La Cassazione annulla i domiciliari per Nicoletta Dosio e Fulvio Tapparo. Resta il divieto di dimora a Susa. Si decompone il teorema contro i No Tav
di Checchino Antonini
Scrive Nicoletta Dosio: «La lotta paga e non è vero che il più prepotente ha sempre ragione. Quest’esperienza ci dimostra che l’opposizione collettiva all’ingiustizia è l’unica arma vincente. Ma la strada della ribellione non si interrompe qui: ora dobbiamo batterci per la libertà di tutte e tutti. Un grazie a Valentina ed Emanuele, i nostri avvocati per i quali diritto e giustizia vanno ben oltre i banchi dei tribunali. Un abbraccio a voi che avete condiviso con me quest’esperienza e che continuate testardamente, giorno dopo giorno questa nostra avventura di liberazione: il viaggio non è finito, la lotta continua». Per effetto di una decisione della Cassazione sono state cancellate le misure restrittive a carico di Nicoletta Dosio, la militante No Tav che viola sistematicamente gli arresti domiciliari per protesta contro una misura evidentemente “politica” della magistratura. Si tratta di quelle emesse nell’inchiesta sugli incidenti avvenuti in Valle di Susa nel giugno del 2015. Nicoletta, comunque, non torna completamente in libertà perché nell’ambito di un altro provvedimento è sottoposta al divieto di dimora a Susa, anche questo teso a evitare che prenda parte alla lotta contro il mega elettrodotto. La Suprema Corte, in particolare, nell’inchiesta sugli episodi del giugno 2015 ha annullato la prima misura restrittiva, l’obbligo di firma dai carabinieri, emessa la scorsa estate. La Dosio aveva cominciato subito a non rispettare la disposizione e, di conseguenza, era stato disposto un aggravamento del regime cautelare. Non si conoscono le motivazioni, ma gli avvocati difensori avevano sollevato una questione sull’uso di video da parte della accusa. Il provvedimento degli ermellini riguarda anche un altro No Tav, Fulvio Tapparo. Dosio resta soggetta al divieto di dimora a Susa in una seconda indagine, relativa a dimostrazioni in Valle di Susa del dicembre 2015 e gennaio 2016.
Ecco come riassume la vicenda il sito www.notav.info/
Con il provvedimento della Cassazione, reso operativo da oggi, Nicoletta non è più agli arresti domiciliari. Con tutto l’adoperarsi del procuratore Spataro, che voleva libera Nicoletta, per sminuire la sua resistenza individuale e collettiva, sono venuti alla luce inquietanti giochi di potere sulla pelle di tutti noi.
Nicoletta da oggi non è più sottoposta agli arresti domiciliari, dai quali è sempre evasa, con la sentenza della Cassazione alla quale si erano rivolti gli avvocati notav.
Spataro stai sereno, alla fine ci pensa la lotta: del movimento e degli avvocati notav!
Ci pare sia giunto il momento, anche alla luce delle ormai frequenti esternazioni della Procura, ed in particolare del suo Capo Spataro, di cercare di ricapitolare la complicata vicenda giudiziaria di Nicoletta, caratterizzata dai maldestri e goffi tentativi dello stesso Spataro di porre grossolane pezze ad una situazione creata dai suoi sottoposti e che sta evidentemente generando non pochi imbarazzi e conflitti tra gli stessi magistrati. E’ una storia che dovrebbe interessare tutti.
Partiamo da una necessaria cronistoria:
- All’alba del 21.6.2016 la Digos notifica ad un nutrito gruppo di militanti Notav un ordinanza applicativa di misure cautelari richieste dai pp.mm. Rinaudo e Gianoglio nei confronti di 21 persone ed emessa dal G.I.P. Ferracane nei confronti di 17 persone. 8 Notav finiscono quindi agli arresti domiciliari con divieto di comunicare con soggetti non coabitanti ed ad altre 9 persone viene imposto l’obbligo quotidiano di firma. I fatti per i quali procede la magistratura torinese sono quelli relativi alla manifestazione del 28.6.2015 quando, dopo che Questura e Prefettura ha limitato provocatoriamente il percorso del corteo allontanandolo di alcuni km dall’area del cantiere Tav, si verificano alcuni tafferugli con esplosione di artifici pirotecnici ed abbattimento di due betafence.
