forse semplicemente con l’assenza o la estrema debolezza di chi doveva diffondere le tematiche più adeguate per contrastare la propaganda renziana, arrivata a domicilio insieme alla scheda per votare. E comunque, se ci fosse stata una sinistra degna di questo nome, la battaglia contro l’assurdo sistema di votazione all’estero doveva essere cominciata più credibilmente da molti anni, mentre si era pensato semplicemente di usarlo dove e quando possibile. Ed era stato usato un paio di volte proprio dal centro sinistra…
Insomma, senza diminuire la soddisfazione per la batosta ricevuta da Renzi, e per la dimostrazione che anche senza che si sia riusciti a raggiungerli per organizzarli in difesa dei loro interessi, molti italiani hanno saputo difendersi da soli dall’intossicazione propagandistica del premier, dobbiamo cominciare a dare la priorità alla ricostruzione di una sinistra degna di questo nome per evitare che il risultato di questa faticosa battaglia sia soltanto una contesa elettorale tra un M5S ancora incapace di superare i suoi limiti e i vecchi partiti che hanno malgovernato il paese negli ultimi decenni.
[da Movimento Operaio, il blog di Antonio Moscato]