Il provvedimento giudiziario appare subito l’ennesimo atto vessatorio: segue all’applicazione di innumerevoli precedenti misure cautelari con il chiaro intento di indebolire il Movimento, di piegarne le ragioni alla forza della repressione e di dividerlo tra violenti e non. Le misure vengono applicate, come d’altronde quasi sempre anche precedentemente, nei confronti di soggetti incensurati; colpisce diversi ultrasettantenni; si caratterizza per il consueto sovradimensionamento dei fatti addebitati e, soprattutto, viene applicato a distanza di un anno dai fatti contestati, quando, come insegna la Cassazione e persino la Corte Europea per i Diritti dell’Uomo, più passa tempo dalla commissione dei supposti reati, meno senso ha applicare le misure cautelari, che già di loro dovrebbero costituire una “extrema ratio” da applicarsi esclusivamente in presenza di gravi ed impellenti ragioni.
Tutti i destinatari delle misure cautelari vengono considerati ugualmente responsabili, al di là delle rispettive e singole posizioni o condotte, di tutti gli episodi che si verificano quel giorno e tutti, egualmente, vengono additati come portatori di “elevata pericolosità”.
Subito dopo l’applicazione delle misure cautelari fa il giro dei media la vergognosa fotografia di Marisa che si reca a firmare dai Carabinieri di Susa. L’immagine di una donna canuta, che riesce a camminare solo grazie all’ausilio di un bastone induce il G.I.P. ad una immediata revoca della misura cautelare, che rimane però inalterata per gli altri due indagati a cui vengono contestate le medesime condotte.
- La sera stessa del 21.6.2016, durante un’assemblea, alcuni dei destinatari delle misure cautelari, denunciando l’abuso di tali limitazioni, annunciano che non avrebbero rispettato le prescrizioni imposte. Nicoletta non si reca a firmare.
- Il 3.7.2016 Luca e Giuliano vengono arrestati per evasione, essendosi sottratti agli arresti domiciliari.
- L’8.7.2016 il Tribunale della Libertà riconosce, anche se solo in parte, l’eccessività delle misure e delle prescrizioni imposte, così revocando, per chi rimane agli arresti domiciliari, il divieto di comunicazione con soggetti non conviventi.
- Il 18.7.2016 Luca e Giuliano vengono condannati per evasione; trascorrono due mesi in carcere ed il 2.9.2016 tornano agli arresti domiciliari, dove ancora si trovano.
- Nicoletta il 26.7.2016 si vede notificare un’ordinanza di aggravamento della misura cautelare: poiché non era mai andata a firmare, poiché, come suggerito dalla Procura, denota “una personalità estremamente negativa”, poiché si dimostra “intollerante alle regole e totalmente priva del minimo spirito collaborativo” ed attesa la“persistenza dei gravi indizi di colpevolezza e delle esigenze cautelari”, le viene dunque imposto l’obbligo di dimora nel comune di Bussoleno con la prescrizione di non uscire di casa dalle ore 18,00 alle ore 8,00. Nicoletta persevera nel non rispettare neppure quest’ultima misura.
- Il 2.9.2016 il G.I.P., su richiesta della Procura, aggrava ulteriormente la misura cautelare, applicando gli arresti domiciliari. Nicoletta non rispetta neppure questa ultima misura, partecipando, per contro, ad innumerevoli incontri pubblici in tutta Italia, denunciando l’attività repressiva dell’Autorità Giudiziaria torinese che, mentre indaga migliaia di attivisti Notav, immancabilmente archivia gli innumerevoli procedimenti penali aperti per le denunce sporte da manifestanti vilmente aggrediti, picchiati e molestati dalle forze dell’ordine.
- Il 3.11.2016 Nicoletta viene arrestata all’ingresso del Palagiustizia di Torino, dove si reca per portare solidarietà ai 47 imputati in appello per lo sgombero della Libera Repubblica della Maddalena del 27.6.2011 e la seguente manifestazione nazionale del 3.7 dello stesso anno.
- Giudicata per direttissima per il reato di evasione, la Procura chiede subito che, in attesa della sentenza, il Tribunale applichi un’ulteriore misura cautelare degli arresti domiciliari. Il Tribunale respinge tale richiesta e, mentre i suoi difensori ne chiedono il proscioglimento poiché la condotta non è finalizzata a sottrarsi alle autorità preposte ai controlli, ma a denunciare pubblicamente gli abusi e le storture di un sistema giudiziario tutto volto a reprimere le manifestazioni di dissenso, la Procura il 23.11.2016 ne chiede la condanna ad 8 mesi di reclusione ed il Tribunale rinvia per la sentenza al 14.12.2016.
- Intanto, il 28.11.2016, i Sostituti Procuratori Gianoglio e Rinaudo, unitamente al Procuratore Capo Spataro chiedono al G.I.P. la revoca della misura cautelare via via aggravata e relativa ai fatti del 28.6.2015. La lunga e dettagliata istanza, dopo aver percorso le svariate tappe delle violazioni di Nicoletta, nega la sussistenza di qualsivoglia esigenza cautelare, aggiungendo che le condotte dell’evasa “non sono finalizzate a sottrarsi alla giustizia, ma a “sfidarla”….”, tanto che “per tali ragioni si deve anzi parlare di assoluta “innocuità” e – per certi versi – di non tipicità delle descritte condotte della DOSIO”. Infine – dopo una lunga disquisizione sugli effetti mediatici della disobbedienza di Nicoletta che Spataro ritiene però ininfluenti ai fini della richiesta -, escludendo di poter chiedere un aggravamento degli arresti domiciliari, con consequenziale ingresso in carcere, chiede la revoca della misura e la libertà di Nicoletta.
- Il G.I.P. rigetta immediatamente la richiesta, suggerendo, implicitamente, la necessità, o almeno l’opportunità, di una richiesta della Procura di aggravamento della misura, e dunque, di ingresso in carcere.
- Il 7.12.2016 il Procuratore Capo Spataro deposita invece personalmente al Tribunale della Libertà un appello con cui insiste nella richiesta di revoca della misura cautelare, ribadendo le ragioni già poste a base della richiesta al G.I.P. ed insistendo sulla ritenuta inoffensività dell’evasione. Pur rimarcandone l’irrilevanza, il Procuratore si dilunga ancora sugli effetti mediatici della condotta di Nicoletta: “appare allora evidente che proprio per porre fine a questa situazione ed impedire che la posizione e la condotta della Dosio, in quanto sottoposta a misura cautelare non ottemperata, diventino a loro volta strumento di propaganda di attività di quella parte del movimento che le pratica ed a cui ella appartiene e, addirittura, di proselitismo, la soluzione più coerente è quella di richiedere la revoca degli arresti domiciliari”.
- Il 14.12.2016 il Tribunale condanna Nicoletta ad 8 mesi di reclusione senza la condizionale per l’evasione, evidentemente escludendo che la sua condotta, come sostenuto dalla Procura con la richiesta di revoca degli arresti domiciliari, sia effettivamente innocua ed inoffensiva.
E qui ci sta subito un commento: l’Ufficio della Procura della Repubblica è un Ufficio unico che agisce per il mezzo dei suoi vari P.M., tutti coordinati ed organizzati dal loro capo, il Procuratore Capo. Ed allora come è possibile che la medesima Procura da un lato chiede la condanna di Nicoletta per evasione e dall’altro chiede la revoca della misura a cui è seguita quella evasione perché ritiene che in fin dei conti non si tratta di una vera e propria evasione, dal momento che Nicoletta non si è di fatto sottratta ai controlli facendo sempre sapere pubblicamente (siti e fb) dove andava e cosa faceva? Ma soprattutto: com’è che Nicoletta il 21.6.2016 viene sottoposta a misura cautelare perché pericolosa e quando invece la sua evasione diventa difficilmente gestibile dalla Procura, quella pericolosità di colpo non è mai esistita e per questo Spataro chiede la revoca della misura cautelare?
Ed ancora: com’è che Nicoletta è l’unica dei vari raggiunti da misura cautelare per cui non esiste più, o – a leggere le varie istanze di revoca degli arresti domiciliari – addirittura non è mai esistito il pericolo di commissione di altri reati? Per quale ragione invece tutti gli altri suoi coindagati, magari avendo pure rispettato le misure e le restrizioni imposte, continuano ad essere così pericolosi?
Ma proseguiamo nella narrazione e vediamo poi che conclusioni trarre.
- Il 21.12.2016 il Tribunale della Libertà rigetta l’appello del dott. Spataro e conferma gli arresti domiciliari per Nicoletta.
- Lo stesso giorno il Tribunale di Torino recapita, a mezzo Digos, una nuova misura cautelare a 5 militanti in relazione alle proteste per i sondaggi relativi al progetto dell’elettrodotto Grand Ile-Piossasco. Il P.M. Padalino aveva chiesto l’applicazione di arresti domiciliari ed obbligo di firma per 23 attivisti; il G.I.P. concede la misura solo per 5, tra cui Nicoletta, raggiunta dal divieto di dimora nel Comune di Susa. L’ordinanza applicativa della nuova misura viene però notificata soltanto a 4 degli indagati, Nicoletta non la riceve. Perché? Perché il Procuratore Capo, evidentemente appena venuto a conoscenza della notizia (ma tra di loro non si parlano?) chiede immediatamente al G.I.P. la revoca della misura, solo per Nicoletta, ritenendo che, poiché la richiesta della Procura era stata formulata ben sei mesi prima rispetto alla decisione del G.I.P., nel frattempo il decorso del tempo ed il fatto che intanto Nicoletta non avesse commesso altri reati, ha fatto venir meno le esigenze cautelari (che in tutti i nostri casi è sempre e solamente quella del pericolo di reiterazione del reato): in sostanza il pericolo che Nicoletta commettesse altri reati, proprio in ragione di tali ultime due circostanze, non poteva più dirsi né attuale né concreto (presupposti indefettibili per l’applicazione di qualsivoglia misura cautelare). Il G.I.P. ancora una volta non è d’accordo con il Procuratore Capo e respinge la richiesta. Ma c’è di più: il P.M. titolare del fascicolo, il dott. Padalino chiede a Spataro di essere esonerato dalla gestione del fascicolo disapprovando la richiesta di revoca della misura. Spataro gli ricorda allora che i suoi poteri gli consentono scelte autonome ed anche non condivise, che decide lui chi deve gestire i fascicoli e respinge la sua richiesta. Il fascicolo resta dunque al P.M. Padalino.
Queste però sono beghe interne risibili, quello che indigna in quest’ultima vicenda, così come nella precedente, è che se le esigenze cautelari (pericolo di commissione di nuovi reati) poste a fondamento della richiesta della misura cautelare per Nicoletta fossero cessate perché negli ultimi sei mesi non avrebbe più commesso reati (cosa peraltro non vera anche solo alla luce della condanna per evasione), ma allora perché per gli altri 4 attivisti non è stata formulata analoga richiesta? Forse che hanno commesso altri reati negli ultimi sei mesi? Non ci risulta.
- Il 28.12.2016 la Cassazione, previa ricorso dei difensori di Nicoletta e Fulvio, annulla l’originaria ordinanza applicativa delle misure cautelari per i fatti del 28.6.2016 ed il 30.12.2016 Nicoletta e Fulvio tornano liberi, venendo annullati anche tutti i successivi aggravamenti.
Le mal riuscite acrobazie della Procura e del suo Capo, con tutti i suoi strascichi mediatici e d’immagine, subiscono l’ennesimo schiaffo da opera della Cassazione.
Questo dunque quanto successo a Nicoletta e, sia pure diversamente, ai suoi numerosi coindagati. La situazione è evidentemente ancora in divenire e ne seguiremo gli sviluppi. E’ necessaria però ancora qualche ulteriore considerazione.
Come la Storia (e non solo quella del Movimento Notav) insegna, all’Autorità Giudiziaria è stata delegata l’attività di repressione del dissenso in assenza di una politica capace di rispondere nel merito alla contestazione di scelte economiche, politiche e sociali devastanti adottate da chi pretende di agire in nostro conto secondo dinamiche di rappresentanza che di democratico non hanno più nulla.
L’Autorità Giudiziaria non è mai stata capace di sottrarsi a tale inappropriata delega, trincerandosi dietro il sempre verde “noi interveniamo a fronte della commissione di reati”. Tale locuzione in realtà dimostra tutta la sua fragilità e la sua mendacità se solo si vogliono ricordare tutti quei provvedimenti dalle motivazioni imbarazzanti e vergognose che hanno chiuso i procedimenti a carico di appartenenti alle ff.oo. e che hanno palesato la chiara volontà di non perseguire chi si è macchiato di violenze odiose nei confronti di donne e uomini di qualsiasi età che si opponevano al Tav come ad altre scelte delinquenziali e criminogene. Certo, quando la Procura ha la possibilità, a differenza nostra, di scrivere su La Stampa, su La Repubblica o sul Fatto Quotidiano millantando una attività giudiziaria equa e misurata e mascherandosi dietro un operato corretto, una parte dell’opinione pubblica, magari quella più disattenta e superficiale ma ancora maggioritaria, potrà ancora nutrire quella fiducia invocata da Saluzzo (Procuratore Generale), Spataro (Procuratore della Repubblica) e Perduca (Procuratore Aggiunto) con la lettera a La Stampa del 14.7.2016. Ma chi, a qualunque titolo, frequenta le aule di giustizia sa e sperimenta sulla sua pelle gli esiti di una politica giudiziaria che risponde perfettamente a quella delega politica che abbiamo detto sopra e che non ha interesse a colpire chi dietro il Tav guadagna e specula a dispetto della volontà e della salute popolari e della tutela del territorio. E non ha nessun interesse a perseguire chi esercita violenza sui manifestanti, perché quegli agenti costituiscono il loro indispensabile braccio armato. La fiducia nella giustizia continuate dunque a chiederla a chi scientemente viene mantenuto all’oscuro di queste dinamiche; noi quella fiducia, purtroppo, l’abbiamo persa da tempo.
E d’altronde: come si può avere fiducia nella giustizia quando il più alto rappresentante della Procura torinese, pur di mettere a tacere le ragioni di Nicoletta, si perita di chiedere la revoca di misure cautelari negandone la fondatezza poco prima sostenuta per mezzo dei suoi sottoposti? Come si può avere fiducia nella giustizia quando i suoi rappresentanti, pur di togliersi di mezzo una settantenne che sta portando alla luce tutte le contraddizioni e le ingiustizie che quotidianamente vengono perpetrate nelle aule del palazzo di giustizia, si presta a piegare il diritto e le norme a discapito di coloro che, pur potendo beneficiare delle medesime attenzioni e ragioni, vengono invece ignorati e lasciati a gestire quelle stesse misure cautelari che solo per Nicoletta vengono ritenute ormai superate? Più concretamente: perché l’evasione di Nicoletta può comportare la richiesta di revoca degli arresti domiciliari e non ottiene lo stesso risultato chi invece ottempera alle prescrizioni imposte? Perché dopo sei mesi le esigenze cautelari, poste alla base dell’ultima misura cautelare imposta a 5 militanti per un sit-in, per Nicoletta sono superate e per gli altri no, quando si trovano tutti nelle medesime condizioni?
Perchè non fare invece i conti con il problema di fondo: la politica giudiziaria di aperti intenti repressivi nei confronti del Movimento Notav sta facendo acqua da tutte le parti. Quando si indagano migliaia di persone per fatti bagatellari se non inesistenti (vedi le ultime assoluzioni) mettendo in campo un apparato investigativo mastodontico e sproporzionato, quando non anche discutibile nei suoi aspetti più tecnici; quando si elargiscono a piene mani misure cautelari a soggetti incensurati anche ultrasettantenni (e il caso di Nicoletta non è l’unico) per fatti di oggettiva modestia; quando si costruiscono teoremi accusatori fantasiosi; quando si persevera, al limite del ridicolo, nel sostenere accuse di terrorismo ripetutamente smentite dalla Cassazione; quando ci si spinge a contestare reati d’opinione che ogni società civile ormai ripugna; quando si accusa di atti persecutori per poter sequestrare ed intercettare impunemente sulla scorta di evidenti vaneggiamenti, come tali poi riconosciuti dal Tribunale; quando nelle aule di giustizia si paragona il Movimento Notav alle FARC con intenti chiaramente allarmistici e denigratori; quando si sostiene la divisione del Movimento tra violenti e non violenti al di là di ogni evidenza e senza considerare il costante e pieno appoggio di tutto il Movimento a tutti i suoi indagati ed i suoi incarcerati; quando insomma si fanno carte false per distruggere, per conto terzi, un movimento popolare, senza neppure fare lo sforzo di capirlo e conoscerlo…..beh, quando tutto questo viene fatto prima o poi i nodi vengono al pettine ed, in ogni caso, il Movimento ha già vinto, forte delle sue ragioni e della debolezza di una siffatta magistratura.
E allora, cari Procuratori, vecchi e nuovi, continuate pure a scrivere sui servili quotidiani nazionali, continuate, se vi fa stare meglio, a propagandare le vostre ragioni….provate però a farlo con una maggiore onestà e limpidità e ricordate che noi non smetteremo, sia pure con i nostri più modesti ed onesti mezzi, a smentirvi laddove continuerete a smerciare per equità quella che è invece un’applicazione distorta della legge che contraddice quanto ci costringete a leggere dietro ai vostri scranni: la legge è uguale per tutti. Ci rivediamo in Tribunale nel 2017!